Mentre le Usl, con la riforma approvata nel 2016 dal consiglio regionale, sono state ridotte da 21 a 9, le strutture sanitarie (cliniche, ambulatori, poliambulatori, centri prelievo, centri riabilitazione) e sociosanitarie (Rsa, centri diurni per anziani e disabili, comunità per minori e tossicodipendenti) private nel Veneto sono aumentate più che nel resto d’Italia. Secondo l’ultima elaborazione curata dal Centro Studi, Statistica e Ricerca economica della Camera di Commercio di Vicenza, dal 2012 al 2022 le sedi di impresa del settore sono passate da 1898 a 2.766, per un aumento pari al 45,7%. Mentre le localizzazioni, cioè le varie sedi sul territorio afferenti a ogni gruppo, sono cresciute del 60,3%: dieci anni fa erano 3130, oggi risultano 5.018. Un trend che emerge a una settimana dall’appello lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alle Regioni: «Il Servizio sanitario del nostro Paese è un patrimonio prezioso da difendere e adeguare ai territori. In questo senso la riflessione delle Regioni, in dialogo con il Paese e la società, è particolarmente preziosa e importante».
Il trend
Tornando al report, evidenzia: «La maggiore incidenza, se consideriamo le sedi, è detenuta dalle imprese di carattere prettamente sanitario, che rappresentano il 64% del totale, per una crescita del 70,3% in un decennio. L’aumento maggiore si riscontra nelle imprese di assistenza sociale residenziale (+77,9%), ma il dato di partenza è esiguo rispetto agli altri ambiti». Su 2.766 imprese registrate nel Veneto quelle a stampo sanitario sono infatti 1.769, contro le 201 dedite all’assistenza residenziale (case di riposo, residenze sanitarie assistenziali per non autosufficienti e disabili, Centri specializzati in Alzheimer o altre patologie). Le altre 796 si occupano di assistenza sociale non residenziale, come i Ceod, i centri educativo-occupazionali per disabili, i laboratori protetti mattutini e pomeridiani per anziani, non autosufficienti, tossicodipendenti. Un andamento decisamente più alto della media italiana, caratterizzato da un aumento delle imprese di settore calcolato, sempre dal 2012 al 2022, al 34,8% e delle localizzazioni pari al 51,5%. In comune la «vocazione»: si è potenziato soprattutto il numero delle strutture di assistenza sociale residenziale. Dipende anche dall’aumento dell’aspettativa di vita, nella regione più alta rispetto alla media nazionale: 83,3 anni invece di 82,6. Un primato mantenuto nel tempo: nel 2012 la speranza di vita alla nascita nel Veneto era di 82,6 anni, contro gli 82 del resto d’Italia.
Il personale
L’altro indicatore importante, e di cui si parla molto soprattutto dopo la pandemia da Sars-Cov2, è il personale. Ma se ne parla per la carenza di operatori, medici e infermieri in particolare. Eppure il dossier della Camera di Commercio vicentina per il privato attesta l’esatto contrario: «In Veneto il totale degli addetti è cresciuto maggiormente rispetto alla performance nazionale, attestandosi su un +61,5% a fronte del +54,8% italiano. Oggi il settore dà lavoro a 56.998 persone, contro le 35.291 del 2012. Anche in questo caso emerge l’assistenza sociale residenziale, con una crescita del 139,1%, che si traduce in un passaggio da 7.529 a 18.005 addetti, altro dato superiore al trend nazionale del +108,6%. Tuttavia, la divisione che conta il maggior numero di operatori è l’assistenza non residenziale, con 24.355 (+39,9%). L’assistenza sanitaria pesa per circa un quarto del totale e cresce del +41,3%». Attenzione, qui vale la pena osservare pure quello che succede nel pubblico, dove a salvare la situazione sono universitari e personale femminile. «Nelle aziende sanitarie pubbliche i sanitari e i tecnici sono aumentati, soprattutto grazie alla componente femminile, che sale dal 64,4% al 69,3%, e al personale universitario, cresciuto del 9%, mentre calano del 45,6% il personale con un rapporto flessibile e del 43,4% i dipendenti — evidenzia il dossier —. Per ciò che concerne i ruoli sono aumentati del 3,9% i sanitari, soprattutto grazie alle donne (+7,7%), che compensano la perdita dei colleghi maschi. Conoscono un incremento del 5,6% i tecnici, in gran parte donne (79,4%). Diminuiscono invece del 21% il personale professionale (medici), composto dal 65,4% di uomini e inferiore all’84,6% del 2012, e gli amministrativi (-14,5%)».
I posti letto
Sempre considerando il rapporto tra pubblico e privato è interessante il dato sulla contrazione dei posti letto ospedalieri sancita dal famoso «Dm 70», il decreto ministeriale che ha definito gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, imponendo alle Regioni una proporzione di 3 letti per mille abitanti. Risultato: dal 2012 al 2019 nel Veneto i posti letto sono diminuiti del 7,3%, passando da 18.845 a 17.472. Un altro 1,2% è stato tagliato dal 2019 al 2021, quindi oggi sono 17.262. Ma si è cercato di toccare il meno possibile la degenza ordinaria, per agire invece sui letti a pagamento. «In modo particolare risultano ridotti di più della metà i posti a pagamento e quelli in Day Hospital, mentre la degenza ordinaria risulta contratta del 4,1% — sottolinea la Camera di Commercio di Vicenza —. Sono aumentati i posti in Day Surgery del 16,9%».
Quest’ultimo dato è in linea con le direttive del ministero della Salute, che impongono di ridurre i tempi di ricovero per riservare gli ospedali ai pazienti acuti e assistere sul territorio (con medici di famiglia, strutture intermedie, ospedali di comunità, centri di riabilitazione) i malati che hanno superato la fase critica. A tale proposito in Veneto il 9,8% degli over 65 è in assistenza domiciliare integrata e prima del 2026 si raggiungerà l’obiettivo del 10,9% imposto dal Pnrr.
corriere veneto