Potrebbe diventare biogas, asfalto o cibo per altri animali. Il condizionale è d’obbligo ma la sperimentazione sullo smaltimento circolare del granchio blu è in corso e l’obiettivo è trasformare in risorsa ecologica una piaga dell’economia della pesca in Veneto. «I numeri sono preoccupanti», spiega il direttore Coldiretti Veneto, Marina Montedoro, al convegno «Ricerca ed innovazione per l’economia blu sostenibile: il paradigma di Venezia e le prospettive europee» organizzato nell’isola di San Servolo, Venezia, da Fondazione Venezia Capitale Mondiale Sostenibilità, Corila e Cnr-Ismar.
Le catture
In circa tre mesi sono stati catturati quattromila quintali di granchio blu, predatore infestante delle specie lagunari, e il crollo previsto entro l’anno nella molluschicoltura, comparto in testa in Veneto, è di circa il 70-90 per cento della produzione. Di conseguenza, anche del reddito. «Considerato che si mangia esclusivamente il maschio, non la femmina né i piccoli, e che solo il 4 per cento del pescato può dunque essere adibito al consumo umano, le strategie di emergenza da attuare sono la cattura e il macero – evidenzia Montedoro -. Per fare di questo rifiuto speciale una risorsa si sta provando a utilizzarlo come polimero per fare il selciato; già succede con i gusci di cozze e vongole. Un’altra ipotesi che vorremmo testare a breve con l’Istituto Spallanzani è immettere il granchio blu nell’alimentazione zootecnica, vista la buona percentuale di proteine che contiene. Due settimane fa sono iniziate le prove con tre impianti di biodigestione sul litorale lagunare autorizzati a trattare sottoprodotti. L’idea è usare il granchio blu per la produzione di biometano. Se i risultati saranno soddisfacenti si passerà alla scala impiantistica».
Convivenza sostenbile
Raccolto, tritato, pastorizzato a circa 70 gradi e immesso nel biodigestore, il granchio blu si presume possa arrivare a 200 kilowatt ora di energia. «Questa filiera ci risolverebbe una parte di smaltimento, non di cattura, pratica che ha impegnato i pescatori senza che potessero fare il loro lavoro – precisa Montedoro -. Il punto è che la popolazione si è sviluppata repentinamente e non sparirà. Serve è una convivenza sostenibile».