“E’ veloce, più contagiosa e immunoevasiva”: vuol dire che sa camuffarsi bene per confondere il nostro sistema immunitario. Che però alla fine, nella maggior parte dei casi, la riconosce ugualmente e riesce ad avere la meglio. Parliamo della variante Covid Pirola, nome scientifico BA.2.86, isolata nel luglio scorso in due o tre Paesi, che ad agosto sono saliti a dieci e che ora si è affacciata anche in Italia, isolata a Brescia dal team di Arnaldo Caruso, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università di Brescia, direttore del Laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili e presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv). Che il 15 settembre ha annunciato: “Abbiamo effettuato quello che risulta essere il primo isolamento di BA.2.86 nel nostro Paese”. E, proprio sulla maggiore capacità di contagio da attribuire a Pirola, si confrontano gli esperti.
Che cos’è Pirola
BA.2.86, Pirola appunto, è la nuova variante di SARS-CoV-2, virus responsabile della malattia respiratoria Covid. É sottoposta a monitoraggio a partire dalla seconda metà di agosto, quindi inserita nel gruppo delle cosiddette Vum, Variants Under Monitoring, sia dall’Oms che dall’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control – Centro Europeo per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie). Benché siano necessari ulteriori approfondimenti per identificarne nel dettaglio il genoma, si suppone che Pirola possa essere una discendente della sottovariante Omicron 2 (BA.2).
Perché sotto monitoraggio? Lo rivela uno dei report settimanali rilasciati dall’Oms: “BA.2.86 è stata classificata come variante sotto monitoraggio in quanto presenta un grandissimo numero di mutazioni sul gene che codifica per la proteina Spike, una proteina sfruttata dal virus per penetrare nelle cellule dell’ospite e infettarle”. Più precisamente, l’Oms parla di oltre 30 mutazioni; ma negli ultimi giorni alcune fonti riportano oltre 40 mutazioni individuate
In quali Paesi ha lasciato il segno
La prima segnalazione della nuova variante Pirola risale alla fine del mese di luglio, in Danimarca. In seguito, si è presentata nel Regno Unito, in Israele, negli Stati Uniti e in Sud Africa, ma senza collegamenti epidemiologici noti a una fonte comune. Poi è stata segnalata nelle acque reflue di Svizzera e in Thailandia. Alla quarta settimana di agosto 2023, i Paesi in cui la variante Pirola è stata individuata erano a quota 10. Infine, ora, è arrivata anche in Italia, a Brescia, dove ha colpito un paziente fragile.
Un ‘salto di qualità’ che crea un po’ di scompiglio e moltiplica gli interrogativi negli esperti, impegnati a tutto tondo nel definire un più preciso identikit di questa nuova variante.
Pregliasco: “È più contagiosa”
Il dibattito è aperto, nasce dalle preoccupazioni generate da questa nuova versione di Omicron. Per Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi di Milano, non c’è dubbio che “si tratti di una variante veloce”. “A luglio era stata isolata in una piccola percentuale di nazioni non correlate, ad agosto era presente già in dieci e ora è in Italia – dice – . Credo che varianti come queste le dovremmo subire a lungo, sono cicliche come onde in uno stagno. Mediamente si presentano ogni cinque o sei mesi”.
Che Pirola sia anche più contagiosa, Pregliasco lo spiega così: “Da un punto di vista evolutivo è la maggiore immunoevasività (capacità di aggirare il nostro sistema immunitario) e la maggiore benevolenza verso l’ospite (il fatto di provocare effetti collaterali meno gravi) a far sì che si possa diffondere, che sia quindi più contagiosa”.
Per questo, evidenzia il virologo, “è sotto osservazione”, ma nel contempo “non preoccupa perché non provoca effetti più severi”. Il rapporto di Pirola con i vaccini? “Il fatto che sia più immunoevasiva non significa che riesca a disinnescarli – conclude Pregliasco – . Perché parliamo di preparati aggiornati alle varianti XBB, quindi in grado di sbarrale il passo”.
Ciccozzi: “Può sfuggire ai tamponi fai da te”
A studiare attentamente la variante Pirola, in una ricerca appena ultimata e prossima alla pubblicazione, è il professor Massimo Ciccozzi, epidemiologo molecolare all’Università Campus Bio-Medico di Roma. Che parla di “immunogeneicità creata dalla presenza di oltre 30 mutazioni che coinvolgono anche la proteina N, utilizzata, quest’ultima, per i test antiegnici rapidi”. Tradotto in termini comuni, Pirola è molto più abile nel variare, ossia camuffarsi, per confondere il sistema immunitario e penetrare nel nostro organismo. Basti pensare che mediamente una variante presenta 5 mutazioni. Quindi, tornando ai test antigenici, grazie a questa sua abilità può far sì che non risulti la sua presenza, così il test può essere negativo.
“Si, Pirola può riuscire aggirare i tamponi antigenici – conferma Ciccozzi – . Ciò è dovuto al coinvolgimento della proteina N, ma anche alla manualità di chi fa il test e alla tempistica: il fatto che il tampone vada fatto 3 o 5 giorni dopo la comparsa dei sintomi.
Quanto è pericolosa?
Dal fatto che Pirola sia abile nel camuffarsi può desumersi che sia più pericolosa? È ancora Ciccozzi a rispondere: “Anche se presenta un grande numero di mutazioni che coinvolgo la proteina N, comunque fa parte di Omicron perché discende da Ba2 – sottolinea l’epidemiologo -. Quindi non dovrebbe essere particolarmente pericolosa. Stiamo valutando un paio di mutazioni interessanti che la coinvolgono non nella patogeneicità ma nella contagiosità, quindi sotto l’aspetto della capacità di sfuggire al nostro sistema immunitario. E abbiamo verificato che alla fine il nostro organismo ha la meglio”.
“Anche i vaccini riconoscono Pirola, impedendole di attaccarci – conclude Ciccozzi – . Questo perché, nonostante la variante riesca a cambiare volto, comunque una parte della proteina Spike su cui è fondato il vaccino non cambia: è quella che si basa sulle cellule di memoria che rimangono, e riconoscono immediatamente la Spike. In ogni caso bisogna stare all’erta, ed è importante vaccinarsi. Parlo soprattutto dei pazienti fragili, che ancora oggi rischiano, ma che grazie a questa protezione possono evitare la malattia grave”.
I sintomi che allertano
Quali sono i sintomi che può provocare Pirola? Possono essere diversi e presentare una certa variabilità. Si possono manifestare sia disturbi che interessano le vie aeree, in particolare quelle superiori, sia sistemici, come mal di gola, mal di testa, tosse secca, raucedine, naso che cola (rinorrea), congestione nasale, starnuti, dolori ai muscoli, dolori alle articolazioni, febbre, talvolta anche alta, stanchezza e affaticamento. Ma non sono escluse difficoltà respiratorie più o meno gravi che richiedano un intervento medico tempestivo.
Rispetto al passato, con le varianti ora circolanti in Italia, sembrano non essere più comuni i sintomi gastrointestinali, così come non sono comuni la diminuzione o la perdita improvvisa dell’olfatto e del gusto (iposmia, anosmia, ageusia e disgusia). Questi ultime conseguenze, tuttavia, secondo i dati ora disponibili, potrebbero essere ancora possibili a seguito delle infezioni provocate proprio dalla variante Pirola.
La Stampa