La Repubblica. La sanità italiana boccheggia, è in cerca di ossigeno e cioè di soldi mentre le liste di attesa aumentano e gli organici diminuiscono. Se dei 4 miliardi chiesti dal ministro alla Salute Orazio Schillaci al Mef, comunque troppo pochi secondo le Regioni e i sindacati, ne arriveranno probabilmente la metà, si punta a dare almeno un aumento ai lavoratori. L’idea è quella di una flat tax sugli straordinari che porterebbe la tassazione attuale, più o meno del 50%, al 15%. La misura, che figura tra le opzioni allo studio del governo per la legge di bilancio, non piace però ai sindacati: «L’unica idea è far lavorare di più chi c’è già, non assumere. Non va bene», è la sintesi di quello che dicono da Anaao, il principale sindacato degli ospedalieri, e Funzione Pubblica della Cgil, per gli infermieri.
Gli straordinari dei 130 mila medici ospedalieri sono di vario tipo. Alcuni non vengono pagati, altri sono retribuiti con dei fondi di risultato e poi c’è la “produttività aggiuntiva”. Questa costa alle Asl, da contratto, come minimo 60 euro l’ora (certe Regioni la portano a 100 nei reparti in crisi, come i pronto soccorso). Secondo una stima del segretario di Anaao, Piero di Silverio, i medici fanno in media 8 ore alla settimana di aggiuntiva, oltre alle 34 previste dal contratto e a quelle di straordinario non pagato. «Si tratta di una media, tenuto conto che in molti arrivano, tra tutto, a 50 ore alla settimana. Comunque sia, se le 8 ore vengono pagate 60 euro, il totale settimanale è 480 euro. Oggi, tolte le tasse ne restano in tasca al medico 240. Con la flat tax al 15% la cifra salirebbe a 408 euro. «Ma non va bene – dice Di Silverio – noi vogliamo più tempo per vivere e valorizzare il lavoro ordinario. Con la flat tax spenderebbero 100 milioni, noi ne chiediamo 300 per defiscalizzare l’indennità di specificità, che è una parte fissa del nostro stipendio. In troppi lavorano troppo a causa dei buchi di organico» . La posizione della Cgil è molto simile. Gli infermieri per un’ora di straordinario prendono da 17 euro se è diurno feriale, a 22 se è festivo e notturno. «È difficile – dicono dal sindacato – fare una media di quanto straordinario fanno i circa 280 mila infermieri del sistema pubblico. La cosa che non va bene è che l’unica idea del governo sia quella di farli lavorare di più. Il problema è sì il livello di retribuzione ma anche il carico di lavoro enorme».
Nel cantiere della manovra provano a farsi spazio anche altre misure a favore dei salari, come la detassazione degli aumenti legati al rinnovo dei contratti. Una misura che è allo studio del ministero del Lavoro già da diversi mesi ma che, allora come oggi, deve fare i conti con il problema delle coperture. Nelle ultime ore la Ragioneria generale dello Stato avrebbe invitato alla prudenza. Il governo ci proverà fino all’ultimo perché l’idea una tassazione agevolata al 10% permetterebbe di dare un segnale alle retribuzioni di 7,7 milioni di lavoratori che hanno contratti scaduti da parecchi anni, oltre a provare a stimolare le trattative tra le parti sociali per sbloccare i contratti.
Per ora la misura resta appesa, in attesa di capire quali saranno gli spazi della legge di bilancio,che emergeranno dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, sul tavolo della riunione del Consiglio dei ministri del 28 settembre.
Nella manovra troverà sicuramente spazio la proroga del bonus una tantum per i dipendenti pubblici: il sostegno, introdotto dall’ultima Finanziaria per il 2023, porterà anche l’anno prossimo tra 20 e poco più di 100 euro al mese in più nelle tasche degli statali. Anche in questo caso l’incremento dello stipendio (+1,5), che costa circa 1,5 miliardi, è un passaggio obbligatorio per il governo se non vuole lasciare i lavoratori a bocca asciutta. La partita più importante – il rinnovo dei contratti pubblici – è in salita. Procedere in blocco è impossibile (il costo è 30 miliardi), ma anche un primo step, che ne richiede sei, è al momento insostenibile per una manovra ancora a caccia di risors