La pandemia da Sars-Cov2 ha influito, facendo saltare migliaia di visite specialistiche, interventi chirurgici e controlli, perché il personale sanitario per oltre due anni è stato dirottato nei reparti Covid. Ma anche perché molte persone hanno deciso di rimandare le cure di cui necessitavano per paura di infettarsi e tante altre, avendo perso il lavoro o subìto un drastico ridimensionamento delle entrate a causa delle ripercussioni socioeconomiche legate all’emergenza, non sono più riuscite a pagare il ticket. Fatto sta che tra il 2018 e il 2022 una buona fetta di veneti ha dovuto rinunciare a usufruire del Servizio sanitario nazionale, come dimostra il calo del 22% degli introiti da ticket, appunto, rispetto ai periodi pre-pandemia. Lo rivelano i dati diffusi da Agenas (l’Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali), secondo i quali la compartecipazione alla spesa è scesa dai 175.028.000 euro del 2018 ai 136.671.713 euro incassati dalla Regione nel 2022. I ricavi per abitante sono calati da 36 euro a ricetta agli attuali 18.
Nuove priorità
«Anche noi, come professionisti del servizio sociale, riscontriamo questo fenomeno, legato in gran parte alle lunghe liste d’attesa che ingolfano la sanità pubblica — sottolinea Mirella Zambello, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali del Veneto —. Purtroppo cresce il numero di persone che non riescono ad accedere al Servizio sanitario nazionale, come riferiscono gli assistenti sociali al lavoro nei Comuni. Sempre più cittadini sono costretti a rinunciare agli esami o alle visite mediche per dare priorità alle spese alimentari. O, al contrario, pur alle prese con difficoltà economiche, devono farsi carico di costi ingenti per accedere a prestazioni private. Il nostro Sistema sanitario nazionale, fondato sulla salute come diritto di tutti e alla cui nascita ha dato un contributo fondamentale l’allora ministro Tina Anselmi, è una conquista da preservare. Bisogna lavorare sulla riduzione delle liste d’attesa, ma anche investire in campagne di prevenzione, con screening gratuiti».
Se si guarda il solo ticket riservato alle prestazioni specialistiche nel Veneto ha subìto una riduzione del 18%, passando da un importo di 147.559.000 euro riscontrato nel 2018 ai 120.561.245 euro registrati nel 2022. Un andamento comune al resto d’Italia, però limitato al -10% al Pronto Soccorso (da 15.965.000 euro a 14.376.257) ma esploso al -85%, il valore più alto del Paese insieme al -100% del Friuli Venezia Giulia, per la voce «altro». Che si riferisce per esempio alle cure termali o ad alcuni tipi di riabilitazione e che si è contratta da 11.504.000 euro a 1.734.210. «I Servizi Sociali dei comuni — riprende la presidente Zambello — sono impegnati quotidianamente nella definizione e attuazione di diversi interventi a sostegno delle persone in difficoltà. Si va dall’aiuto a pagare bollette e utenze domestiche al contributo per l’affitto, fino al contrasto alla povertà educativa. Tutte azioni programmate in maniera personalizzata, valutando i bisogni specifici delle persone, per facilitarne il superamento della situazione di crisi. Non esistono però fondi nè misure specifiche per affrontare i costi legati alla salute e alla prevenzione, spesso trascurate dai veneti più in difficoltà. Ecco allora la necessità di porre la salute al centro delle politiche nazionali e regionali, al fine di promuovere il benessere collettivo. La nostra professione può contribuire a migliorare i contesti sociali nelle comunità».