No, il bicchiere è metà pieno perché se l’economia del Veneto, a cominciare dal turismo, va bene, i flussi di migranti in arrivo a Nordest e la mancanza di medici proiettano qualche inquietudine per i mesi a venire.
Cominciamo dalla sanità, presidente Zaia. Ha letto del caso di Bergamo dove, pagando 149 euro, un nuovo pronto soccorso privato consente di saltare le code di quelli pubblici? Qual è la situazione della sanità veneta oggi?
Conosco il caso di Bergamo. Rispetto la sanità privata che è una colonna del sistema, ma in Veneto “saltacoda” a pagamento non devono trovare alcuno spazio. Il settore socio sanitario è lo specchio della civiltà di un Paese. In Veneto abbiamo sessantotto ospedali e un tasso più basso di sanità privata rispetto alla maggior parte delle regioni italiane. Eroghiamo ogni anno ottanta milioni di prestazioni e abbiamo almeno due milioni di accessi al pronto soccorso. Per me i pronto soccorso devono essere uguali per tutti e a decidere la fila deve essere solo la gravità delle condizioni del paziente.
Ma anche da voi c’è il problema delle lunghe attese.
Perché mancano i medici. Va abolito, lo dico da tempo, il numero chiuso. Ma lancio anche un appello dalle colonne del Sole24Ore: non è possibile mandare in pensione i medici ospedalieri a 70 anni. Devono poter continuare il loro impegno di lavoro nella sanità pubblica, se lo vogliono. Abbiamo investito su di loro, hanno un bagaglio di esperienza straordinaria e noi li costringiamo ad andare in pensione? Così poi vanno a lavorare nelle cliniche private, magari al di là della strada? Lo chiedo ufficialmente al governo: il medico che vuole continuare a lavorare nel pubblico deve poterlo fare. A volte perdiamo vere “star” della medicina per questa norma assurda. E i miei medici in Veneto spesso piangono quando devono lasciare il loro ospedale.
Ne ha parlato con il ministro Schillaci?
Certo, anche di recente. E ne ho parlato in sede istituzionale con gli altri governatori. Il problema numero uno della sanità italiana è la mancanza di medici. In Italia ne mancano 50mila, 3.500 in Veneto. Sul mercato non si trovano. Se io avessi 3.500 ambulatori aperti potrei azzerare le liste di attesa in pochi giorni. È una questione che ci trasciniamo da anni. Adesso basta.
Sul fronte dell’economia veneta invece è più ottimista rispetto ad altre regioni?
Sì, il Veneto è ora una corazzata, con un Pil di 164 miliardi di euro, un export di oltre 80 con un saldo commerciale positivo di 10 miliardi. Qualche segnale di rallentamento si coglie anche da noi, ma le nostre sono imprese internazionalizzate e molto flessibili. Siamo fiduciosi di chiudere bene il Pil anche quest’anno: scommetto su una crescita superiore alla media del Paese. L’anno scorso il Pil del Veneto ha raggiunto il 4,3% di crescita, valori da record in Europa. Abbiamo settori che producono tecnologie all’avanguardia. In Veneto si realizzano le centraline e gli interni delle auto più prestigiose, abbiamo aziende impegnate nell’aerospaziale. Non siamo solo manifattura e se manifattura c’è è di grande valore aggiunto. Senza dimenticare che la prima industria in Veneto è il turismo, con 18 miliardi di fatturato.
A proposito di turismo: a giugno tutti a preoccuparsi per il fenomeno dell’over tourism, dei troppi turisti nelle città d’arte, a cominciare da Venezia. Mentre oggi, a metà agosto, alcune località registrano addirittura un meno trenta per cento di visitatori. Intanto l’Albania ci fa concorrenza. Colpa dei nostri prezzi troppo alti?
Il 2022 è stato l’anno record del turismo in Italia perché molti sono stati gli arrivi e anche tanti italiani, dopo due anni di Covid, preferirono restare in Italia. Per il 2023 siamo ottimisti. In Veneto chiuderemo probabilmente con valori superiori al 2019. Con 73 milioni di presenze e il 66 per cento di turisti stranieri, siamo ora la prima regione italiana per turismo. Sono convinto che avremo ottimi risultati anche quest’anno. C’è stata una piccola flessione in questa porzione d’estate, specie nel settore delle seconde case e del turismo di prossimità. La ragione? Anche gli italiani hanno ricominciato a viaggiare, a far vacanza all’estero. Sull’Albania il mercato è in crescita: cresceranno anche i prezzi, come avvenuto in Croazia.
Non sarà anche una questione di prezzi?
A quelli che ogni estate tirano fuori lo scontrino del caffè di piazza San Marco, dico che questo non è un argomento: in quel caffè non paghi solo la consumazione ma l’esperienza di vivere un momento unico. Ciò detto, l’aumento dei prezzi è dovuto anche ai costi generali che sono notevolmente aumentati. Il problema è la mancanza di forza lavoro. Per qualità e quantità.
È una questione che riguarda anche altri settori dell’economia italiana. Soluzioni?
È cambiato nei ragazzi il paradigma del lavoro. La sfida è creare attrattività sul lavoro, con soluzioni nuove e coraggiose. I nostri giovani non accettano più impieghi monopolizzanti, con la prospettiva di lavorare fino a tardi, anche nei fine settimana. Tanti di loro preferiscono fare il nomade digitale in giro per il mondo. Il ventaglio di possibilità offerte loro è molto diverso da quello di trenta o quarant’anni fa. Dobbiamo vedere il mondo, anche del lavoro, con i loro occhi e la crisi diventerà risorsa.
Pesa anche il fatto che le retribuzioni italiane sono tra le più basse in Europa. In questi giorni si discute di salario minimo, la premier Giorgia Meloni ne ha parlato con le opposizioni. Ma il fatto è che pure le retribuzioni così dette “alte” sono più basse in Italia.
Io guardo al Veneto. Se restiamo nell’ambito del turismo, i nostri imprenditori cercano in tutti i modi di andare incontro ai dipendenti. Quanto al salario minimo, per me è un’arma a doppio taglio, può sortire l’effetto indesiderato di livellare i salari verso il basso.
Insomma, la pensa come Giorgia Meloni.
Su questo tema con la premier siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Stabilita un’asticella, come si comporteranno in futuro i datori di lavoro? Non per pensare male, ma è una possibilità. Comunque il problema dei bassi salari esiste, considero scandalose le cifre offerte a certi lavoratori al Sud. Se i dati sono veri, è davvero scandaloso. Ma il reddito di cittadinanza non ha aiutato. Me lo dicono i governatori del Sud e lo conferma anche la Guardia di finanza.
Lei cita spesso il Sud. L’autonomia differenziata è una battaglia della Lega e lei lo ricorda in ogni occasione. A proposito dell’atteggiamento degli alleati di governo, ha detto: «Posso capire gli emendamenti di Fratelli d’Italia, ma se dovesse trasformarsi in un’azione per far saltare il progetto, sarebbe irresponsabile». Teme che alla fine questa riforma rimarrà sulla carta?
I tempi sono quelli del Parlamento, ovviamente depurati da ogni ostruzionismo. Ma la cosa che conta è approvare una riforma seria, perché l’autonomia è una vera assunzione di responsabilità. Parlo al Sole24Ore: è come se noi entrassimo in un’azienda e non avessimo il controllo di gestione. Ecco, questo Paese si deve dotare del controllo di gestione e si chiama autonomia. Poi, la finiscano di dire che la riforma mina l’unità del Paese. Guardiamo alla Germania, che ha i land con una autonomia che… io me la sogno. È percepita o no come un grande Paese? Chi parla di rischio per l’unità d’Italia manca di rispetto al presidente della Repubblica. Mattarella ha promulgato questo disegno di legge e siccome è il garante dell’unità nazionale non vorremo mica dire che vuole minarla? Ricordiamoci poi anche del presidenzialismo.
Insomma bisognava dar retta Cattaneo e a Gioberti che pensavano a un’Italia federalista…
Io avrei dato retta a don Sturzo che da siciliano diceva: «Sono unitario ma federalista impenitente». Non mi sembra fosse uno sfigato.
In conclusione: le aziende e il turismo del Veneto non la preoccupano, la mancanza di medici invece sì e per questo dal Sole24Ore lancia un appello al governo, così come un ammonimento a quanti si battono contro l’autonomia differenziata. Ma c’è un tema di cui non abbiamo ancora parlato: le migrazioni. Lei ha detto: «L’Italia non può accogliere tutta l’Africa». Giorgia Meloni sta cercando di mobilitare l’Europa a sostegno del suo “piano Mattei”. La convince?
In Veneto abbiamo 550mila immigrati che hanno qui un progetto di vita: lavorano, i loro figli studiano. Integrati. Siamo un modello di accoglienza. Detto questo: arriveranno più migranti dell’anno scorso e i numeri sono inquietanti. Primo: aiutiamo solo chi davvero scappa da guerre e carestie. Secondo: l’Europa ha un atteggiamento scandaloso.
Ma Ursula von der Leyen è andata in Tunisia con Giorgia Meloni.
Lampedusa è il confine dell’Unione, non solo del nostro Paese. La realtà è che l’Italia è stata lasciata sola e delle dichiarazioni di solidarietà e dell’elemosina non ce ne facciamo niente. L’Europa dovrebbe mandare un contingente in mare per gestire i flussi. Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia. Rimpatriare i centocinquantamila che arrivano? Con dieci poliziotti che devono scortare ogni migrante verso l’aereo? Ma quando mai. Qui si sta minando la sicurezza dell’Italia.
Giorgia Meloni è continuamente in Nordafrica.
E fa bene. Sulle migrazioni l’Italia rischia di essere sola. Aggiungo che un Paese che è stato fondatore dell’Unione europea deve pretendere un impegno serio da Bruxelles. Servono fatti: non ci bastano leader europei in visita di cortesia.
Il Sole 24 Ore, Maria Latella