Mesi se non addirittura oltre un anno per ottenere una visita di un medico o una ecografia in ospedale, dai 10 ai 30-60 giorni al massimo di attesa se si paga per avere la stessa prestazione con lo stesso medico e dentro lo stesso ospedale. Eccolo uno dei paradossi dello scandalo delle liste d’attesa che costringe quasi 2,5 milioni di italiani a non curarsi per i tempi troppo lunghi. Liste che però si possono aggirare facilmente se si mette mano al portafogli: è la strada dell'”intramoenia” – la prestazione “privata” pagata dal cittadino dentro l’ospedale pubblico – assolutamente legittima a patto che questa non diventi attività prevalente, cioè non superi numericamente le prestazioni che il Ssn deve garantire gratis (o con il ticket). Cosa che però non accade sempre.
Anzi da qualche parte quasi mai come in Campania dove – come ha appena verificato Cittadinanzattiva dopo una istanza di accesso civico – si segnala che il numero di prestazioni erogate nel canale pubblico è inferiore, per tutti gli esami e le visite monitorate, a quelle in intramoenia: a esempio al Cardarelli di Napoli sono state somministrate 1255 visite ortopediche in intramoenia e nel pubblico 112; all’ospedale dei Colli sempre a Napoli, addirittura nessun eco addome somministrato nel pubblico e 111 in intramoenia; al Moscati di Avellino solo 7 visite cardiologiche pubbliche e 979 in intramoenia; al San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona a Salerno a fronte di 91 ecografie ostetriche nel pubblico ce ne sono 329 in intramoenia.
“In Campania i cittadini stanno sperimentando da anni una condizione intollerabile di inaccessibilità alla sanità pubblica e il commissariamento della regione ha peggiorato la situazione con il blocco del turn over e la conseguente carenza di circa 15 mila operatori sanitari. In pratica nessun reparto o quasi degli ospedali campani può dirsi a pieno regime, in termini di personale. Così è inevitabile che l’intramoenia resti, per chi può permetterselo, l’unica strada per accedere in tempi utili a visite ed esami”, spiega Lorenzo Latella, segretario regionale di Cittadinanzattiva Campania.
Ma quello campano non è un caso isolato. Secondo l’ultimo report dell’Agenas (l’Agenzia dei servizi sanitari regionali) che monitora il rapporto tra l’attività intramoenia e quella cosiddetta istituzionale “in 16 regioni su 21 si rileva almeno una situazione in cui il suddetto rapporto è superiore a 100%, soprattutto nell’ambito della visita e della ecografia ginecologica”. Il rapporto tra l’altro riguarda le prestazioni 2021 quando ancora c’era il Covid, è quindi presumibile che la situazione sia peggiorata.
Il ministro della Salute Orazio Schillaci nell’intervista di ieri al Sole 24 ore ha promesso di trovare in manovra le risorse per “pagare di più i medici che lavorano nel Servizio sanitario per incentivarli a lavorare qualche ora extra e tagliare così le lunghe liste d’attesa”. Una idea promossa da Silvio Garattini presidente e fondatore dell’Istituto Mario Negri: “Gli stipendi vanno aumentati, i nostri sanitari sono pagati sotto la media europea e quindi se ne vanno all’estero o nel privato oppure uniscono attività pubblica e privata. Però in questo momento l’intramoenia è profondamente ingiusta e fonte di ineguaglianze: non è giusto che chi non paga debba aspettare tanto per curarsi. I cittadini hanno tutti un uguale diritto alla salute. Per me andrebbe abolita”.
“L’idea del ministro è assolutamente giusta. Dobbiamo pagare di più i medici per farli stare di più nelle strutture pubbliche e dobbiamo puntare sull’aiuto del privato convenzionato che si deve mettere a disposizione con le Regioni che devono spendere però tutti i fondi che sono stati messi a disposizione sulle liste d’attesa”, avverte il vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera, Luciano Ciocchetti (Fdi). Che sull’intramoenia chiede una stretta: “Va modificata. È nata in via sperimentale per essere un opzione in più per i cittadini. Oggi dobbiamo garantire una maggiore presenza dei medici per le cure del Ssn”. Per Marco Furfaro, capogruppo Dem alla Affari sociali e componente della segreteria nazionale del Pd lo scandalo delle liste d’attesa è la solita storia del “cane che si morde la coda. Il vero macigno di cui il ministro Schillaci non parla è il definanziamento del Servizio sanitario: con pochi fondi e organico all’osso è normale che i medici fuggano dagli ospedali anche perché questa maggioranza ha introdotto anche la flat tax per chi lavora nel privato”. Il boom dell’intramaoenia? “È l’altra faccia della medaglia: si scivola verso il privato e così solo i ricchi possono permettersi di curarsi e per gli altri viene meno il diritto alla salute”
Marzio Bortoloni – Il Sole 24 Ore