Lo scontro in parlamento sull’autonomia differenziata è ormai incandescente e a preoccupare è soprattutto il fuoco amico, questo il dato politico. Ma nel sottile glossario della guerra parlamentare la tattica è sottesa alle dichiarazioni di principio. Ci spieghiamo meglio. Il 6 giugno, dopo due rinvii, alle 14 è scaduto il termine per presentare gli emendamenti al disegno di legge Calderoli in commissione Affari costituzionali del Senato dove il ddl è stato incardinato. E ne sono stati depositati la bellezza di 557 per un totale di 604 pagine di faldone. Il record va al M5s con 204, segue a ruota il Pd con 189, Alleanza Verdi Sinistra si ferma a 99. Ma è fra le fila della maggioranza che arriviamo al numero più significativo. FI si ferma a 7 e la Lega a 2, FdI arriva a 23 emendamenti. Tanti da far preoccupare i leghisti veneti. Non quelli «romani» perché, spiegano, otto dei 32 emendamenti di maggioranza portano la firma dei tre capigruppo e sono stati concordati col ministro Calderoli. Lui, infatti, continua a rassicurare sulle possibili migliorie apportabili. L’ha fatto anche giovedì portando proprio gli emendamenti di maggioranza come esempio di massima collaborazione.
I nodi degli emendamenti
A leggere gli emendamenti, però, succede che almeno due punti cruciali delle obiezioni del Pd coincidano con quelli di FdI fondo perequativo rinforzato e iter legislativo classico sia per le funzioni delle materie da devolvere che per le singole intese cioè tempi biblici. Il presidente della commissione, Alberto Balboni, di FdI ne ha presentati diversi con il suo nome come primo firmatario. «In un mio emendamento chiedo che i Lep non vengano più individuati con Dcpm bensì con un decreto legislativo quindi con un provvedimento che ha forza di legge e prevede il pieno coinvolgimento del parlamento. Quasi tutti i costituzionalisti ci hanno suggerito questa modifica e, insomma, abbiamo fatto 60 audizioni, non possiamo far finta di non aver sentito. Io come presidente della commissione mi sono fatto parte diligente e ho presentato questo emendamento. In un altro si prevede, nel momento in cui si devono approvare le intese fra Stato e Regioni, che ci sia un ruolo più decisivo del parlamento che possa anche chiedere modifiche, emendamenti e quant’altro. Un altro molto importante dice che la devoluzione deve avvenire gradualmente non per materie ma per funzioni. Una materia ha tantissime funzioni, secondo lo stesso ministero sono più di 500 le funzioni su 23 materie».
Un passo alla volta
«Quindi – prosegue – siccome tutti gli auditi, compreso il governatore Zaia che in materia di autonomia è il numero uno assoluto, hanno detto che nessuno pretende di acquisire il pacchetto completo d’un colpo ma che sarà un processo graduale che impiegherà anni, ho fatto un emendamento che dice che l’attribuzione va fatta per funzioni, non per materie, e che ogni funzione, o gruppi omogenei di funzioni, deve avere uno specifico decreto legislativo. Questo ovviamente garantisce una gradualità. Poi, man mano che si ottengono le funzioni, si deve dimostrare anche con verifiche ex post di aver adempiuto agli standard dei Lep. Infine, un altro emendamento, dice che se ci sono regioni che ottengono la devoluzione di determinate funzioni che comportano un trasferimento ulteriore rispetto alla spesa storica a carico dello Stato, quel “di più” deve essere trasferito anche alle Regioni che non hanno chiesto l’autonomia per evitare regioni di serie A e serie B».
Il Veneto al momento non commenta, le tattiche parlamentari tendono a tramortire chi attende a bordo campo. Il presidente di Confartigianato Patrizio Boschetto, però, si dice «preoccupato» e «non solo per le 4 dimissioni di esperti dal Comitato dei saggi per i Lep, ci affidiamo a Calderoli perché il percorso iniziato con il referendum non si fermi».
Nell’immagine Calderoli in Commissione
Martina Zambon – Corriere Veneto