Con Decreto del 13 giugno 2023, pubblicato in G.U. Serie Generale n. 152 del 1° luglio 2023, il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, ha adottato il Piano Straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica. Il Piano si compone di un articolo e di un allegato, e avrà durata quinquennale.
Il piano straordinario costituisce lo strumento programmatico per il coordinamento e l’attuazione da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano delle attività di gestione e contenimento della presenza della fauna selvatica nel territorio nazionale, fornendo indicazioni specifiche per specie di particolare rilevanza e impatto, ai sensi dell’art. 19 -ter della legge n. 157 del 1992.
Quadro giuridico di riferimento: contesto europeo
Il Piano straordinario si pone come strumento fondamentale per garantire il rispetto della normativa europea in materia di tutela della fauna e della biodiversità. Nell’ottica di proteggere le specie di interesse comunitario, il piano si allinea con la Direttiva Habitat (92/43/CEE) e vieta la cattura, l’uccisione, la perturbazione, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione di queste specie. Tuttavia, prevede anche la possibilità di deroga in casi specifici, purché non pregiudichino il mantenimento delle popolazioni nella loro area naturale e sia necessaria per ragioni imperative di interesse pubblico.
Analogamente, il piano si adegua alla Direttiva Uccelli (2009/147/CE), garantendo una tutela rigorosa delle specie di uccelli viventi allo stato libero e consentendo deroghe solo per ragioni motivate, come l’attività venatoria, purché non minacci la conservazione delle specie coinvolte.
Un altro aspetto rilevante del piano riguarda il controllo e l’eradicazione delle specie esotiche invasive, in linea con il Regolamento (UE) n. 1143/2014, che stabilisce obblighi specifici per combattere queste minacce alla biodiversità. La strategia dell’Unione europea sulla biodiversità per il 2030 guida il piano nella promozione di pratiche agricole sostenibili e nella mitigazione degli impatti delle specie esotiche invasive sulle specie a rischio.
Infine, il piano considera anche le misure preventive riguardanti le malattie animali trasmissibili elencate nel Regolamento (UE) 429/2016 che potrebbero interessare la fauna selvatica, garantendo il rispetto delle misure di contenimento e controllo appropriate.
Il contesto nazionale
Nel contesto nazionale italiano, diversi provvedimenti legislativi e decreti sono stati emanati per regolare il controllo della fauna selvatica e la gestione delle aree protette. Il Decreto in commento è coerente e anche in questo caso si allinea e amplia la previgente produzione normativa. Tra questi rientrano:
Il DPR n. 357 del 1997, che recepisce la direttiva “Habitat”, e la Legge n. 157 del 1992 stabiliscono disposizioni per il controllo e la protezione delle specie protette. La Legge quadro sulle aree protette, n. 394 del 6 dicembre 1991, assegna agli enti parco la responsabilità di regolamentare i prelievi faunistici e gli abbattimenti selettivi all’interno delle aree protette nazionali e regionali. Inoltre, il D.lgs. n. 230 del 15 dicembre 2017 stabilisce piani nazionali per l’eradicazione e la gestione delle specie esotiche invasive. Un altro provvedimento importante è il D.L. n. 9 del 17 febbraio 2022, convertito in Legge n. 29 del 7 aprile 2022, che affronta l’emergenza della peste suina africana e prevede la pianificazione di interventi urgenti per il controllo e l’eradicazione della malattia. La Legge n. 221 del 28 dicembre 2015 ha introdotto divieti sull’immissione e il foraggiamento dei cinghiali, ad eccezione di alcune situazioni specifiche.
È opportuno precisare che i sindaci hanno il potere di emettere ordinanze per predisporre interventi di controllo e rimozione della fauna in ambito urbano, secondo le disposizioni del D.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000.
Omogeneità applicativa
Il Piano straordinario è strumento programmatico, di coordinamento e di attuazione dell’attività di gestione e contenimento numerico della fauna selvatica nel territorio nazionale mediante abbattimento e cattura. Lo stesso costituisce pertanto il primo momento di pianificazione, cui farà seguito l’adozione dei piani regionali ai sensi dell’art. 19 della legge n. 157 del 1992 che dovranno recepire i contenuti del piano straordinario.
Nel caso in cui le regioni abbiano già approvato i loro piani, potranno integrarli in base alle disposizioni del Piano straordinario. Le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano agiranno in conformità alle loro proprie e specifiche normative. Durante il periodo di verifica, che avverrà entro centottanta giorni dall’approvazione definitiva del Piano straordinario, i piani regionali già approvati rimarranno in vigore.
Per quanto riguarda i Piani regionali di interventi urgenti (PRIU) relativi alla gestione del cinghiale, introdotti con il decreto-legge del 17 febbraio 2022, essi rappresentano piani d’azione e intervento volti anche alla prevenzione della peste suina africana. Tuttavia, tali PRIU dovranno essere integrati con le disposizioni del Piano straordinario, se necessario, nei limiti delle rispettive competenze e tenendo conto delle misure di contenimento della peste suina africana. La pianificazione venatoria delle regioni per il controllo delle specie cacciabili dovrà garantire l’integrazione e il coordinamento con le attività previste dal Piano straordinario, allo scopo di massimizzare l’efficacia degli interventi di caccia e di controllo, considerando anche le misure di contrasto alla diffusione della peste suina africana (PSA).
I piani regionali prevedono obiettivi chiari e mirati per una gestione più efficace. Essi devono contenere:
- valutazione degli impatti e analisi dei rischi potenziali causati dalle specie target sulle attività antropiche, sull’ambiente e sulla biodiversità;
- individuazione dei target da raggiungere per la mitigazione di tali impatti e rischi;
- chiara ripartizione spaziale e temporale delle attività finalizzate al raggiungimento dei target previsti (zonazione).
Selettività
La selettività d’azione delle tecniche impiegate è di primaria importanza per intervenire in modo mirato sugli individui responsabili dei problemi riscontrati o sulle classi di sesso ed età che influenzano la dinamica di una popolazione selvatica. Ridurre il numero di femmine e giovani esemplari è una strategia prioritaria per limitare la capacità riproduttiva e controllare rapidamente le popolazioni. È fondamentale che i metodi utilizzati siano selettivi per la specie bersaglio e non abbiano impatti negativi diretti o indiretti sulle altre componenti dell’ecosistema, considerando il ciclo biologico delle specie animali e le caratteristiche degli habitat.
Tra gli strumenti per la rimozione selettiva degli animali troviamo reti, gabbie e trappole di cattura, ottiche di mira avanzate, fucili da caccia o sportivi, archi tradizionali o compound, fucili ad aria compressa, strumenti per la telenarcosi, dispositivi per l’osservazione e il riconoscimento degli animali, falchi, richiami acustici, esche alimentari attrattive e altre modalità regolamentate. Le attività di controllo non sono soggette ai divieti specifici previsti dalla legge e dalle direttive per la protezione degli uccelli. Anche l’uso di foraggiamento attrattivo, conforme alle normative vigenti, può essere previsto come parte integrante dell’attuazione del Piano, con modalità specifiche definite nei piani di intervento regionale, ad esempio per il controllo del cinghiale.
Gli operatori
Per garantire l’efficacia ed efficienza delle azioni di abbattimento e/o cattura, le regioni hanno la possibilità di ampliare, tramite una legge regionale, la categoria degli operatori del controllo oltre alla disciplina statale, includendo personale con formazione adeguata in conformità con la sentenza n. 21 del 2021 della Corte Costituzionale. La formazione preventiva degli operatori è essenziale per minimizzare i rischi di impatti indesiderati sull’ambiente, e garantire l’efficacia degli interventi e la sicurezza sul lavoro. La formazione consente di identificare le specie sul territorio, comprendere i movimenti degli animali, riconoscere gli individui e le classi su cui è necessario intervenire per ridurre le presenze e identificare gli strumenti più appropriati per interventi selettivi ed efficienti (come tipi di trappole, strumenti per la visione notturna, attenuatori di suono). Pertanto, gli operatori incaricati del controllo devono aver frequentato corsi di formazione specifici conformi ai programmi elaborati da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e superare un esame di abilitazione.
Per gli operatori già formati, le regioni valuteranno la necessità di un aggiornamento della loro formazione, basato sui contenuti del programma di corso per operatori del controllo sviluppato da ISPRA. Tale aggiornamento dovrebbe essere completato entro dodici mesi dall’approvazione del presente piano. Secondo l’articolo 19-ter, comma 4, della legge n. 157 del 1992, le regioni possono coinvolgere diverse figure nell’attuazione degli interventi, tra cui il personale degli enti istituzionali, società private, ditte specializzate, operatori professionali, cooperative, singoli professionisti, cacciatori, proprietari e conduttori di terreni e veterinari della sanità pubblica. Ognuna di queste categorie deve frequentare corsi specifici conformi ai programmi elaborati da ISPRA, e nel caso di abbattimenti con armi da fuoco, devono essere in possesso di una licenza venatoria, come richiesto dalla legislazione regionale.
Le regioni definiscono percorsi formativi al fine di garantire un’adeguata professionalità degli operatori coinvolti negli interventi di controllo, che è essenziale per l’efficacia, correttezza e sicurezza delle azioni, anche in contesti critici come le aree urbane. ISPRA provvede a sviluppare uno schema di programma di corso per operatori del controllo per le specie interessate, fornendo conoscenze e competenze utili per interventi più efficaci.
Raccolta dei dati
Per individuare la strategia di gestione più efficace, è fondamentale raccogliere informazioni dettagliate e standardizzate. Questa raccolta di dati dovrebbe includere informazioni sugli abbattimenti, danni all’agricoltura, misure di prevenzione adottate e incidenti stradali. Questi dati consentono una valutazione critica in tempo reale dell’efficacia della gestione e dei suoi effetti rispetto agli obiettivi stabiliti. È particolarmente importante georeferenziare i dati, associando ogni evento a una specifica località, poiché una maggiore precisione geografica consente di definire le priorità di intervento in base all’entità e alla distribuzione degli impatti. Ciò consente di pianificare azioni mirate a livello locale, garantendo una gestione più efficace anche in situazioni in cui il personale disponibile sia limitato, come spesso segnalato da Regioni e Province autonome.
Cinghiale: indicazioni specifiche
Considerando l’attuale situazione epidemiologica caratterizzata dalla diffusione della peste suina africana (PSA) nelle regioni del Piemonte e della Liguria, è fondamentale implementare il piano di controllo straordinario in conformità alla strategia di gestione di questa grave malattia adottata dalle autorità sanitarie competenti e alla normativa vigente per il suo controllo ed eradicazione (d.l. n. 9 del 2022, convertito con modificazioni dalla L. n. 29 del 2022). Inoltre, è importante seguire il Documento di indirizzo tecnico Interministeriale sulla peste suina africana (PSA) – Piano di azione nazionale sulla gestione del cinghiale, che fornisce elementi essenziali per la redazione di un piano di gestione. A tal proposito gli obiettivi gestionali sono:
- riduzione degli impatti causati dai cinghiali alle attività antropiche e ai manufatti nonché, più in generale, sulla sicurezza pubblica;
- riduzione degli impatti sulla biodiversità e gli habitat naturali;
- controllo dei rischi di interazione tra selvatici e domestici, e di trasmissione di malattie, negli intorni degli allevamenti;
- incremento rilevante del prelievo in controllo (sino al raggiungimento di quote equiparabili a quelle espresse dal prelievo venatorio).
Cervidi e Bovidi: indicazioni specifiche
I piani regionali di attuazione del piano di controllo straordinario potranno riguardare anche tutte le specie di cervidi e bovidi, ad eccezione di quelle elencate come prioritarie nella direttiva habitat (ad esempio il cervo sardo Cervus elaphus corsicanus e le popolazioni sarde di muflone Ovisaries), facendo riferimento alle indicazioni per le singole specie nel documento «Linee guida per la gestione degli Ungulati. Cervidi e Bovidi.» ISPRA Manuali e Linee Guida 91/2013.
Specie esotiche invasive: indicazioni specifiche
Per quanto riguarda le specie esotiche invasive di mammiferi e uccelli, ai sensi del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 19 gennaio 2015, i piani regionali di attuazione del piano straordinario adotteranno gli obiettivi eradicativi stabiliti dalla normativa che prevede la gestione mirata all’eradicazione o al controllo delle popolazioni (art. 2, comma 2, della legge n. 157 del 1992). Per le specie di rilevanza a livello europeo, gli obiettivi gestionali da perseguire regione per regione sono stati definiti nei piani di gestione nazionali adottati in conformità al decreto legislativo 230/17.
In conclusione, il Piano Straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica rappresenta uno strumento indispensabile per coordinare le attività di gestione della fauna selvatica in tutta la penisola, garantendo il rispetto delle normative nazionali ed europee e promuovendo una gestione efficace e sostenibile della fauna selvatica nel territorio.