Il Sole 24 Ore lunedì. La legge di conversione del Decreto Lavoro (Dl 48/2023) ha apportato alcune rilevanti novità in tema di lavoro a termine e somministrazione di manodopera. La prima novità riguarda le condizioni che fanno insorgere l’obbligo di indicare le cosiddette causali per il caso di rinnovo, la cui disciplina viene assimilata a quella delle proroghe. È utile ricordare che il rinnovo si differenzia dalla proroga per la struttura – il rinnovo interviene dopo la scadenza del precedente contratto, la proroga interviene quando ancora il precedente contratto non è scaduto – e che le due fattispecie erano soggette, prima della recente modifica, a condizioni diverse (per il rinnovo serviva sempre la causale, per la proroga solo al superamento dei 12 mesi).
Con le modifiche apportate dalla legge di conversione, ai rinnovi dei contratti a tempo determinato (sia diretti, sia a scopo di somministrazione), si applica la stessa regola vigente per le proroghe, e quindi la causale diventa necessaria solo al superamento del periodo di 12 mesi di durata complessiva. La legge non è precisa sul criterio di calcolo della soglia dei 12 mesi: un tema non banale, perché nel caso della proroga 12 mesi sono facili da individuare (basta calcolare il periodo intercorso dalla data di inizio del rapporto), mentre per il rinnovo il calcolo non è così scontato.
Può accadere, infatti, che diversi contratti si succedano in un arco temporale ampio, anche di diversi anni: come si calcola, in questi casi, la soglia dei 12 mesi? Se si ipotizzasse un criterio meramente cronologico (12 mesi dal primo rapporto), tutti i rinnovi intervenuti dopo l’anno sarebbe soggetti a causale. Sembra tuttavia ragionevole ritenere che ai fini del raggiungimento dei 12 mesi rilevi solo la somma dei diversi rapporti intrattenuti tra le parti e non il semplice decorso del tempo trascorso dall’inizio del primo contratto.
La seconda novità riguarda i criteri di calcolo dei 12 mesi che fanno insorgere l’obbligo di indicare la causale in caso di proroga o rinnovo. La legge di conversione fissa, a tale riguardo, una regola transitoria che avrà un grande impatto: ai fini del computo dei 12 mesi che determinano l’insorgenza dell’obbligo di indicare la causale, vanno considerati i soli contratti stipulati dal momento di entrata in vigore del Dl 48/2023. Quindi, per tutti i rapporti a termine (anche a scopo di somministrazione) il calcolo della soglia dei 12 mesi deve considerare solo i periodi di lavoro intervenuti dal 5 maggio 2023.
La terza novità riguarda i criteri di computo dei limiti quantitativi della somministrazione di manodopera, che cambiano in due situazioni. Innanzitutto, la legge stabilisce che nel limite quantitativo vigente per il ricorso alla somministrazione di manodopera a tempo indeterminato (20% dell’organico assunto direttamente) non si computano i lavoratori somministrati assunti con contratto di lavoro in apprendistato.
Inoltre, il legislatore precisa che nella soglia di utilizzo della somministrazione a tempo indeterminato non si calcolano i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati che rientrano nelle categorie individuate da un apposito regolamento comunitario (il 651/2014 del 17 giugno 2014) e specificati con decreto del ministro del Lavoro.