Le misure di prevenzione rischiano di essere inefficaci se non saranno accompagnate da una reale riduzione del numero di cinghiali
Con i due nuovi casi di inizio giugno, salgono a 770 le positività alla peste suina africana registrate fra Piemonte e Liguria nei cinghiali selvatici.
Il nuovo episodio ligure è stato rilevato in provincia di Savona, cosa che fa salire a 327 il totale delle segnalazioni in Liguria, mentre il nuovo caso piemontese, dove si contano 443 focolai dalla fine del 2021 a oggi, è stato identificato in provincia di Alessandria.
Lombardia in allarme
Come più volte ricordato da AgroNotizie, la presenza di questo virus nei selvatici desta forti preoccupazioni per l’eventuale estendersi del contagio agli allevamenti di suini.
Un’evenienza che avrebbe effetti catastrofici su tutta la filiera della carne suina.
Ne sono consapevoli in Lombardia, Regione ai primi posti in Italia per numero di allevamenti suini (oltre 2.700), dove è stata emanata dal presidente della Regione, Attilio Fontana, un’ordinanza per la prevenzione e il controllo di questa malattia virale.
I maggiori timori sono segnalati in provincia di Pavia, la più vicina alle zone infette del Piemonte, dove l’Oltrepò pavese è compreso dall’allargamento della zona di restrizione, come previsto dai regolamenti comunitari.
Nei comuni di questa area l’ordinanza prevede un rafforzamento del controllo della popolazione di cinghiali e un intensificarsi della ricerca delle carcasse di questi selvatici da sottoporre a esame.
Fra le attività da potenziare anche il controllo faunistico per ridurre la densità di cinghiali.
La Regione ha stanziato 2,2 milioni di euro che saranno utilizzati anche per la realizzazione di recinzioni a protezione degli allevamenti lombardi.
L’emergenza non è finita
A dispetto delle pur giustificate preoccupazioni per la suinicoltura lombarda e non solo, l’Efsa, l’Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare, ha recentemente diffuso un report dal quale si evince una riduzione dei casi di peste suina africana nei suini dell’Unione Europea.
Nel 2022 i focolai di questa virosi nei suini sono diminuiti del 79%.
In calo anche i casi accertati nei cinghiali, scesi del 40%.
Nonostante questa riduzione, l’Efsa ha deciso di continuare la campagna di sensibilizzazione sulla prevenzione della malattia, invitando allevatori, cacciatori e veterinari a segnalare correttamente ogni caso sospetto.
Segno che l’emergenza è tutt’altro che terminata.
Nuovi focolai
Che non sia il caso di abbassare la guardia, ma anzi di aumentare ogni precauzione lo dimostra il verificarsi di casi di peste suina africana in Calabria e questa volta non sono interessati solo i cinghiali ma anche i suini.
Due focolai sono stati confermati ad Africo, in provincia di Reggio Calabria, dove sono subito scattate le misure previste in questi casi, con l’abbattimento degli animali e l’istituzione delle zone di restrizione e di sorveglianza.
Purtroppo casi di peste suina africana sono stati riscontrati anche in Campania in alcuni cinghiali rinvenuti nel basso salernitano fra i comuni di Sanza e Montesano.
Molte le ipotesi su come il virus sia riuscito a compiere un così ampio tragitto.
Verosimile la tesi che sia stato il comportamento di qualche persona che ha inconsapevolmente veicolato il virus presente in residui di cibo smaltiti in modo scorretto.
Interviene Bruxelles
Nel frattempo la Commissione Europea, di fronte a questi episodi della malattia, ha formalizzato una Decisione di Esecuzione (Gazzetta Europea del 22 maggio) con la quale sono istituite come zone infette 26 comuni della provincia di Reggio Calabria, compresa quest’ultima.
Misure che resteranno in vigore almeno sino al 12 agosto, sperando non si presentino nuovi episodi.
Pur non essendo una zona a particolare vocazione suinicola, il danno per le realtà zootecniche presenti è comunque notevole.
Ma è soprattutto l’allargarsi delle zone infette e delle regioni coinvolte che dovrebbe invitare a dare impulso a ogni attività di prevenzione.
Quanto fatto fino a ora non è stato sufficiente.