Chi raggiunge i requisiti per la pensione anticipata flessibile, meglio conosciuta come “quota 103”, può scegliere di non chiedere la pensione e di proseguire il lavoro. A questa scelta ne consegue un’altra: continuare a versare gli interi contributi a proprio carico, e quindi tutto procede come sempre, oppure chiederne l’esonero, mettendo in busta paga la somma equivalente. Così stabilisce la legge 26/2023 e così conferma il Ministero del lavoro, che detta le relative regole di procedura. In parole povere è un sistema per disincentivare la corsa alla pensione anticipata, dando lo zuccherino di un aumento retributivo extra.
Si tratta di due provvedimenti che si intersecano e che è bene chiarire uno alla volta.
A) Quest’anno per la pensione quota 103 occorre avere 62 anni di età e 41 di contributi, requisiti da raggiungere entro il 31 dicembre 2023. In sostanza la pensione è rivolta a chi è nato al massimo entro l’anno 1961.
Per raggiungere quota 41 è possibile cumulare i contributi versati in diversi fondi pensione, compreso quello dei parasubordinati. Restano fuori dal cumulo solo i versamenti fatti alle casse professionali (avvocati, geometri, medici, ingegneri, ecc.)
Ma la rata mensile lorda non può superare cinque volte la pensione minima, vale a dire 2.818,65 euro (cinque volte la pensione minima). Questo fino al compimento dei 67 anni d’età. Poi ci sarà il diritto alla pensione di vecchiaia con il ricalcolo delle rate (che acquisiranno le rivalutazioni annuali nel frattempo intervenute) e, per taluni, l’eliminazione del tetto.
Restano sempre in vigore le finestre di attesa per riscuotere materialmente: 3 mesi per dipendenti privati, 6 mesi per i pubblici.
B) Una volta raggiunti i requisiti, chi desidera continuare a lavorare può rinunciare all’accredito contributivo della quota dei contributi a proprio carico relativi all’ Inps o a forme sostitutive ed esclusive. Il datore di lavoro blocca il prelievo dei contributi a carico del lavoratore e versa solo quelli a proprio carico.
4. L’importo dei contributi non versati e’ interamente corrisposto al lavoratore. Se l’assicurazione è quella Inps si tratta del 9,19% della retribuzione (il contributo complessivo è il 33%, la differenza è a carico dell’azienda). Attenzione però: le somme corrisposte in più al lavoratore sono soggette a prelievo fiscali ma ovviamente non ai fini contributivi. E’ importante tenere conto di ciò, perché di fatto in tasca entrerà una cifra inferiore.
L’esonero vale dal momento in cui il lavoratore ne fa richiesta e per tutti i periodi, fino al raggiungimento di una pensione diretta o di vecchiaia. Al verificarsi di tale situazione cessa l’esonero: il datore di lavoro riprende ad applicare la quota contributiva del lavoratore (sempreché questi non decida di andare in pensione definitiva) e quindi a cessare di pagare l’extra. Ovviamente la scelta di non pagare i contributi è sempre revocabile: in caso di ripensamento dell’interessato il datore di lavoro riprenderà ad applicare la quota contributiva dal mese successivo.
Dal punto di vista gestionale l’operazione si snoda attraverso i seguenti punti: a) il lavoratore che intende avvalersi dell’incentivo al posticipo del pensionamento ne dà comunicazione all’Inps; 2) l’ente entro 30 giorni provvede a certificare al lavoratore il raggiungimento dei requisiti minimi pensionistici per l’accesso a quota 103; 3) in contemporanea ne dà comunicazione anche al datore di lavoro; 4) in caso di variazione nel frattempo del datore di lavoro, la scelta di avvalersi dell’incentivo viene automaticamente applicata e l’Inps ne dà comunicazione al nuovo datore di lavoro.
La Stampa