Si doveva partire lunedì scorso nell’Usl 4 del Veneto orientale, per poi proseguire nelle altre aziende sanitarie e ospedaliere venete. Ma la Regione ha deciso di ripensarci, vista la bufera, politica e mediatica, che nel frattempo si è scatenata. E ieri, nella riunione tra i direttori delle Unità operative complesse dell’Usl 4, è arrivata la nuova indicazione: tutto fermo, in attesa della decisione definitiva.
Almeno per ora, quindi, niente overbooking nel campo delle liste d’attesa, per recuperare le centinaia di migliaia di prestazioni sanitarie che aspettano di essere erogate: 234.952 quelle in “galleggiamento”, tra tutte le aziende sanitarie e ospedaliere del Veneto. Non è ancora un dietrofront, ma una pausa presa dalla Regione per riflettere sull’opportunità del provvedimento. Un provvedimento che introduceva nel campo sanitario il sistema dell’overbooking, diffuso tra i voli aerei. In poche parole, significava questo: estendere le prenotazioni con priorità B (le più urgenti, da eseguire entro 10 giorni dalla prescrizione), accettabili in un arco orario oltre il numero di quelle effettivamente eseguibili.
L’indicazione era chiara, messa nero su bianco il 5 maggio scorso in una circolare firmata dalla direttrice sanitaria dell’Usl 4 Francesca Ciraolo e indirizzata a tutti i direttori delle Unità operative complesse della stessa azienda sanitaria. “Il rispetto dei tempi di attesa delle attività di specialistica ambulatoriale è il principale obiettivo regionale e aziendale per l’anno in corso” le premessa, “Tra le azioni individuate dalla Regione vi è l’azzeramento stabile delle liste d’attesa a partire dalle prestazioni con classe di priorità B (79.882 quelle ancora “in galleggiamento”, ndr). A tal fine, con la presente, si chiede di individuare specifici slot orari da utilizzare in “overbooking strutturato”, nei quali poter inserire le prestazioni che non trovano disponibilità nell’attuale configurazione della vostra offerta ambulatoriale”.
Il fenomeno dell’esplosione delle liste d’attesa ha diverse spiegazioni. Ci sono stati gli anni della pandemia, che hanno visto una conversione quasi totale della nostra sanità, dedicata per larghissima parte al Covid. Ci sono i grossi deficit di personale, medico e infermieristico. Gli effetti sono evidenti, nei nostri ospedali: 21.082 prime visite oculistiche in attesa di essere erogate, 19.801 prime visite dermatologiche, 13.189 prime visite ortopediche, per citare le branche in maggiore sofferenza.
Intanto, lunedì la dirigenza regionale dell’area Sanità (esclusi l’assessora Lanzarin e il direttore generale Annicchiarico) si è riunita con le sigle sindacali mediche. Un incontro per discutere del report sullo stato della contrattazione integrativa. Nessuna aggiunta all’ordine del giorno, nonostante la richiesta dei medici di discutere anche dell’overbooking. “Ma la Regione ci ha assicurato che è solo questione di tempo, sarà il tema del prossimo incontro. Non ne abbiamo parlato, anche perché erano assenti Lanzarin e Annicchiarico” spiega Giovanni Leoni, segretario veneto di Cimo, “In ogni caso, il direttore delle risorse umane Claudio Costa ha aperto alla possibilità di inserire dei pacchetti prestazionali aggiuntivi per i medici ospedalieri. Ipotesi, peraltro, su cui insistiamo da tempo”. Ed è sempre il segretario di Cimo, vicepresidente nazionale dell’Ordine dei medici, a sollevare un’altra questione: “A fronte degli 8 mila medici specialisti, dipendenti della sanità pubblica veneta, i 1.069 convenzionati lavorano mediamente 16 ore a settimana, sulle 38 possibili. Basterebbe aumentare le ore di servizio, per ricavare molte più prestazioni. Se invece la Regione vuole appaltare le visite ai privati, lo dica apertamente”.
La Nuova Venezia