Il Sole 24 Ore, Gianni Trovati. I dipendenti stabili della Pubblica amministrazione sono al minimo dal 2001: l’ultimo censimento ne conta 2.932.529 mentre crescono a 437mila, con un balzo di 22mila in 12 mesi, quelli con contratti a termine. Ma il motore non è nel Pnrr: è nella scuola, dove i 297mila precari rappresentano il 30% del persone del comparto e il 68% dei contratti a termine nella Pa, e nella sanità (63mila), dove è finita l’emergenza ufficiale del Covid ma non quella reale degli organici.
Nonostante la pioggia di interventi dedicata al «rafforzamento amministrativo» nel tentativo di affrontare con successo il Recovery, l’indagine annuale Fpa sul lavoro pubblico presentata ieri all’apertura del Forum Pa non trova nei numeri ragioni per cambiare tono rispetto agli allarmi crescenti degli ultimi anni. Perché è vero che in totale il numero dei dipendenti pubblici, 3.266.180, è il più alto dell’ultimo decennio, ma tolto l’effetto ottico prodotto dai precari di sanità e scuola la flessione continua e riporta appunto gli organici stabili ai livelli del 2001. Un contributo forte in questo crollo arriva dai Comuni che, come ricordato dal presidente Ifel Pierciro Galeone, hanno perso fra 2007 e 2021 il 28,4% dei dipendenti. Il tutto in un Paese che non ha spazi di bilancio per far crescere la spesa (e al momento nemmeno per rinnovare i contratti scaduti a fine 2021), ma che occupa ormai stabilmente le ultime posizioni fra i grandi d’Europa nel numero dei dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione (5,5 ogni 100 abitanti, sono 6,1 in Germania, 7,3 in Spagna, 8,1 in Uk e 8,3 in Francia) o al totale degli occupati (il 14% italiano si confronta con il 16,9% del Regno Unito, il 17,2% della Spagna e il 19,2% della Francia).
«Fra 2010 e 2020 la Pubblica amministrazione è stata desertificata e ha perso 300mila persone», ha detto il ministro per la Pa Paolo Zangrillo, ma «ora le assunzioni sono ripartite e puntiamo quest’anno a 170mila ingressi». L’invecchiamento del personale (il 36,7% dei dipendenti ha più di 55 anni) pone un problema in più, perché impone di tenere un ritmo di pensionamenti da un milione di impiegati pubblici in 10 anni. Sperando di trovare nuove leve interessate a sostituirli.
Per farlo il governo tenta fra le altre cose l’estensione dei contratti di apprendistato e di formazione e lavoro, ma a pesare è anche l’immagine di una Pa che paga poco e non offre prospettive di carriera. Per contrastarla, il presidente dell’Aran Antonio Naddeo ha anticipato alcuni dati che saranno contenuti nel prossimo Rapporto dell’agenzia sulle retribuzioni. In sintesi: in media i funzionari pubblici hanno uno stipendio da 31.766 euro lordi, cioè 930 euro in più dei 30.836 medi degli impiegati privati «con mansioni sovrapponibili». Il quadro insomma è migliorabile, soprattutto sul terreno delle carriere e delle componenti non retributive come welfare aziendale e conciliazione vita-lavoro, ma meno sconfortante di quanto spesso appaia.