Dopo la pasta, il caro latte. A lanciare l’allarme sono ancora una volta i consumatori che segnalano anche in questo settore un aumento vertiginoso dei prezzi e tornano a chiamare in causa il ministero delle Imprese e del Made in Italy e Mister prezzi. In base all’ultimo dato Istat sull’inflazione, la voce “latte, formaggi e uova”, segnala Assoutenti, registra un aumento medio dei prezzi del 19,6% su base annua, equivalente ad una maggiore spesa per una famiglia di 4 persone pari a 194 euro all’anno.
In dettaglio il latte fresco intero è salito del 18,8%, quello fresco parzialmente scremato del 22,6%, il latte conservato addirittura del 34,6%. E poi ci sono yogurt, formaggi freschi e stagionati, con lo yogurt che ha fatto un balzo del 20%, i formaggi freschi ed i latticini del 26,9% ed i formaggi fusi del 28,9%, solo i formaggi stagionati hanno una dinamica più contenuta mettendo a segno un rialzo dell’8,9%.
Poi c’è un caso particolare, che segnala Assoutenti, quello del pecorino romano come emerge anche dai dati dell’Ismea. I prezzi all’ingrosso di questo prodotto (secondo la Cciaa Milano) ad aprile si attestano su una media di 14,05 euro al chilo, con un incremento del 31% rispetto allo stesso periodo del 2022. Al dettaglio, considerate le principali catene di supermercati operanti in Italia, il prezzo medio rilevato dall’associazione varia tra i 26 e i 29 euro al chilo, ma può superare in alcuni punti vendita i 33 euro. Più bassi i prezzi nei discount (circa 23 euro).
«Il forte aumento dei prezzi di formaggi e latticini è un allarme da non sottovalutare – spiega il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi –. Latte, yogurt, mozzarelle e prodotti lattiero-caseari vari sono immancabili sulle tavole degli italiani, e incrementi così forti dei listini al dettaglio inevitabilmente modificano le abitudini delle famiglie, spingendole a rinunciare alla qualità in favore del prezzo, o addirittura costringendole a tagliare i consumi con un effetto domino su tutta la filiera italiana e danni per allevatori e made in Italy». Per questo Truzzi è convinto che sia «necessario accendere un faro sul mercato italiano dei latticini, attraverso l’ausilio del Mimit e di Mister Prezzi, per capire le cause dei rincari dei prezzi che in questo settore che proseguono da oltre un anno e che potrebbero essere alimentati da fenomeni speculativi che nulla hanno a che vedere con i listini delle materie prime e la guerra in Ucraina».
«In questa fase siamo tutti molto attenti alle esigenze dei consumatori, il problema è che l’anno scorso e nei primi tre mesi di quest’anno abbiamo vissuto uno tsunami legato alla crisi dell’energia che tutti conosciamo che ha lasciato il segno», spiega Massimo Forino, direttore di Assolatte, l’associazione che raggruppa tutte le industrie del comparto lattiero-caseario italiani. «Il prezzo del latte alla stalla – aggiunge – è passato da 38 centesimi al 58 centesimi in sei mesi e il latte incide per il 70-80% sui nostri costi di produzione. A questo poi si sono aggiunti gli aumenti di gas, elettricità, benzina, gasolio, plastica e imballaggi. Inevitabile per le imprese trasferire parte di questi aumenti sui prezzi al consumo, perché altrimenti non sarebbero riuscite a restare in piedi, a garantire le forniture e la qualità dei nostri prodotti, che per questo sono famosi nel mondo, e a riconoscere agli allevatori quanto chiedano». Forino non nega che gli aumenti ci siano stati e che «siano stati percentualmente importanti, però dal punto di vista assoluto – non contesto i numeri di Assoutenti, perché sommandoli tutti so bene che tante famiglie faticano ad arrivare a fine mese – parliamo di cifre contenute. Per comprare latte, burro, formaggio e yogurt l’italiano medio spendeva 80 centesimi al giorno, per rifornirsi di quello che è uno degli alimenti di base della dieta; per cui pur a fronte di aumenti importanti, anche se si è cercato di limitarli allo stretto indispensabile, si parla di 20-25 centesimi in più al giorno. Questi sono i valori in campo. Rispetto all’aumento di costi che hanno dovuto sopportare le imprese per tutti gli aumenti in termini di spesa mensile delle famiglie ha inciso relativamente. Poi certo questo si somma al resto…». Ovviamente, il tutto si è riflesso sui consumi, che anche per Assolatte hanno fatto segnare una leggera contrazione. «A fronte degli aumenti complessivi che le famiglie hanno sopportato, anche nell’alimentare si registra una contrazione dei consumi domestici. Che in realtà – conclude Forino – per noi sono in parte bilanciati con l’aumento dei consumi fuori casa, perché dopo il lockdown la gente per fortuna ha ripreso ad uscire ed ha voglia di mangiare fuori».
La Stampa