Secondo lo studio “The Changing Dynamics of Highly Pathogenic Avian Influenza H5N1: Next Steps for Management & Science in North America”, in via di stampa su Conservation Biology «La nuova influenza aviaria richiede una risposta coordinata urgente». Il team di ricercatori guidato dall’università del Maryland (UMD) che ha monitorato l’arrivo e la progressione di un’influenza aviaria mortale in Nord America ha detto che «Rallentare la sua diffusione richiede livelli senza precedenti di coordinamento su scala regionale e nazionale».
Il team ha anche riscontrato un passaggio dalle infezioni stagionali a quelle che colpiscono tutto l’anno e un impatto molto maggiore sugli uccelli selvatici, il che suggerisce che «L’H5N1 diventerà probabilmente endemico, ponendo potenzialmente rischi per la sicurezza alimentare e l’economia».
Una delle autrici dello studio, Jennifer Mullinax del Department of environmental science and technology dell’UMD, evidenzia che «Nell’industria avicola abbiamo avuto a che fare con l’influenza aviaria a bassa patogenicità per decenni, ma questo è diverso. La malattia a bassa patogenicità è meno contagiosa e più facile da contenere rispetto alla varietà altamente patogena. Questo virus ad alta patogenicità sta spazzando via tutto in numeri che non abbiamo mai visto prima. Questo studio illustra quanto questo sia senza precedenti e descrive quel che pensiamo stia arrivando. E’ davvero una chiamata alle armi che dice che non possiamo permetterci di affrontare questo problema dalle nostre torri individuali. Le agenzie federali, le agenzie statali, il settore agricolo e la gestione della fauna selvatica: dovremo affrontarlo tutti insieme, perché non possiamo permetterci di non farlo».
Le conclusioni del team si basano su un’analisi di 5 diverse fonti di dati che forniscono informazioni sull’incidenza dell’influenza aviaria ad alta patogenicità negli uccelli selvatici e nel pollame, concentrandosi su Stati Uniti e Canada, e su un database globale che va dal 2014 all’inizio del 2023. I dati mostrano la progressione dell’H5N1 mentre si diffondeva dall’Eurasia agli Usa, dove è stato documentato per la prima volta alla fine del 2021. Entro ottobre 2022, la malattia aveva provocato 31 episodi segnalati di morti di massa di uccelli selvatici, con in totale circa 33.504 decessi di uccelli selvatici negli Usa e in Canada. Inoltre, il virus ha infettato più di 58 milioni di capi di pollame domestico che hanno dovuto essere abbattuti per limitare la diffusione dell’infezione negli Usa; in Canada sono stati raggiunti i 7 milioni di capi.
Nel 2015, negli Usa un’epidemia di H5N8 altamente patogeno aveva portato all’abbattimento di 50 milioni di uccelli allevati. Ma la malattia venne eradicata in Nord America in quello o stesso anno, in gran parte perché non aveva avuto un grave impatto sugli uccelli selvatici, il che rese relativamente facile il suo contenimento attraverso l’abbattimento del pollame. Ma, come evidenzia la principale autrice del nuovo studio, Johanna Harvey dell’UMD, l’H5N1 pone nuove sfide: «A differenza dell’H5N8, questa malattia ha un forte impatto sugli uccelli selvatici. E’ difficile stimare quanti uccelli siano veramente colpiti tra le popolazioni selvatiche, ma stiamo assistendo a drammatici impatti della malattia nei rapaci, negli uccelli marini e negli uccelli coloniali nidificanti. E ora abbiamo la più alta quantità di perdite di pollame per influenza aviaria, quindi questo è lo scenario peggiore».
I dati rivelano anche un passaggio da una malattia stagionale a una malattia che colpisce tutto l’anno: «I precedenti focolai di influenza aviaria, sia virus a bassa patogenicità endemico negli Stati Uniti o l’H5N8 altamente patogeno nel 2015, si sono verificati in genere in autunno – spiegano i ricercatori – il che significava che gli agricoltori potevano prepararsi per epidemie stagionali, abbattere gli uccelli allevati per fermare la diffusione della malattia e avere quasi un anno intero per recuperare le perdite. Ma questo nuovo virus appare duraturo per tutto l’anno.
I coautori dello studio, che includono anche Michael Runge e Diann Prosser del Disease Decision Analysis Research Group dell’Eastern Ecological Science Center dell’US Geological Survey, sanno bene che dichiarare una malattia endemica è un processo complicato, ma sono convinti che gli Usa probabilmente seguiranno i modelli attuati in Europa, dove l’influenza aviaria altamente patogena viene già trattata come una malattia endemica piuttosto che qualcosa che può essere eradicato.
Il team di ricerca raccomanda un approccio gestionale basato sul metodo Structured Decision-Making, che segue un processo specifico di identificazione e di riunire scienziati interessati a un problema specifico, distinguendo l’ignoto dai fattori noti e stabilendo obiettivi e azioni misurabili con risultati quantificabili. Il processo è molto simile ad affrontare una pandemia umana. La Mullinax sottolinea che «Una buona scienza delle decisioni è ciò che si fa quando non si sa cosa succederà dopo. Questo per gli uccelli nordamericani è un nuovo virus, quindi nessuno sa se il loro sistema immunitario si adatterà, o quanto tempo ci vorrà, o come sarà. Dove indirizziamo i nostri fondi per ottenere il massimo beneficio? In un vaccino? Come lo tracciamo negli uccelli selvatici? Testiamo l’acqua o il terreno? Quali sono i fattori scatenanti per le diverse azioni e come misuriamo se ci stiamo riuscendo? Queste decisioni devono essere prese a più livelli».
Lo studio delinea esempi di potenziali fattori scatenanti per agire, identificando i responsabili decisionali pertinenti necessari per coordinare una risposta e alcune delle problematiche che possono sorgere. I ricercatori sperano che il loro lavoro porterà politici, amministratori e scienziati a mettersi al tavolo per prendere urgentemente in considerazione i prossimi passi da fare per contrastare un’epidemia che è già devastante.
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