In questi ultimi giorni i mezzi di informazione hanno riferito della comparsa di una nuova variante di SARS-CoV-2, denominata “Arturo”. Si tratta di un ibrido, XBB1.1.16, che deriva dal mix di due precedenti varianti e che presenta tre mutazioni aggiuntive nella proteina spike. Anche Arturo, come le precedenti varianti: Cerberus, Centaurus, Gryfon, Kraken, appartiene al cosiddetto “sciame” di Omicron che conta oltre 600 sotto varianti, ovviamente non tutte aventi lo stesso impatto epidemiologico. La variante Arturo è stata ad oggi segnalata in 22 paesi, tra cui recentemente anche in Italia, ma è soprattutto prevalente in India dove ha causato un aumento dei contagi e dei ricoveri. Al momento, non ci sono elementi che indicano una maggiore infettività o gravità legata a questo tipo di variante. Dal punto di vista clinico, la variante Arturo sembra causare, soprattutto nei pazienti di età pediatrica, in aggiunta ai classici sintomi tipici di una infezione respiratoria, la congiuntivite. Anche se al momento questa variante non sembra destare la stessa preoccupazione che ha caratterizzato in passato la comparsa delle precedenti, andrà attentamente monitorata, soprattutto in relazione alla capacità o meno di eludere la protezione vaccinale.
Sequenze
In questa ottica, è importante effettuare il tracciamento delle varianti di SARS-CoV-2, come chiaramente emerge in una recente pubblicazione (Bas B. Oude Munnink & Marion Koopmans) che sottolinea come ben 14 milioni di sequenze sono state condivise sulla piattaforma GISAID al 19 dicembre 2022 e come sia necessario anche ampliare le fonti da cui attingere le informazioni per poter monitorare, in modo sempre più preciso e puntuale, l’emergere di nuove varianti, la loro eventuale diffusione per poter precocemente attuare misure di contenimento. Una revisione sistematica degli articoli scientifici aventi come argomento COVID-19, inizialmente presenti sulle piattaforme, ma che non sono giunte successivamente a pubblicazione (Zainab Syed e altri), si è focalizzata su 140 di essi, per i quali sono state riportate le citazioni da parte di altri articoli e le visioni on-line. È emerso che, nonostante non fossero stati ancora pubblicati, c’è stato un consistente numero di citazioni di questi articoli e per questo motivo è essenziale che grande attenzione venga posta per impedire la diffusione di informazioni, spesso preliminari, che potrebbero essere non del tutto corrette, derivando da osservazioni che non sono giunte ad una definitiva pubblicazione. L’impatto di COVID-19 sulla morbidità (frequenza di malattia) e mortalità delle donne in gravidanza negli Stati Uniti, è stato oggetto di una ricerca (Koji Matsuo e altri) che ha dimostrato come, su oltre 2 milioni e mezzo di soggetti analizzati, l’infezione da COVID-19, presente al momento del parto, era in grado di determinare una più grave malattia nelle madri (morbidità) ed anche la mortalità era maggiore. Questo duplice rischio era più evidente in particolari situazioni, come nei soggetti di etnia nera ed ispanica, aventi un basso reddito, con obesità e presenza di co-morbidità od essendo dei “senza-tetto”.
Efficacia dei vaccini
L’efficacia dei vaccini COVID-19 in America Latina, valutata nell’anno 2020, ha dimostrato che la vaccinazione primaria eseguita con diversi di essi (Pfizer, AstraZeneca, Sputnik, CoronaVac, Johnson & Johnson), risultava essere in generale efficace nel prevenire l’ospedalizzazione e la mortalità, anche se sussistevano differenze a seconda del tipo di vaccino impiegato e declinava con l’avanzare dell’età (Rebecca Kahn e altri).Uno studio (Christopher A. Martin e altri) ha analizzato le differenze nella risposta cellulare ed umorale alla vaccinazione anti COVID-19 negli operatori sanitari del Regno Unito. La ricerca, condotta dal 3 marzo al 16 settembre 2021, ha valutato il titolo anticorpale e la capacità neutralizzante degli anticorpi specifici anti SARS-CoV-2 ed ha dimostrato che le risposte umorali e cellulari alla vaccinazione risultavano essere maggiori negli operatori sanitari che provenivano dal Sud dell’Asia, rispetto alla popolazione bianca. Queste differenze erano maggiormente visibili nel periodo immediatamente successivo alla vaccinazione.
Differenze
In tutti i casi, dai risultati emerge chiara la necessità di compiere ulteriori ricerche per comprendere meglio il perché di queste differenze. È stato condotto uno studio di coorte (Erica A. Voss e altri) basato sull’analisi delle cartelle elettroniche e dei dati forniti dalle assicurazioni, che è iniziato il 1 gennaio 2017 e che è terminato, in base alla tipologia dei database, o nel luglio 2020 o nel maggio 2022. Ai fini della ricerca, si sono considerati 16 eventi avversi di particolare interesse rappresentati tra gli altri da: infarto miocardico, anafilassi, paralisi nervosa di Bell, trombosi venosa profonda, encefalomielite, sindrome Guillain-Barrè. I risultati indicano che questi eventi avversi erano maggiori a seguito della comparsa di COVID-19 rispetto a quanto osservato nella popolazione generale ed in particolare, gli eventi tromboembolici risultavano essere 10 volte maggiori. Va sottolineato che questi eventi non erano necessariamente associati alla vaccinazione, ma erano spesso la conseguenza della malattia COVID-19. Anche in questo caso sono necessari ulteriori studi per meglio definire il reale impatto della vaccinazione sull’effettiva comparsa di questi eventi.
Prevenzione
L’impatto della vaccinazione anti COVID-19 nel prevenire la trasmissione familiare di SARS-CoV-2, è stata studiata nell’ambito dello studio SPECTRA condotto nelle Filippine (Birkneh Tilahun Tadesse e altri). Questa ricerca, di tipo prospettico, ha dimostrato come il vaccino SCB-2019 sia in grado di ridurre la trasmissione intra-familiare del virus e questo indipendentemente dalla presenza o meno di sintomi nei soggetti infetti. La ricerca sui vaccini mucosali (Jane M. Knisely e altri) è stata oggetto di una pubblicazione che ha indicato, per ciascuno di essi, la fase sperimentale nella quale si trova, le caratteristiche specifiche ed i risultati fino ad ora ottenuti. È importante ricordare come la possibile disponibilità in futuro di questo tipo di vaccino (eventualmente associato a quello somministrato per via sistemica), possa generare quell’immunità efficace nel ridurre/bloccare anche la trasmissione del virus, che non è possibile con i vaccini attualmente disponibili. Rimanendo sempre nello stesso ambito, la sperimentazione di un vaccino intra-nasale, avente come vettore il virus dell’influenza somministrato a topi e a criceti, è stato in grado di indurre un’efficace risposta protettiva con alti livelli anticorpali neutralizzanti e con una significativa risposta dei linfociti T. Questo tipo di immunità si è tradotta in un blocco della replicazione di SARS-CoV-2 a livello delle alte vie respiratorie di questi animali, quando hanno ricevuto l’inoculo virale infettante (Shaofeng Deng e altri).
Mutazioni
Sono state descritte una serie di mutazioni presenti nelle sotto varianti di SARS-CoV-2 Omicron che conferiscono la resistenza al farmaco antivirale nirmatrelvir (paxlovid), che oggi viene ampiamente utilizzato nelle persone ammalate a rischio di sviluppare forme gravi. La presenza di queste mutazioni attualmente non sembra avere un grande impatto clinico, ma potrebbe essere pericolosa in futuro e per questo è necessario condurre ulteriori studi al fine di poter disporre di nuovi farmaci antivirali in grado di essere somministrati in associazione come cocktail terapeutici per ridurre l’insorgenza delle resistenze (Srijan Chatterjee e altri). Sempre in riferimento alle varianti di SARS-CoV-2 resistenti ai farmaci inibitori delle proteasi virali (qual è il paxlovid), si segnala la possibilità di trasmissione di questi ceppi, la cui segnalazione nelle banche dati risulta essere antecedente alla somministrazione del farmaco stesso (Seyed Arad Moghadasi e altri).
Terapia standard
L’efficacia e la sicurezza del farmaco Anakinra, in aggiunta alla terapia standard somministrata a 179 pazienti affetti da COVID-19 grave non ha impedito, in pazienti ospedalizzati con grave polmonite, la necessità della ventilazione meccanica o ridotto il rischio di mortalità rispetto alla somministrazione della sola terapia standard (Patricia Fanlo e altri). L’annunciata fine dell’emergenza pandemica negli Stati Uniti nel prossimo mese di maggio, fa prevedere una ripresa importante dei viaggi internazionali, il che inevitabilmente aumenterà il numero di pazienti con malaria importata. Per questo motivo viene sottolineato in questo articolo (Jonathan S Schultz e altri) la necessità di disporre in anticipo, da parte degli ospedale e delle farmacie, di adeguati farmaci antimalarici come l’artemether-lumefantrina per la malaria non complicata e l’artesunato per via endovenosa per il trattamento della malaria grave. Sono state identificate tre proteine che, se presenti nella fase iniziale dall’infezione di SARS-CoV-2, permettono di prevedere quali pazienti potranno presentare un decorso lieve o moderato di malattia e quali una forma grave di malattia. L’identificazione di queste tre proteine può rivelarsi utile per mettere in atto precocemente misure idonee a prevenire l’aggravamento della malattia (Katrin Hufnagel e altri).
ROBERTO CAUDA – LA STAMPA