Repubblica. Ministro Zangrillo, la Commissione Ue è stata chiara: dovete inviare la revisione del Pnrr prima possibile. Quando lo farete?
«A nessuno, nel governo, sfugge che il Pnrr è un’opportunità irrinunciabile. Non è finalizzata solamente a dare sviluppo al Paese, ma anche a confermare che siamo un Paese serio e responsabile, capace di rispettare gli impegni».
A Bruxelles, però, aspettano ancora le carte.
«Ci siamo impegnati a concludere la fase di rivisitazione del Piano entro la fine del mese. Mancano due settimane, siamo al redde rationem finale. L’obiettivo è di rispettare l’impegno preso e chiudere tra dieci giorni. In ogni caso non mi preoccuperei di qualche giorno in più o in meno, ma di un risultato che sia figlio di un’analisi seria».
Veniamo all’analisi. Come pensate di aggiustare il Pnrr?
«Mi lasci sottolineare che il contesto è profondamente cambiato rispetto a quando il Piano è stato ideato. Se da un lato questo governo non deve cadere nella tentazione di fare lo scaricabarile sui governi che ci hanno preceduto, dall’altra qualcun altro deve evitare di fare lo scaricabarile su di noi. Quando il Pnrr è stato scritto non c’erano la guerra in Ucraina e l’inflazione a doppia cifra. Per questo abbiamo convenuto di ripensare la governance, per una sorveglianza più stretta, e di fare un’analisi puntuale sull’effettiva realizzabilità di quanto era previsto nel Piano che abbiamo ereditato».
Nel dibattito, però, sfugge la portata della rivisitazione del Piano. Quali progetti salteranno?
«Il lavoro dei singoli ministeri è ancora in corso, ma voglio insistere su un concetto: non si tratta di fare un’operazione verità, ma di predisporre un Piano credibile, con basi solide, perché alcuni progetti non sono più realizzabili, mentre altri lo sono ancora, ma con tempistiche differenti. Stiamo valutando, in accordo con l’Unione Europea, l’opportunità di spostare alcune opere sui fondi per la coesione, che hanno tempi più dilatati rispetto al Pnrr».
Lei che modifiche ha proposto per il suo ministero?
«Nessuna, anzi, stiamo valutando l’opportunità di accelerare sulle semplificazioni. Entro il 2026 dobbiamo semplificare 600 procedure amministrative, con un primo target di 200 al 2024.
Confermiamo gli obiettivi di quest’anno e ho dato mandato al mio team di anticipare a quest’anno leprocedure di semplificazione dell’anno prossimo. Con il decreto Pnrr ne abbiamo portate a termine circa cinquanta. È chiaro che senza semplificazioni non diamo velocità al rapporto tra la Pubblica amministrazione da una parte e le imprese e gli enti locali dall’altra».
Avete potenziato le strutture dei ministeri con nuove assunzioni. Ora come rilancerete l’attuazione del Piano?
«Con l’ultimo decreto Pa abbiamo autorizzato circa tremila assunzioni, di cui un migliaio proprio per dare sostegno alle amministrazioni che sono anche enti attuatori del Pnrr.
Una delle criticità che mi hanno evidenziato gli enti territoriali, soprattutto nelle ultime settimane, è stata la modalità di assunzione a tempo determinato, che costituisce un elemento di scarsa attrattività. Per questo ho voluto fortemente una norma per stabilizzare chi è stato assunto, con procedura selettiva, con un contratto a termine: se ha maturato 36 mesi di lavoro nella Pubblica amministrazione e riceverà una valutazione positiva, allora potrà essere stabilizzato dalle amministrazioni che l’hanno assunto».
Basta stabilizzare per garantire più efficienza alla macchina?
«Voglio ricordare che veniamo da una stagione drammatica: in dieci anni, dal 2010 al 2020, abbiamo perso 300 mila unità, soprattutto con il blocco del turnover. Inoltre l’età media dei lavoratori è passata da 44 a 50 anni».
Pensate a nuove assunzioni?
«Quest’anno, tra sostituzioni diturnover e assunzioni, faremo entrare quasi 170 mila persone nella Pa. Inoltre, stiamo pensando anche di rivedere la gestione dei concorsi, per renderli ancora più snelli».
A che punto è il reclutamento dei tecnici per il Pnrr? Ingegneri, architetti e altri professionisti che devono aiutare i Comuni a portare avanti i progetti. Al Sud si contano ancora migliaia di posti vacanti.
«Dei circa 170 mila che assumeremo quest’anno, 157 mila sono sostituzioni di turnover, mentre il restante sono nuove assunzioni che riguardano anche questi professionisti. Stiamo procedendo speditamente all’inserimento di nuove risorse al Sud come al Nord. La Pubblica amministrazione è una macchina che si muove ad alta velocità solo se tutti gli ingranaggi funzionano allo stesso modo. Non c’è un Nord e un Sud, ma una sola amministrazione».
Lei ha detto che “il posto fisso è meglio lasciarlo a Checco Zalone e che i giovani devono puntare a un lavoro figo”. I sindacati le hanno risposto che servono “risorse congrue”. Come si rende “figo” un posto di lavoro?
«Reiterare una narrazione secondo cui l’unica attrazione della Pa è il posto fisso significa condannarla a essere vissuta come un’organizzazione di serie B. Non credo che i giovani, quando cercano un posto di lavoro, si concentrino solo sulla stabilità del posto, che è una cosa importante. Ma il mondo è cambiato rispetto a dieci anni fa: se vogliamo rendere il nostro Paese attrattivo non possiamo reiterare un’offerta lavorativa che trova il suo vero valore nella stabilità del posto».
Nel Def avete inserito i rinnovi contrattuali, ma i soldi non ci sono.
Quante risorse pensate di recuperare in vista della manovra?
«Mi sono battuto per far sì che all’interno del Def venisse indicato un impegno ai rinnovi contrattuali. È chiaro che per uno come me, che fa il ministro della Pa, una delle aspirazioni massime è che ci siano risorse per avviare i rinnovi. Ma non dimentico che il governo ha la responsabilità di non scassare i conti dello Stato: il debito pubblico è tra i più alti al mondo e il ciclo economico non è particolarmente virtuoso. Con il ministero dell’Economia vedremo di capire che spazio si può aprire».
Quanti miliardi pensate di recuperare?
«Ho letto che servirebbero 32 miliardi, ma così dovremo fare una manovra solo per quelli. Le sembra credibile? Se il ciclo economico andrà migliorando, come i segnali attuali ci fanno ritenere, sarà più agevole reperire le risorse per avviare il processo dei rinnovi».