La stampa. Una coppia di ricercatori turchi e cofondatori in Germania di BioNTech, aveva detto nell’ottobre del 2022 che sarebbe stato entro il 2030. In un’intervista a gennaio, i due scienziati che hanno collaborato con Pfizer alla produzione del vaccino contro il Covid, si erano corretti, precisando: «Probabilmente sarà anche prima». Tre giorni fa, Paul Burton, direttore sanitario di Moderna, ha abbassato le stime al 2028. Cinque anni per avere un vaccino contro il cancro. Big Pharma è in corsa verso la cura del male del secolo, grazie alle tecniche genetiche che ha scoperto per far fronte alla pandemia. Non un vaccino per tutti i tipi di cancro, ma un vaccino Rna che permetterà di trattare soggetti malati di numerosi tipi di tumore, oltre che di altre patologie, come malattie autoimmuni, cardiovascolari o il virus sinciziale (che causa un’infezione respiratoria).
Il quotidiano inglese The Guardian, che ha dato la notizia citando Burton, spiega il meccanismo con uno schema grafico: viene prelevata una biopsia a un paziente malato di cancro. Un laboratorio esamina il campione e il materiale genetico viene sequenziato, al fine di identificare le mutazioni non presenti nelle cellule sane. Un computer verifica quali tra queste mutazioni stiano portando alla crescita del cancro e possano attivare il sistema immunitario. Sempre in laboratorio, viene creata una molecola di Rna messaggero contenente le informazioni per creare gli antigeni in grado di scatenare la risposta immunitaria. Somministrando un’iniezione di queste molecole al paziente (in certi casi non legati al cancro, come quello dell’influenza, basterà anche una sola iniezione), l’mRna si traduce in parti di proteine identiche a quelle presenti nelle cellule tumorali, così che il sistema immunitario possa riconoscerle e distruggerle. Parlando alla Bbc delle prospettive introdotte dallo sviluppo di vaccini genetici, ?ahin aveva confessato: «Vent’anni fa la gente mi chiedeva: “Perché perdi tempo facendo ricerca sul mRna? “. È stato come la favola del brutto anatroccolo, che nel 2020 si è trasformato in un cigno meraviglioso». Come per il Covid, Moderna ha ottenuto dalla Fda, l’autorità farmaceutica Usa l’ok per una corsia preferenziale di approvazione del vaccino contro il melanoma e il virus sinciziale: si chiama breaktrough therapy e prevede la somministrazione su pazienti malati volontari.
Il trend riguarda tutti i grandi operatori del settore. Da Pfizer hanno detto di aver «guadagnato 10 anni di conoscenza scientifica in un solo anno». Conoscenze che a livello sperimentale vengono portate avanti da tempo anche da laboratori italiani: il Pascale di Napoli per il vaccino contro il tumore al fegato o la Città della Salute e della Scienza di Torino, per quello contro il tumore al pancreas. —
L’intervista
Già ordinario dell’Università di Torino, il professor Guido Forni viene spesso identificato come «immunologo», per riassumere il suo lunghissimo curriculum (dagli anni Sessanta ai giorni nostri). È membro dell’Accademia dei Lincei e ha rappresentato l’Italia al Consiglio Scientifico dello Iarc, presso l’Oms.
Precursore nella ricerca sull’immunologia dei tumori, antesignano nello sviluppo di vaccini contro il cancro, propone un entusiasmo moderato riguardo alla notizia che entro cinque anni saranno disponibili iniezioni per curare questo male: «Non siamo di fronte alla scoperta del secolo, ma all’evoluzione di qualcosa che esisteva già e stiamo per fare molto meglio – dice – la ricerca legata al Covid ha portato a una nuova tecnologia che consente di mettere a punto vaccini personalizzati molto rapidamente». Questi saranno somministrati a persone già malate. Due laboratori in Italia, inoltre, lavorano già alla creazione di vaccini che possano prevenire l’insorgere del cancro nei soggetti sani.
La ricerca di un vaccino contro il Covid ci sta portando a un progresso più ampio?
«Sì, la messa a punto dei vaccini a Rna contro il Covid ha cambiato tutta la situazione. Questo forse è il lascito più importante della pandemia, da un punto di vista scientifico. Abbiamo sviluppato una tecnologia nuova, che permette rapidità e costi limitati».
Moderna ha annunciato che entro cinque anni potremmo avere il vaccino contro il cancro. È la scoperta del secolo?
«Per il momento, no. Vaccini contro il tumore ne vengono preparati da tempo. Il problema è che il cancro spesso riesce a sopprimere la reattività immunitaria. Ci sono degli anticorpi che bloccano questi freni del tumore e permettono una grossa risposta del sistema immunitario. Per esempio, in molti casi di melanoma. In altri casi questo non basta e bisogna associare i freni con nuovi vaccini. Questa che è stata annunciata, quindi, è l’evoluzione logica di qualcosa che esisteva già e stiamo per fare molto meglio.
Parliamo di interventi su soggetti già malati. Ognuno avrà un vaccino su misura?
«Mettere a punto vaccini personalizzati è diventato più semplice di quanto non fosse prima del Covid. Però, esistono anche situazioni in cui lo stesso antigene è presente in tanti tumori diversi. Per esempio, in certi della mammella. In quei casi, non c’è bisogno di fare vaccini individualizzati».
Sappiamo già se questi vaccini saranno più efficaci sui bambini o sugli adulti, oppure, nelle femmine piuttosto che i maschi?
«Non lo sappiamo. Molto dipenderà dall’associazione del vaccino con questi anticorpi che tolgono il freno del sistema immunitario. Si tratta di un aspetto importante e, probabilmente, i vaccini da soli non riusciranno a cambiare la situazione».
I vaccini personalizzati sono più costosi dei tradizionali?
«Certamente sono più complessi. Si possono fare solo in posti avanzati. Ma questa tecnologia messa a punto in seguito al Covid ha semplificato il problema. Probabilmente, in 5 anni sarà possibile farli».
Hanno un iter di approvazione più severo rispetto agli altri?
«Per lungo tempo saranno esclusivamente sperimentali. Saranno somministrati solo in alcuni centri che hanno un’autorizzazione specifica. Progressivamente, potranno diventare una tecnologia variamente diffusa nel mondo. Ogni grosso centro oncologico potrà crearli».
Si potrà vaccinare contro il cancro anche soggetti sani?
«Due laboratori a Torino sono globalmente famosi per questo. Il laboratorio di Federica Cavallo e il laboratorio di Franco Novelli».
Novelli sta studiando vaccini a Dna contro il carcinoma del pancreas.
«Nei suoi modelli sperimentali, questi vaccini funzionano come curativi, ma anche ed essenzialmente come preventivi. Il gruppo di Cavallo sta lavorando invece su cani, animali da compagnia che hanno sviluppato un tumore e vengono trattati dopo la chirurgia con i vaccini. Si prevengono le recidive in modo molto efficace».
Antigeni comuni, tumori diversi: possiamo sperare che i vaccini vadano a coprire un ampio spettro di tumori?
«La copertura sarà piuttosto diffusa, ma relativamente ad alcuni tipi di tumore. Per fare un esempio, il 15% dei tumori alla mammella esprimono lo stesso antigene e in questo caso è possibile prevenire o curare con un vaccino. In altri casi, sarà più limitato. Ma, per lo meno, oggi fare vaccini individuali è una realtà concepibile, mentre prima del Covid era una prospettiva lontana». F. F. —