Il primo colpo è stato portato a fine febbraio dal decreto Pnrr-3, che ha permesso la retribuzione per gli incarichi ai vertici di enti e istituti di carattere nazionale per i quali serve il parere parlamentare preventivo. L’elenco è lungo, e va dall’Istat all’Inps, dall’Anpal a Sport e Salute, ma evidentemente non basta. Per questo un emendamento governativo allo stesso decreto è piombato ieri in commissione Bilancio al Senato per precisare che la deroga va applicata anche alle nomine che hanno bisogno della semplice informativa al Parlamento, senza dover ottenere il parere. Il campo, in sostanza, si allarga a tutti gli incarichi di punta degli enti e delle istituzioni nazionali, per i quali il governo propone i nomi come prevede l’articolo 3 della legge 400 del 1998.
Come molte altre norme degli ultimi tempi, anche questa deroga procede sotto il cappello del Pnrr, come mostra l’arco temporale che ne prevede l’applicazione fino a tutto il 2026.
Lo stesso calendario caratterizza la terza mossa, che era attesa oggi in consiglio dei ministri prima dello stop di Palazzo Chigi al decreto Pa.
La bozza, anticipata nei giorni scorsi sul Sole 24 Ore, oltre a spargere circa 3.250 assunzioni fra enti centrali e forze dell’ordine, contiene una serie di norme eterogenee, da interventi su misura dei singoli ministeri a previsioni più ampie come quella che riapre agli amministratori locali la possibilità di farsi pagare per contratti a tempo negli uffici di staff dei loro colleghi. Sul testo schiacciato dalle più varie richieste ministeriali, ha fatto sapere nel pomeriggio di ieri Palazzo Chigi, «è in corso un approfondimento e una verifica di fattibilità di sistema e di copertura finanziaria» che porterà a un «forte ridimensionamento» delle proposte. Resta da capire quale sarà la sorte in questo esame della norma che nei fatti cancella completamente l’obbligo degli incarichi gratuiti ai pensionati. L’idea è di permettere a tutte le Pa, centrali e locali, di «conferire incarichi dirigenziali o direttivi retribuiti» ai pensionati. In questo caso, però, l’incarico potrà durare al massimo due anni. A Ministeri e Palazzo Chigi la bozza aggiunge la possibilità di trattenere in servizio segretari generali e dirigenti apicali, a patto però che abbiano «specifiche professionalità».