I patogeni che possono attaccare le api da miele sono molti: dai funghi responsabili delle nosemosi e della covata calcificata, ai batteri responsabili delle pesti, dai virus che possono causare vari tipi di malattie, ai protozoi che possono attaccare il sistema digerente.
Ma quali sono quelli più diffusi negli alveari italiani?
Lo abbiamo chiesto ad Antonio Nanetti del Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente del Crea, che sta coordinando le attività di ricerca sulle malattie delle api da miele nell’ambito del progetto nazionale BeeNet.
Dottor Nanetti, quali patogeni avete ricercato in questa prima parte del progetto BeeNet?
“Nel primo anno del progetto, cioè nel periodo giugno 2021- marzo 2022, abbiamo ricercato in campioni provenienti da tutte le regioni italiane il patogeno intestinale Nosema ceranae, la cui importanza è spesso sottovalutata dagli apicoltori, i tripanosomatidi Lotmaria passim, Crithidia mellificae e Crithidia bombi, che stanno suscitando l’interesse del mondo scientifico ma su cui mancavano dati di distribuzione in Italia, e alcuni virus.
In dettaglio, i virus ricercati sono stati quello della paralisi cronica (Cbpv), che in questi anni pare in una fase di espansione in vari paesi, e alcuni associati alle infestazioni da varroa: il virus della paralisi acuta (Abpv), quello delle ali deformi (Dwv) e il virus Kashmir, del quale avevamo finora informazioni epidemiologiche assai frammentarie rispetto al nostro paese”.
Quanti campioni avete analizzato? E quanti sono gli alveari coinvolti nel progetto?
“Nel primo anno d’indagine abbiamo considerato poco meno di 3.900 campioni, ripartiti in modo pressoché uniforme fra i 4 periodi di campionamento: giugno, settembre e novembre 2021 e marzo 2022.
Una ricognizione eseguita a metà febbraio 2023, quando molti dei campioni del secondo anno erano già arrivati, ha accertato oltre 7.100 campioni totali in ingresso, di cui circa 6.900 già entrati nel flusso di laboratorio. L’attività svolta fino a quel momento ha coinciso con l’invio di oltre 6.500 referti analitici agli apicoltori detentori dei circa 360 apiari distribuiti a livello nazionale, in cui si trovano le circa 1.100 colonie che alimentano l’attività analitica attraverso 4 campionature annuali”.
Quali sono i patogeni più diffusi negli alveari italiani, almeno per quanto riguarda quelli coinvolti nel progetto?
“3 patogeni sono stati rinvenuti in oltre il 50% dei campioni raccolti nel primo anno: il virus delle ali deformi (76,9%), Nosema ceranae (59,2%) e il virus della paralisi cronica (56,9%).
Il primo, essendo associato alle infestazioni da varroa, lascia pensare che in molti contesti del nostro paese occorra uno sforzo aggiuntivo per mantenere sotto controllo le popolazioni dell’acaro. L’alta prevalenza di Nosema ceranae era in qualche modo attesa, in quanto è nota la vulnerabilità dei paesi mediterranei a questo microrganismo favorito dai climi caldi.
L’alta prevalenza del virus della paralisi cronica ha confermato le segnalazioni degli apicoltori italiani riguardanti la moltiplicazione dei casi di ‘mal nero’ che si verificano anche al di fuori del periodo stagionale previsto, ponendo l’Italia sullo stesso piano di altri paesi in cui il patogeno si trova in fase di espansione“.
Ci sono patogeni poco presenti o addirittura mai trovati in tutti i campioni analizzati?
“Tutti gli altri patogeni considerati si trovano in una situazione opposta a quella appena descritta, con valori di prevalenza media inferiori al 20%. Di questo gruppo, il più importante quantitativamente è il virus della paralisi acuta (16,7%).
Seguono molto distanti da esso il virus Kashmir (0,7%) e Lotmaria passim (0,2%). Crithidia mellificae e Crithidia bombi non sono invece risultati presenti in nessuno dei campioni raccolti il primo anno”.
Ci sono differenze tra zone geografiche e tra periodi dell’anno?
“Attualmente i dati nazionali non sono stati ancora sottoposti ad un’analisi statistica complessiva: questo richiederà tempo e avverrà in una fase successiva del progetto, quando disporremo di una quantità di dati maggiore di quella attuale. Tuttavia, la distribuzione regionale di alcuni patogeni è stata valutata preliminarmente nel primo anno di indagine.
Secondo queste iniziali considerazioni, ad esempio, il virus delle ali deformi è parso meno diffuso nel triangolo Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna rispetto alle 3 regioni del Nord Est, mentre l’Abruzzo ha mostrato una prevalenza media inferiore rispetto alle regioni circostanti. Inoltre, il virus della paralisi cronica è sembrato meno diffuso in Basilicata, Calabria e Sicilia rispetto ad altre regioni, mentre quello della paralisi acuta sembra più presente in alcune regioni del Nord rispetto al resto del paese.
Lotmaria passim e il virus Kashmir sono stati osservati in modo relativamente più frequente in Liguria rispetto ad altre regioni.
È importante ribadire che queste considerazioni preliminari non sono il risultato di un’analisi statistica approfondita. Inoltre, stiamo raccogliendo negli apiari coinvolti una quantità di dati ambientali e tecnici che supporteranno l’interpretazione dei risultati ottenuti dalle analisi patologiche.
Segnalo che, contrariamente al resto del paese, l’Emilia Romagna dispone già di dati epidemiologici analizzati e pubblicati, in quanto coinvolta nel progetto prima delle altre. In questa Regione, è stato osservato che le infezioni causate dal virus della paralisi cronica mancano di una stagionalità evidente, mentre il picco primaverile di prevalenza di Nosema ceranae non è seguito dall’annullamento delle infezioni, che quindi tendono a permanere nelle colonie.
Inoltre, le infezioni del virus delle ali deformi sono più frequenti in autunno che nelle stagioni precedenti, probabilmente a causa della crescita delle infestazioni da varroa e della decrescita delle colonie di api che coincidono con l’avvicinarsi della stagione fredda. Inoltre, è stato rilevato che le infezioni da Nosema ceranae e virus delle ali deformi sono significativamente più gravi in province costiere della regione, fenomeno probabilmente dipendente dalle temperature mediamente più alte di quelle zone”.
Sono previsti cambiamenti nel piano d’indagine per il secondo anno di monitoraggio?
“In effetti, nel secondo anno abbiamo deciso di introdurre alcune modifiche al piano d’indagine. Data la mancanza di casi positivi registrati nella prima fase del progetto, non considereremo più Crithidia mellificae e Crithidia bombi, mentre abbiamo deciso di mantenere Lotmaria passim nell’elenco dei patogeni d’interesse.
Inoltre, abbiamo ritenuto di non considerare più il virus Kashmir e quello della paralisi acuta, per sostituirli con Ascosphaera apis, l’agente della covata calcificata, e il virus della covata a sacco (Sbv). Dato il loro forte impatto sull’apicoltura, abbiamo infine deciso di continuare anche nel secondo anno a ricercare il virus delle ali deformi, quello della paralisi cronica e Nosema ceranae”.
In conclusione, quali sono le principali minacce sanitarie per gli alveari italiani e quanto possono essere pericolose?
“Prima di tutto, tengo a precisare che BeeNet è un progetto di monitoraggio incentrato sugli ambienti rurali e che considera una gamma di patogeni limitata, includendone alcuni di particolare rilevanza pratica e/o scientifica ed escludendo, fin dalle intenzioni iniziali, quelli responsabili di malattie a denuncia obbligatoria.
Ricordo, inoltre, che il progetto non aspira a sostituirsi a indagini ufficiali svolte da organismi di sanità pubblica.
Delimitati i confini dell’indagine che stiamo svolgendo, in generale abbiamo rilevato frequentemente infezioni causate da virus delle ali deformi, virus della paralisi cronica e Nosema ceranae. Fra i patogeni considerati nel progetto, questi sono apparsi come una minaccia trasversale a tutte le regioni del nostro paese.
Se una migliore gestione dell’infestazione da varroa può portare ad una riduzione delle infezioni da virus delle ali deformi, lo stesso non può essere detto per gli altri 2 patogeni, che sono indipendenti dall’infestazione da varroa.
L’alta incidenza delle infezioni da Nosema ceranae era attesa, ma necessitava di dati concreti raccolti in diversi ambienti per essere confermata. Molti apicoltori hanno già compreso quanto siano insidiose le sue infezioni, che dopo un lungo decorso privo di sintomi possono concludersi con un rapido e inevitabile collasso delle colonie.
Meno nota era la situazione relativa al virus della paralisi cronica, sebbene esistessero da tempo segnali di aumentata gravità. Infatti, da anni gli apicoltori italiani e di altri paesi segnalano casi atipici di ‘mal nero’ – il nome comune della malattia causata da questo virus – persistenti nelle colonie e privi della tipica stagionalità caratterizzata da un picco tardo primaverile e una successiva tendenza alla risoluzione spontanea.
Voglio ricordare che questi 3 patogeni non sono specifici delle api mellifere, ma sono in grado di infettare anche altri membri dell’entomofauna, innescando cicli di spillover e spillback fra api allevate e altri insetti presenti nello stesso ambiente. Questi patogeni rappresentano quindi un problema di scala ambientale.
I limiti della nostra indagine non devono far dimenticare l’importanza di altri patogeni e parassiti non studiati in questa occasione. La varroa continua ad essere una minaccia per il patrimonio apistico e il controllo scrupoloso delle sue infestazioni la condizione per la sopravvivenza dell’apicoltura che, per questo scopo, può avvalersi di sostanze naturali caratterizzate da efficacia molto elevata.
Alcune zone continuano ad essere colpite da peste americana e peste europea, non considerate nel nostro piano d’indagine, ma che non vanno dimenticate da apicoltori e tecnici. Contro di esse non sono disponibili farmaci, ma miglioramento tecnico e adozione di buone pratiche apistiche sono in molti casi sufficienti a mitigarne la gravità.
Aethina tumida, Vespa velutina e Vespa orientalis, ovviamente non comprese nel monitoraggio BeeNet, rappresentano altre gravi minacce all’integrità del patrimonio apistico nazionale, seppur al momento la loro presenza non possa dirsi ancora generalizzata nel nostro paese.
Infine, la situazione di ciascuno degli agenti avversi menzionati andrebbe considerata in una prospettiva comprendente i cambi climatici in corso, che spesso finiscono per sbilanciare l’equilibrio fra patogeni e api a sfavore di queste ultime”.