DI MICHELE BOCCI, Repubblica. Individuare i virus più pericolosi, per lavorare in anticipo su vaccini efficaci nella drammatica eventualità che arrivi un’altra pandemia. Cioè che si verifichi un nuovo, temutissimo, “spillover” di un agente patogeno aggressivo. Si chiama “preparedness” e senza scomodare la un po’ utopistica presa di posizione del G7, che ha parlato di fialepronte in 100 giorni dai primi casi, serve a proteggere in fretta la popolazione. «Poi, magari, quei vaccini non servono, però è sempre meglio impegnarsi prima che pentirsi dopo, quando un’epidemia globale arriva davvero», sintetizza Marco Cavaleri, responsabile vaccini di Ema, l’agenzia regolatoria europea.
Con il Covid praticamente finito, e per il quale si aspetta solo che l’Oms dichiari la conclusione della fase pandemica, in questi giorni si riparla di un vecchio spettro sanitario mondiale: l’influenza aviaria. Il virus H5N1 circola ormai da molto tempo. «Circa 15 anni fa ha provocato un più alto numero di infezioni tra gli uomini rispetto ad oggi —spiega sempre Cavalieri — ora però il problema è che circola molto di più tra gli uccelli e ci sono stati anche mammiferi contagiati, alcuni visoni in Spagna. Si tratta di un campanello d’allarme ma non dobbiamo preoccuparci, l’ipotesi di un salto di specie è comunque remota ». Dal 2003 a oggi, secondo Oms ci sono stati 873 casi tra gli uomini.La buona notizia è che tutti sono stati contagiati da animali. Non sono mai stati registrati casi di trasmissione tra persone.
Martedì dalla Commissione europea hanno spiegato che esistono «due vaccini contro l’influenza aviaria autorizzati nell’Unione». Se ci fossero problemi «le aziende li aggiornerebbero per colpire il nuovo ceppo virale». Cavaleri dice che in effetti un piano c’è e Ema ha chiesto a varie industrie farmaceutiche se possono lavorare a vaccini sperimentali con ceppi dell’influenza aviaria. Per mettersi avanti. «Si tratta di un lavoro che viene fatto anche se abbiamo due prodotti già approvati, sui quali ci sono opzioni da circa 60 milioni di dosi ciascuno ». I due medicinali sono basati su un H5N1 che circolava circa 15 anni fa. «Per questo l’idea è di coinvolgere le aziende a fare test sperimentali che coprano i nuovi ceppi», spiega Cavaleri. A lavorare a uno dei due vaccini che oggi sono a disposizione dell’Europa (e adesso viene commercializzato da Seqirus Uk) è stato Rino Rappuoli, microbiologo edirettore scientifico della Fondazione Biotecnopolo di Siena, che è stata individuata dal governo come hub antipandemico anche con l’obiettivo di sviluppare e produrre vaccini e anticorpi monoclonali. «A quel tempo — dice Rappuoli — abbiamo fatto un lavoro pioneristico ma bisogna vedere se quei vaccini vanno ancora bene. L’aviaria va sorvegliata, in giro ce n’è tanta e sembra avvicinarsi sempre di più al salto di specie. Poi magari non succederà ma è meglio essere pronti ». I vaccini attualmente disponibili «funzioneranno un po’ meno ma come base, in caso di passaggio all’uomo, all’inizio possono essere utilizzati».
Rappuoli sostiene che il Biotecnopolo deve lavorare propri o sulla rapidità nella ricerca di soluzioni ai virus emergenti. «I 100 giorni chiesti dal G7 sono forse troppo pochi, basti pensare che con i vaccini a mRna messaggero abbiamo dato una risposta al coronavirus in 11 mesi ed è parso un successo. Ma gli obiettivi ambiziosi stimolano a trovare soluzioni. Con le tecnologie a disposizione oggi, possiamo essere più veloci di quanto lo siamo stati con il Covid».