Nella Giornata mondiale dell’acqua che si celebra oggi, l’agricoltura italiana si prepara a fare i conti con il peso della siccità nel bilanci aziendali 2023. L’anno scorso i danni provocati dalla mancanza d’acqua nelle campagne furono stimati in 6 miliardi di euro, ma secondo la Coldiretti quest’anno rischiamo di fare persino peggio. La mancanza di precipitazioni sta condizionando le scelte delle aziende agricole, che si stanno spostando da mais e riso, due colture particolarmente bisognose d’acqua, verso la soia e il frumento. Le stime della Cia-Agricoltori italiani prevedono crolli produttivi dal 10% fino al 30%.
Il problema riguarda soprattutto il Nord. I risicoltori sono i più preoccupati. Greenpeace Italia ha calcolato che il 38% delle risaie e delle colture irrigue italiane è affetto da siccità severa-estrema, mentre per le semine l’Ente Risi stima un taglio di 8mila ettari, al minimo da 30 anni. «L’estate scorsa – racconta Francesco Bergamasco, che coltiva riso nella Lomellina – ho perso il 40% del raccolto. Per fortuna sul mercato i prezzi del riso sono stati più alti e alla fine ho perso solo il 20% del fatturato». E quest’anno? «Speriamo che piova: da queste parti oggi abbiamo solo il 30% dell’acqua di cui avremmo bisogno per inondare le risaie».
La mancanza di acqua sta ipotecando anche le semine di mais. Secondo le stime del Compag, la federazione nazionale delle rivendite agrarie, in alcune aree della Lombardia la riduzione sfiora il 15% rispetto alla scorsa campagna, mentre in Veneto si registra un crollo del 30%. Se vent’anni fa la produzione copriva quasi totalmente il fabbisogno nazionale, ora il tasso di autoapprovvigionamento è sceso al di sotto del 40%.
Con la siccità destinata a diventare un problema strutturale, alcuni agricoltori stanno cominciando a ricorrere alla tecnologia per diminuire il fabbisogno idrico. I produttori ortofrutticoli che fanno capo ad Apo Conerpo, per esempio, hanno scommesso su due progetti: il primo riguarda i pomodori, e permette una riduzione dell’acqua del 20% grazie alla sostituzione dei rotoloni con le manichette per l’irrigazione. L’altro esperimento riguarda i kiwi: grazie ai sensori nel terreno, che calcolano l’esatto grado di umidità necessaria, e ai sistemi di irrigazione che depositano solo il numero di gocce necessarie nel preciso punto in cui servono, oggi è sufficiente il 30% di acqua in meno. Nel comparto del riso, invece, i produttori che fanno riferimento all’ecosistema NaturaSì stanno sperimentando le cover-crops, cioè le colture di copertura, che hanno l’obbiettivo di tenere i suoli coperti e protetti dal rischio di perdita di sostanza organica e disidratazione.
Siccità, arriva il commissario a tempo fino al 31 dicembre
All’inizio della riunione – che fonti di governo descrivono «lunga e proficua» – si sono materializzate le distanze di fondo tra i partiti della maggioranza (si veda, da ultimo, Il Sole 24 Ore di ieri). Da una parte la posizione di Fdi, ribadita qualche minuto prima dalla premier Giorgia Meloni in Aula al Senato nella replica alle comunicazioni in vista del Consiglio europeo: «Abbiamo ereditato una questione complessa. Stiamo lavorando a una cabina di regia, per un piano nazionale di intesa con le Regioni, utilizzando nuove tecnologie e avviando una campagna di sensibilizzazione. Il Governo sta lavorando a un provvedimento normativo con semplificazioni e deroghe per accelerare lavori essenziali. Intendiamo lavorare anche all’individuazione di un commissario straordinario che abbia poteri esecutivi rispetto a quanto definito dalla cabina di regia».
È lo schema che era stato prospettato al termine della prima riunione del tavolo siccità, il 1° marzo, e che però non piaceva alla Lega, che con Salvini guida il dicastero più coinvolto sul dossier (per fondi e responsabilità) e che vede nel supercommissario una minaccia all’autonomia. Il Carroccio ha proposto in alternativa la facoltà di nominare commissari solo in alcuni casi specifici.
Per trovare la quadra ci è voluta la mediazione di Lollobrigida (che si muove a difesa del comparto agricolo duramente colpito dalla siccità e si è detto «non interessato alla governance, ma alla soluzione concreta dei problemi») e di Musumeci, che aveva proposto un commissario per tre anni (si veda l’intervista a fianco). Il risultato condiviso è una struttura decisionale a due punte: la cabina di regia «per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo» e il commissario fino a fine anno, rinnovabile, per «agire sulle aree territoriali a rischio elevato» e «sbloccare interventi di breve periodo». Una nota di Palazzo Chigi li ha elencati: sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra Regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale. «Sono in corso le valutazioni tecniche per formalizzare la soluzione definitiva», avverte la stessa nota.
Anche da questo dipenderà l’approdo del “decreto acqua” al Consiglio dei ministri previsto per martedì 28 marzo. Ma non è solo questione di norme: c’è il nome del commissario da individuare. E ancora non c’è accordo sull’identikit: se sarà un tecnico o un politico. Dalle opposizioni, intanto, si punge. Mariastella Gelmini (Azione) auspica che il lavoro della cabina di regia «non sia ulteriormente rallentato dalle frizioni interne alla maggioranza». Mentre Angelo Bonelli (Avs) attacca: «Questo Governo pensa di risolvere la siccità con l’ennesima cabina di regia, ma non con un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico».