Fra le case farmaceutiche in prima linea ci sono Moderna, GSK e Sanofi che si preparano a lanciare i vaccini H5N1. I termini: da spillover a zoonosi
La situazione viene seguita con grande attenzione dall’Organizzazione mondiale della Sanità in patrticolare dopo la morte di una bambina cambogiana di 11 anni: gli scienziati di Phnom Penh hanno tuttavia affermato, dopo aver sequenziato il virus, che non si tratta di quello che ha causato nel mondo epidemie mortali negli uccelli selvatici e domestici. Però la capacità del virus di mutare rapidamente e passare dagli uccelli ai mammiferi ha iniziato a preoccupare gli esperti. Attenzione anche per un caso analogo in Cina e un altro in Perù.
I termini: spillover, salto di specie, dagli animali all’uomo
Il salto di specie (in inglese spillover) è un processo naturale per cui un elemento patogeno degli animali evolve e diventa in grado di infettare, riprodursi e trasmettersi all’interno della specie umana. Nel caso dei virus, che sono i patogeni più comuni nelle zoonosi, si tratta sempre di un cambiamento nei loro geni. Le zoonosi sono malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo e che ogni anno infettano circa un miliardo di persone casi. Fra gli esempi più noti: il coronavirus SARS – Covid, i virus Ebola e HIV, il morbillo e anche l’influenza stagionale
La situazione
Tre casi di influenza aviaria H5N1 nell’uomo, «una bimba deceduta in Cambogia» – anche il papà era stato contagiato, ma asintomatico – «una donna nella provincia dello Jiangsu (Cina), e un caso in Ecuador, hanno evidenziato la possibilità che si potesse essere verificato un nuovo evento di ‘spillover’ (o salto di specie), tuttavia i dati analizzati suggeriscono che quelli riportati sono casi umani autolimitanti, senza salti patogeni tra le specie».
Al momento per l’ influenza H5N1 «manca ancora la firma genetica di un evento di spillover». Lo sottolinea uno studio italiano in fase di pubblicazione su ‘Pathogen and Global Health’, condotto da Fabio Scarpa, Università di Sassari; Daria Sanna, Instituto Rene Rachou Fundação Oswaldo Cruz (Belo Horizonte, Brasile); Marta Giovannetti, ricercatrice del Campus Bio-Medico di Roma; Stefano Pescarella, dipartimento Scienze biochimiche Università Sapienza di Roma; Marco Casu, dipartimento Medicina veterinaria Università di Sassari; Massimo Ciccozzi, responsabile Unità di Statistica medica ed epidemiologia della Facoltà di Medicina e chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma. «Il salto di specie – si spiega nel lavoro – può verificarsi quando una popolazione patogena ad alta prevalenza (serbatoio) entra in contatto con soggetti appartenenti a specie diverse e il patogeno si diffonde in una nuova popolazione. La firma genetica di un evento di spillover è chiaramente diversa da quella mostrata nei casi segnalati», evidenziano i ricercatori.
«I cambiamenti nei virus influenzali – spiegano gli autori – sono veicolati dalla cosiddetta deriva antigenica, che consiste in piccole mutazioni nei geni Ha (emoagglutinina) e Na (neuraminidasi), che provocano cambiamenti in queste due proteine ??di superficie del virus. Questi cambiamenti sono continui nel tempo man mano che i virus influenzali si replicano, generando ceppi diversi, ma strettamente correlati tra loro». Quando c’è il salto di specie «il cambiamento è brusco e dovuto ad uno spostamento antigenico, ovvero a cambiamenti causati da eventi di ricombinazione che generano nuove proteine ??Ha e Na che acquisiscono la capacità di infettare l’uomo. Questo cambiamento può portare a un nuovo sottotipo che infetta le persone per la prima volta. Un evento che si è verificato nella primavera del 2009 quando il virus H1N1, con geni provenienti da virus originati da suini nordamericani, suini eurasiatici, esseri umani e uccelli, emerse per infettare le persone e diffondersi rapidamente, causando una pandemia». Al momento, H5N1 «non mostra nessuna di queste caratteristiche e manca ancora la firma genetica di uno spillover», assicurano i ricercatori. «Naturalmente non significa che non possa mai verificarsi», precisano. «Sebbene il virus H5N1 possa causare malattie gravi negli esseri umani», secondo lo studio «fino ad ora non è stata identificata una diffusione da uomo a uomo sconosciuta. D’altra parte va sottolineato che in 100 casi di spillover il numero totale di contagi umani sarebbe stato molto più alto». Per gli scienziati, tuttavia, «non si deve abbassare la guardia e servono una costante indagine genomica e una sorveglianza sanitaria continua: le sole strategie – concludono – per identificare in tempo la firma genetica di un salto di specie».
I focolai nel mondo
Dal 17 febbraio al 9 marzo scorso nel mondo sono stati registrati oltre 200 focolai di influenza aviaria in uccelli: 44 nel pollame e 160 in altri volatili. La gran parte dei casi si è verificata in Europa. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto sul monitoraggio dell’ influenza aviaria ad alta patogenicità della World Organisation for Animal Health, secondo cui, «sulla base dell’andamento stagionale» «si prevede che il numero di focolai negli animali abbia superato il picco e inizi a diminuire». Secondo il rapporto, nelle ultime tre settimane, dei 44 focolai riscontrati nel pollame, 31 si sono verificati in Europa, 11 nelle Americhe, 1 in Asia. L’infezione ha ucciso o reso necessario abbattere 743 mila animali Europa, 76 mila nelle Americhe e 1,39 milioni in Asia. Per quel che riguarda gli altri uccelli, sono stati riportati 134 in Europa, 25 nelle Americhe e 2 in Asia. Nella maggior parte dei casi il virus riscontrato è di tipo H5N1 e, laddove sono disponibili dati, appartenenti alla variante 2.3.4.4b. La World Organisation for Animal Health ha raccomandato di non abbassare gli sforzi in sorveglianza, prestando attenzione anche al crescente numero di infezioni nei mammiferi, «una situazione che dovrebbe essere monitorata», si legge nel rapporto.
I vaccini
Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms : “Da quando l’H5N1 è emerso per la prima volta nel 1996, abbiamo assistito solo a una trasmissione rara e non prolungata agli esseri umani, ma non possiamo presumere che rimarrà così e dobbiamo prepararci per qualsiasi cambiamento nello status quo”.
Così i vertci di GSK, Moderna e CSL Seqirus hanno detto alla Reuters “che stanno sviluppando o stanno per testare campioni di vaccini per gli uomini che affrontano meglio le varianti attuali Sanofi, nel frattempo, ha affermato di essere “pronta” per iniziare la produzione, se necessario, con i ceppi di vaccino H5N1 esistenti in stock. Gli Stati Uniti hanno anche al sicuro allevamenti di galline per produrre le uova indispensabili per lo sviluppo di vaccini antinfluenzali, un metodo in uso da circa 80 anni. Centinaia di migliaia di uova vengono trasferite ogni giorno in strutture chiuse e sorvegliate, la cui posizione non viene rivelata per motivi di sicurezza nazionale.
Come viene fabbricato il vaccino
Per produrre il vaccino , un virus selezionato viene iniettato nelle uova di una gallina dove si replica per alcuni giorni nello stesso modo in cui farebbe in un essere umano. A quel punto viene raccolta la parte liquida dell’uovo che contiene il virus che viene inattivato in modo che non possa più causare malattie. Anche Moderna utilizza questa procedura divenuta assai celere (un anno, prima ne servivano anche dieci) per le esigenze di contrastare il Covid.
Il Mattino