Marzio Bartoloni, Il Sole 24 Ore. I fondi ci sono – quasi 3 miliardi – e non sono mai stati così tanti per curare a a casa gli italiani perché l’assistenza domiciliare è da sempre la Cenerentola della nostra Sanità come tragicamente si è scoperto nei mesi più duri della pandemia. L’obiettivo è molto ambizioso: raggiungere con le cure domiciliari il 10% degli over 65% nel giro di meno di 4 anni, si tratta di circa 1,3 milioni di italiani contro i 400mila di oggi.
Il rischio concreto però è che le Regioni non riescano a spendere i 2,7 miliardi stanziati dal Pnrr nei tempi previsti e cioè entro il 2026 e con i target molto stringenti fissati anno per anno dal decreto di riparto dei fondi – pena la loro perdita – appena approdato sulla Gazzetta Ufficiale del 6 marzo scorso. Il Servizio sanitario non è infatti mai stato così col fiato corto come in questo momento, alle prese soprattutto con l’emergenza più grande: quella della carenza del personale che manca negli ospedali, figurarsi per il “territorio” (cioè per le cure extra ospedale). Un dato tra tutti dà l’idea del vuoto di operatori: per le cure domiciliari la figura assistenziale centrale è quella del nuovo infermiere di famiglia. Peccato che oggi ce ne siano poche migliaia mentre ne servirebbero circa 70mila per mettere davvero a regime la Sanità del territorio. L’alternativa a poggiarsi sulle “forze interne” che sono molto carenti in quasi tutte le Regioni è quello di affidarsi all’esterno e cioè a enti specializzati (pubblici e privati) accreditati per le cure domiciliari. Un fronte anche questo dove non mancano i ritardi nelle procedure di accreditamento previste in un provvedimento della Stato-Regioni approvato nel 2021.
Non farsi trovare pronti a spendere i fondi messi a disposizione dal Pnrr può davvero diventare una pericolosa tagliola per le Regioni. Il decreto firmato dal ministro della Salute Orazio Schillaci – pubblicato in Gazzetta – fissa infatti paletti precisi vincolando l’erogazione delle risorse al raggiungimento di obiettivi intermedi di popolazione assistita, anno per anno, fino a metà 2026 quando si dovrà appunto raggiungere il target del 10% di over 65 curati a casa. E così già quest’anno le Regioni per avere il 50% delle risorse stanziate dovranno dimostrare di aver aggiunto 296mila over 65 in più curati a casa – dai 41mila della Lombardia ai 1391 del Molise – e il prossimo anno ben 525mila fino appunto arrivare agli 808mila del 2026. Un impegno non da poco se si pensa che l’Italia è storicamente fanalino di coda in Europa nelle cure a casa e parte da un 3% di anziani assistiti – con 16 ore in media di assistenza per persona all’anno mentre ne servirebbero almeno 20 al mese ciascuno – a fronte ad esempio del 15,6% della Germania che è in cima alla lista.
A monitorare il rispetto annuale dei target fissati Regione per Regione sarà l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali di cui si avvale il ministero della Salute. Sotto la lente dell’Agenas finiranno «i dati rilevati tramite gli appositi indicatori del flusso ministeriale dedicato all’assistenza domiciliare».