Nonostante per loro rappresenti la più temibile delle minacce, gli animali selvatici si avvicinano sempre più all’uomo. L’episodio dell’orso che domenica in Val di Sole, a Rabbi (Trento), ha morso alla testa e a un braccio Alessandro Cicolini, il fratello del sindaco, è l’ultima di una serie di incursioni ad alto rischio. Il Veneto raccoglie una ricca aneddotica: dal cervo a passeggio per il centro di Treviso il 29 giugno 2021, alla cerva che il 17 dicembre successivo ha fatto irruzione nel municipio di Valdobbiadene; dal cervo l’11 marzo 2022 comparso davanti al Comando della polizia municipale di Conegliano per poi spostarsi in centro e fuggire, agli otto cinghiali che nello stesso mese hanno attraversato la strada a un automobilista, sempre a Conegliano, fino al branco di lupi immortalato in passeggiata da un passante lungo il fiume Piave, verso il Bellunese.
Il 2023 è iniziato con il lupo salvato dai vigili del fuoco in pieno centro a Verona il 25 gennaio: era intrappolato in un corso d’acqua, nel quartiere di ponte Florio. Curato, è stato liberato sui monti della Lessinia, ma il 7 febbraio è stato trovato morto. L’anno scorso i pompieri di Verona hanno operato 242 salvataggi di quattro zampe, quasi il 4% del totale dei soccorsi. Tra il 9 e il 15 febbraio ecco un altro avvistamento insolito, stavolta nell’oasi di Casale, a Vicenza, dove le fototrappole che monitorano le popolazioni di tassi, volpi e faine hanno ripreso il passaggio di un lupo. È rimasto una settimana nell’area naturale riconosciuta dall’Unione europea e rifugio pure di caprioli e scoiattoli. Una capriola è invece approdata in centro a Vicenza il 27 febbraio e riportata sui colli. Intanto, il 20 febbraio, un orsetto era stato avvistato in località Monte Palù, a Lonigo. Luigi Tassoni, sindaco di Alonte, Comune attiguo, ha invitato i cittadini in caso di incontro «a evitare movimenti bruschi, non gridare e stare immobili».
Facile a dirsi ma fatti salvi i romantici e disneyani ricordi dell’orso Baloo, di lupo Ezechiele, di Bambi, della volpe Red amica del cane Toby e del facocero Pumbaa, «cugino» del cinghiale, la convivenza tra uomo e animali selvatici non è così semplice. «Il loro numero è molto aumentato, perché ampie zone di territorio una volta sfruttate dall’agricoltura negli anni sono rimaste spopolate e quindi invase dal bosco, che è sceso sempre più vicino ai centri abitati — spiega Carlo Citterio, direttore del Centro specialistico fauna selvatica nella sede Bellunese dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie —. Hanno iniziato a spostarsi gli erbivori, cioè cervi, caprioli e camosci, che colonizzano e continuano ad aumentare. Poi sono arrivate le specie frutto di introduzioni, cioè non autoctone, come i daini e i cinghiali, questi ultimi portati nel Veneto a scopo venatorio e cresciuti in modo incontrollato, fino a rappresentare oggi un problema serio, soprattutto per le coltivazioni. Molte immissioni sono abusive — aggiunge Citterio —. Oggi per tutte le specie citate sono molte di più le possibilità di moltiplicarsi, perché hanno trovato un ambiente maggiormente idoneo, cioè ricco di rifugi, cibo e acqua».
Se ne sono accorti pure i carnivori e grandi predatori, lupi e orsi, che avvicinandosi ai centri abitati trovano spazi ricchi di tane in cui nascondersi e di prede. Più diffidente la lince, che predilige invece luoghi isolati: ha bisogno di tranquillità. «In passato lupi e orsi erano rari, perché perseguitati e abbattuti — ricorda Citterio — adesso invece il lupo gira tranquillamente attorno a paesi e città, mangiando anche i rifiuti. Nel Bellunese ci sono 17 branchi. Pure l’orso percorre molta strada, benché sia un animale solitario, che non vive in branco. Il maggior insediamento di orse riproduttive è nel Trentino, i maschi si dividono fra il Triveneto e la Slovenia». A Belluno, una delle città meno inquinate d’Italia, dopo 60 anni sono tornate le lontre, che necessitano appunto di un ambiente sano e caratterizzato da un ecosistema vario. È comparso poi lo sciacallo dorato, che sta colonizzando varie zone d’Italia. «Con la nostra densità di popolazione, ci avviciniamo sempre più alla fauna selvatica — chiude l’esperto — e il cambiamento climatico contribuisce. Per esempio questi animali non sempre vanno in letargo. Dobbiamo trovare un equilibrio, predisporre piani di controllo del loro numero con metodo tecnico e non emozionale, come accaduto finora, e raggiungere un equilibrio, il modo di conviverci nella maniera più sostenibile. Indietro non si torna, questo è anche il loro ambiente ormai, se anche li si porta in cima alle montagne, tornano giù».
Il Corriere Veneto