Visone americano, cane procione, gatto, furetto, criceto, topo domestico, pipistrello della frutta egiziano, topo cervo e cervo dalla coda bianca: sono queste, oggi, le specie animali note per trasmettere SARS-CoV-2. Ma quali fra queste hanno la maggiore probabilità di essere infettate (dall’uomo o da altri animali) e di trasmettere a loro volta l’infezione?
Un recente studio condotto dall’EFSA ha messo sotto i riflettori i visoni d’allevamento, ciò è dovuto sia alla suscettibilità intrinseca all’infezione da SARS-CoV-2 di questa specie sia alle caratteristiche del sistema di allevamento dei visoni, con un’alta densità di animali tenuti in gabbie contigue. Una buona notizia, tuttavia, c’è: si cominciano a notare margini di miglioramento neI trend delle infezioni. Infatti, se in ambito UE nel corso del 2021, sono stati segnalati 44 focolai in allevamenti di visoni in sette Stati membri, nel 2022, invece, la tendenza è stata al ribasso: le segnalazioni hanno riguardato solo sei focolai in due Stati membri. Norme da adottare? Dal momento che l’introduzione di SARS-CoV-2 negli allevamenti avviene solitamente tramite esseri umani infetti, diventa importante testare sistematicamente le persone che entrano e adottare adeguate misure di biosicurezza. Quanto al monitoraggio sugli animali, in caso di aumento della mortalità o di personale positivo, è buona norma effettuare test di conferma su animali morti o clinicamente malati ed effettuare una sorveglianza genomica delle varianti virali. L’analisi genomica di SARS-CoV-2, infatti, ha mostrato cluster specifici del visone con un potenziale di ricaduta nella popolazione umana.
Nelle specie animali da compagnia le criticità rilevate sono minori: nonostante infatti gatti, furetti e diverse specie di criceti siano risultate fra le specie più a rischio di infezione da SARS-CoV-2, originato da un essere umano infetto, in tali situazioni, è stato però riscontrato un rischio molto basso di infezione da spillback per l’uomo e anche la trasmissione da animale ad animale è risultata scarsa o nulla, come indicato dall’analisi genomica. Pertanto, non sono necessari specifici programmi di monitoraggio dell’infezione da SARS-CoV-2 negli animali da compagnia.
E veniamo alla fauna selvatica: se a livello globale il numero di specie selvatiche infette naturalmente da SARS-CoV-2 cresce costantemente, è vero pure che finora nell’UE non sono stati segnalati casi di fauna selvatica infetta. Ad ogni modo, l’EFSA consiglia un corretto smaltimento dei rifiuti umani per ridurre i rischi di spill-over di SARS-CoV-2. Inoltre, il contatto con la fauna selvatica, specialmente in presenza di animali malati o morti, dovrebbe essere ridotto al minimo. Al momento non è raccomandato alcun monitoraggio specifico per la fauna selvatica, con l’unica eccezione del test sugli animali raccolti dai cacciatori con segni clinici o trovati morti.
Quanto ai pipistrelli, infine, il rapporto, suggerisce un monitoraggio vista la loro caratterizzazione di ospiti naturali di molti coronavirus.