La ministra dell’Università Anna Maria Bernini ha detto che per far fronte alla strutturale carenza di medici nel Sistema sanitario nazionale è previsto un ampliamento dei posto disponibili a Medicina: “Vogliamo allargare l’entrata a Medicina ma in maniera programmata e sostenibile. Ho chiesto al gruppo di lavoro di fare un’analisi scrupolosa dei fabbisogni reali ed effettivi. Sulla base di primissime stime ipotizziamo un aumento dei posti tra il 20% e il 30% rispetto allo scorso anno”, ha detto oggi in un’intervista a la Repubblica.
Non si sa ancora se l’incremento sarà 2 o 4mila posti: “Prematuro dare numeri certi – ha detto Bernini – potremo iniziare a farlo ad aprile, quando si concluderà il lavoro del tavolo tecnico. E teniamo presente che i nuovi iscritti saranno medici tra sei-otto anni”.
Non sembrerebbe in programma invece un aumento nelle scuole di specializzazione, dove molti posti restano vacanti ogni anno: “Non è una questione di posti, ma di attrattività – ha spiegato la ministra – Oggi registriamo una domanda eccessiva per alcune specializzazioni, mentre altre sono quasi deserte. Così rischiamo di avere alcune qualifiche del tutto inflazionate e, ad esempio, non avere personale per la medicina d’urgenza. Con il ministero della Salute vogliamo intervenire su questo. Si tratta di riforme che richiedono tempo e risorse, ma che dobbiamo sostenere”.
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Secondo il ministro della Salute Orazio Schillaci “Aumentare un po’ i numeri” degli accessi a Medicina è “importante per evitare un domani una carenza dei medici. Ma credo – ha aggiunto – che sia importante soprattutto programmare bene l’accesso alle scuole di specializzazione perché alcune sono poco attrattive e non vengono scelte dai medici laureati. Su questo faremo un lavoro congiunto con il Mur per trovare nuovi incentivi per alcuni specialisti che ci servono”, ha detto il ministro a margine della Conferenza nazionale sulla nutrizione in corso a Roma.
Perché la proposta di Bernini non è la soluzione al problema
Secondo il sindacato Anaao Assomed la questione andrebbe affrontata in tutt’altro modo, perché non c’è un legame diretto tra carenza di personale sanitario e ingressi annuali nella facoltà di Medicina. Ogni anno infatti ci sono dai 1.000 ai 1.500 medici che lasciano il nostro Paese per andare a lavorare all’estero. Per il sindacato vanno via per la scarsa attrattività del nostro Ssn, dovuta a diversi fattori: bassi stipendi; scarsa valorizzazione professionale; ridotta conciliazione vita/lavoro; aggressioni fisiche e contenziosi legali. “Sono questi i problemi da risolvere e non incrementare gli ingressi a Medicina, attualmente circa 15mila. Se li valutiamo in una ottica di programmazione a 10 anni, tenendo conto di pensionamenti e nuove esigenze organizzative, sono addirittura eccessivi”, ha detto in un’intervista a Fanpage.it Carlo Palermo, presidente nazionale di Anaao Assomed.
I pensionamenti caleranno vertiginosamente nei prossimi anni
Al momento c’è una situazione di equilibrio. Ma al netto di nuove pandemie o di un’evoluzione demografica (anche dovuta all’invecchiamento della popolazione), che potrebbe giustificare una maggiore richiesta di medici e un rafforzamento degli organici, bisogna tenere conto che nei prossimi anni i pensionamenti ordinari diminuiranno drasticamente: non si pensioneranno più 5mila-6mila persone ogni anno, ma tra meno di 10 anni, nel 2030, i pensionamenti dei medici dipendenti del Ssn potrebbero scendere a 3mila. E se, come annunciato, ci sarà davvero un aumento del 20-30% di ingressi a Medicina, senza contemporaneamente disporre un aumento dei posti nelle scuole di specializzazione, si rischia di creare, tra 6 o 7 anni, una sproporzione tra i laureati e la possibilità di accedere ai corsi di formazione post lauream, indispensabili In Italia poi per accedere al lavoro.
La prospettiva è quindi quella di cadere in un nuovo imbuto formativo e successivamente in un imbuto lavorativo, perché ci saranno più medici neoalureati di quelli che sono effettivamente necessari. E questo non farà altro che incentivare ulteriormente i medici a emigrare verso il resto d’Europa.
Quanti medici andranno in pensione nei prossimi 10 anni
Facendo un calcolo, anche approssimativo, delle uscite dal Ssn nel prossimo decennio – considerando un pensionamento a 67 anni – vediamo che i medici ospedalieri saranno circa 40mila in meno; i medici di medicina generale che andranno in pensione saranno circa 20mila; gli specialisti ambulatoriali che usciranno dal lavoro saranno 10mila; altri 10-15mila medici vanno sottratti dall’ospedalità privata, pediatri di libera scelta e medici universitari. In totale, con un margine di errore del 10%, andranno in pensione 90mila medici nel prossimo decennio. A questi vanno aggiunti i medici che fanno attività libero-professionale pura, che potrebbero essere 40-50mila, con un quadro globale quindi di 100-120-mila uscite pensionistiche tra tutti i medici attivi oggi in Italia.
Se attualmente gli ingressi annuali alla facoltà di Medicina sono più di 15mila, in dieci anni avremmo 140-150mila medici neolaurati. In base però alle dichiarazioni del governo, che vuole appunto aumentare gli ingressi del 20-30%, in dieci anni i medici neolaureati saranno più di 180mila. Un aumento di laureati che potrebbe tradursi in uno spreco di risorse pubbliche.
“Un ulteriore incremento degli iscritti al corso di laurea in medicina rischia solo di creare una nuova pletora”, ha detto Carlo Palermo a Fanpage.it, “perché gli attuali posti di formazione sono in realtà adeguati al numero di laureati. Il problema dell’imbuto nelle formazione è stato risolto con un intervento prima del ministro Grillo e poi dal ministro Speranza, il quale ha portato due anni fa i contratti di formazione specialistica a 17-18mila all’anno. L’anno successivo sono stati lievemente ridotti a 14mila”. Al momento insomma non ci sarebbe alcun bisogno di aumentare i posti nelle scuole di specializzazione, anche perché mancherebbero poi le strutture universitarie.
Perché i posti nelle scuole di specializzazione non vengono occupati
È vero però, come ha sottolineato oggi la ministra, che molti posti nelle scuole di specializzazione rimangono vacanti. Secondo i dati di Anaao Giovani, relativi al 2021 e al 2022, su tutti i posti finanziati, cioè 30.452 contratti statali banditi, il 18,1% non è stato assegnato o è stato abbandonato, in tutto 5.724. Il problema è appunto rendere “attrattivo” il lavoro, soprattutto per alcune specialità.
L’altro elemento da tenere in considerazione quando si parla di carenza del personale è la fuga verso l’estero dei medici laureati, che hanno un costo per il sistema, di circa 150-200mila euro: ogni anno vanno via dai 1.000 ai 1.500 medici. “È come regalare 1500 Ferrari all’anno all’Inghilterra, alla Germania o alla Svizzera”, ha commentato Carlo Palermo a Fanpage.it.
Aumentare i posti a Medicina è in sostanza uno sperpero di risorse se non si interviene prima su altre due questioni fondamentali: diminuire il carico di lavoro, per permettere ai medici di dedicarsi anche alla propria vita familiare e sociale; incrementare gli stipendi, che per essere al livello medio europeo dovrebbero aumentare del 40-50%.
La questione economica tocca anche gli aspetti contrattuali, perché dopo 10 anni di blocco contrattuale non è stato ancora firmato il contratto 2019-2021. Intanto la progressione inflattiva si è già mangiata l’incremento previsto del 4%: “I nostri stipendi non stanno dietro al ritmo inflattivo”, ha sottolineato il presidente di Anaao Assomed.
Ma soprattutto andrebbero anche sbloccate le assunzioni del personale sanitario: “Bisogna togliere ogni limite anacronistico alle assunzioni del personale sanitario, perché la normativa fa riferimento al periodo della ‘spending review’, un’altra epoca, ormai 15 o 20 anni fa. Oggi sta portando al progressivo depauperamento del personale, e coloro che rimangono sono costretti a lavorare anche per coloro che se ne vanno, con turni massacranti. E questo si aggancia naturalmente al fenomeno delle grandi dimissioni e al fenomeno dei medici gettonisti. Solo incrementando il personale possiamo migliorare la qualità del lavoro”, ha sottolineato ancora Palermo.
Quali sono le specializzazioni considerate meno attrattive
Secondo i dato in possesso di Anaao Assomed, le specializzazioni che fanno più gola sono: Dermatologia, Oftalmologia, Chirurgia Plastica, Malattie dell’Apparato Digerente, Pediatria, Neurologia, Psichiatria, Radiodiagnostica, Endocrinologia, Malattie dell’Apparato Cardiovascolare.
Quelle invece meno richieste sono: Medicina d’Emergenza-Urgenza (60% di posti vuoti nell’ultimo biennio), Microbiologia e Virologia (78% dei posti non assegnato nell’ultimo biennio), Medicina Nucleare (54% non assegnato), Anatomia Patologica (50% di posti vuoti), Chirurgia Toracica (40% non assegnato), Cardiochirurgia ( 27% di posti vuoti), Chirurgia Generale (25% di posti vuoti).
Come si vede le specialità più richieste risultano quelle spendibili nel mercato privato, mentre quelle considerate meno appetibili sono quelle che comportano più rischi professionali.
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