Attualmente è stato ufficializzato un focolaio di malattia da virus di Marburg nella Guinea Equatoriale. Il tasso di letalità è intorno al 50%, ma può variare di molto (range 24-88%) in base alla gestione terapeutica del caso e dal ceppo virale. La trasmissione interumana avviene tramite il contatto diretto con sangue o altri fluidi corporei di un soggetto infetto o tramite contatto indiretto con superfici o oggetti contaminati. Al momento vi sono diversi candidati vaccini a vettore virale in fase di studio. Saranno Oms e Guinea a decidere, se necessario, quale sperimentare
Lo scorso 13 febbraio veniva confermato nella Guinea Equatoriale ha confermato un focolaio di malattia da virus di Marburg che aveva causato la morte di almeno nove persone nella provincia occidentale di Kie Ntem. Da allora le autorità sanitarie internazionali stanno seguendo con attenzione l’evolversi della situazione.
Ma cos’è di preciso il virus di Marburg? La malattia da virus Marburg (MVD), precedentemente nota come febbre emorragica di Marburg, è una grave malattia virale causata dal Marburg marburgvirus (MARV) appartenente alla stessa famiglia del virus Ebola, le Filoviridae. Sebbene i virus Marburg e Ebola siano due virus distinti, causano malattie clinicamente molto simili e con simili tassi di letalità. La MVD colpisce sia gli umani che i primati non umani.
La sua prima comparsa registrata si ha nell’agosto 1967, quando un gruppo di pazienti a Marburgo e Francoforte, in Germania, e a Belgrado, iniziò a mostrare i sintomi di una malattia infettiva: febbre alta, brividi, dolori muscolari e vomito. I pazienti peggiorarono nei giorni successivi, fino a quando iniziarono a sanguinare da ogni orifizio del corpo, comprese le ferite da ago. In totale morirono 31 persone. Tre mesi dopo questa epidemia, i virologi di Marburg avevano scoperto il primo filovirus, un cugino dell’altrettanto letale virus Ebola. Il virus era stato trasportato da scimmie verdi africane infette provenienti dall’Uganda.
Da allora, nel corso degli anni si sono registrati sporadici focolai locali in diversi stati dell’Africa subsahariana, in grotte o miniere infestate da pipistrelli, così come in viaggiatori provenienti da quelle zone. Circa 40 anni dopo, tuttavia, il virus è riemerso in Europa grazie a una viaggiatrice di ritorno nei Paesi Bassi da un viaggio in Uganda, dove aveva visitato delle grotte. Il più grande focolaio conosciuto del virus Marburg, in Angola nel 2004, ha infettato oltre 250 persone e ha avuto un tasso di mortalità del 90%.
Sintomi e decorso clinico. Il periodo di incubazione generalmente ha una durata di 5- 10 giorni, ma sono anche stati osservati periodi dai 2 ai 21 giorni. L’esordio della malattia è improvviso con sintomi e segni non specifici come febbre alta (39-40 °C), grave cefalea, brividi, malessere e dolori muscolari. A distanza di tre giorni dall’esordio possono comparire crampi e dolori addominali, nausea, vomito e diarrea che può durare anche per una settimana. Dal quinto al settimo giorno possono apparire un rash maculopapulare e il quadro clinico può aggravarsi con la comparsa di manifestazioni della febbre emorragica quali petecchie, emorragie mucosali e gastrointestinali, e sanguinamento dai siti di prelievo venoso. Successivamente possono manifestarsi anche sintomi e segni neurologici (disorientamento, agitazione, convulsioni e stato comatoso). Entro una settimana dall’esordio della malattia possono comparire coagulazione intravascolare disseminata, linfocitopenia e trombocitopenia.
Il tasso di letalità è intorno al 50%, ma può variare di molto (range 24-88%) in base alla gestione terapeutica del caso e dal ceppo virale. Il trattamento precoce può infatti migliorare significativamente le possibilità di sopravvivenza. Nei casi letali il decesso avviene tra gli 8 e i 16 giorni dall’esordio ed è attribuibile alla disidratazione, emorragie interne e insufficienza multiorgano.
Trasmissione. La maggior parte dei focolai di malattia da virus Marburg è associata, come dicevamo, alla frequentazione umana di ambienti popolati da pipistrelli come caverne e miniere, suggerendo un ruolo chiave da parte dell’animale nella trasmissione del virus. In particolare nel 2007 l’isolamento del virus in pipistrelli della specie R. aegyptiacus ha dato prova che questa specie ne costituisca uno dei principali reservoir naturali. Le dinamiche di mantenimento del virus nella popolazione reservoir non sono ancora note e non è chiaro come avvenga il passaggio all’uomo.
La trasmissione interumana avviene tramite il contatto diretto (ad esempio attraverso la pelle lesa o le mucose degli occhi, del naso o della bocca) con sangue o altri fluidi corporei (urina, saliva, feci, vomito, sperma) di un soggetto infetto o tramite contatto indiretto con superfici o oggetti contaminati come vestiti, lenzuola o attrezzature mediche.
Il rischio di trasmissione è più elevato durante le ultime fasi della malattia, in presenza di vomito, diarrea o emorragie. Il rischio di trasmissione durante il periodo di incubazione è trascurabile.
Per quanto riguarda la persistenza del virus di Marburg nei fluidi corporei, i dati sono limitati. Tuttavia, poiché questo virus appartiene alla stessa famiglia di quello responsabile della malattia Ebola, si può presumere che la persistenza del virus nei fluidi corporei possa essere simile. Ci sono evidenze che il virus di Marburg possa persistere in alcuni fluidi corporei, incluso lo sperma, anche dopo la fase acuta della malattia.
Nell’ambiente, i filovirus possono resistere in liquidi o sulle superfici per molti giorni. Sono inattivati da radiazioni gamma, riscaldamento a 60°C per circa un’ora o ebollizione per 5 minuti. Sono inoltre sensibili a diversi disinfettanti. Il contatto con animali infetti, vivi o morti, o il consumo di carni di animali selvatici sono altre possibili vie di contagio.
Diagnosi. La diagnosi clinica della malattia può essere difficile in quanto molti dei segni e sintomi di MVD sono simili a quelli di altre malattie infettive quali malaria, febbre tifoide, dengue e altre febbri emorragiche (Ebola e febbre di Lassa). Per confermare il sospetto clinico possono essere condotte diverse indagini di laboratorio a seconda della fase di malattia.
L’isolamento del virus rappresenta uno dei metodi più attendibili ma non viene utilizzato di routine a causa del limitato numero di laboratori ad alto biocontenimento in grado di eseguirlo. I test molecolari (RT-PCR) si sono dimostrati una valida alternativa sensibile, specifica ed efficace nella diagnosi di MVD. Nelle prime fasi della malattia, poiché sono presenti alti titoli virali nel sangue è possibile fare diagnosi ricercando gli antigeni.
Le metodiche sierologiche come ELISA e IFA sono indagini molto utili nella diagnosi. Il riscontro di IgM per virus di Marburg indica una recente infezione e può essere riscontrato già a 2-4 giorni dall’esordio dei sintomi. Le IgG vengono rilevate dopo 8-10 giorni e possono persistere fino a 2 anni dalla malattia. Nonostante la sierologia possa essere utile per la conferma di un caso bisogna tenere a mente che il mancato reperto sierologico non permette l’esclusione di malattia in quanto spesso succede che i soggetti infettati da un filovirus muoiano prima dello sviluppo di una risposta immunitaria umorale. È fondamentale prestare massima attenzione nella manipolazione dei campioni.
Prevenzione e trattamento. In caso di focolaio di MVD, l’obiettivo principale è quello di interrompere la trasmissione interumana. Punti chiave della strategia di controllo della diffusione del virus sono l’identificazione precoce dei casi e il loro rapido e sistematico isolamento, il puntuale tracciamento dei contatti, l’utilizzo di adeguati dispositivi di protezione individuale, riti di sepoltura condotti in sicurezza e un’adeguata comunicazione per migliorare la consapevolezza della popolazione sui fattori di rischio di infezione e delle misure preventive. Queste strategie si sono dimostrate efficaci nel controllo di precedenti focolai di Ebola e malattia di Marburg. In caso di viaggi nell’Africa subsahariana è raccomandabile evitare ambienti come grotte o miniere, in cui potrebbero essere presenti pipistrelli.
Attualmente non sono disponibili trattamenti antivirali specifici né vaccini per la prevenzione di MVD. Il trattamento consiste in una terapia di supporto con mantenimento dell’idratazione e degli elettroliti, trasfusioni ematiche e ossigenoterapia.
Farmaci e vaccini allo studio. Da alcuni anni si stanno valutando potenziali trattamenti, tra cui prodotti del sangue, immunoterapie e terapie farmacologiche. Quanto ai vaccini, durante la riunione dell’Oms dei giorni scorsi i funzionari hanno discusso le modalità di sperimentazione dei vaccini contro il virus Marburg in Guinea Equatoriale. Tutti i principali candidati sono vaccini a vettore virale, simili al vaccino Covid sviluppato da AstraZeneca e dall’Università di Oxford, nel Regno Unito.
Su quali vaccini puntare? Nessuno dei vaccini è disponibile in grandi quantità, hanno detto gli sviluppatori durante l’incontro: la disponibilità varia da poche centinaia di dosi nel caso dei vaccini Sabin e PHV a poche migliaia per il candidato di Janssen. La IAVI non ha dosi disponibili del suo vaccino. Solo i vaccini Janssen e Sabin sono stati testati sull’uomo, in sperimentazioni in fase iniziale negli Stati Uniti. Gli studi sulle scimmie suggeriscono che tutti i principali candidati offrono una forte protezione contro la malattia del virus Marburg.
Se la sperimentazione di un vaccino in Guinea Equatoriale dovesse andare avanti, un gruppo indipendente di esperti che consiglia l’Oms prenderebbe decisioni su quali vaccini testare. Qualsiasi sperimentazione richiederebbe anche il permesso e il coinvolgimento del governo della Guinea Equatoriale.
Anche se la sperimentazione dovesse decollare, è improbabile che si sviluppino abbastanza casi prima che l’attuale epidemia sia sotto controllo per consentire ai ricercatori di determinare in modo definitivo l’efficacia o meno di un vaccino. Ma le prove che indicano l’efficacia di qualsiasi vaccino potrebbero essere raccolte in più focolai, hanno spiegato i ricercatori. Uno studio sul vaccino in Guinea Equatoriale potrebbe anche fornire dati preziosi sulla sicurezza dei vaccini e sulla risposta immunitaria che generano nelle popolazioni a rischio di future epidemie.
Come possiamo ridurre il rischio che diventi una pandemia? Poiché il virus di Marburg può diffondersi tra le persone, sono necessarie misure di controllo dell’infezione estremamente rigorose per evitare che le persone entrino in contatto tra loro, per garantire che i campioni di laboratorio siano smaltiti con cura e per assicurare procedure di sepoltura sicure. Anche evitare di maneggiare o mangiare carne di animali selvatici è fondamentale per evitare qualsiasi potenziale infezione che potrebbe diffondersi dagli animali. I viaggi internazionali sono un importante fattore di rischio per la diffusione del virus di Marburg al di fuori dell’Africa e sarà importante una diagnostica rapida per garantire che i casi vengano individuati prima che le persone portino il virus in altri Paesi.
Giovanni Rodriquez – Quotidiano sanita