Gli obblighi sulla sicurezza
L’articolo 2087 del Codice civile pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.
A questo fine, l’imprenditore è tenuto ad adottare tutte le misure atte a salvaguardare l’incolumità dei propri dipendenti.
Tali misure vanno distinte tra:
quelle tassativamente imposte dalla legge;
quelle generiche dettate dalla comune prudenza;
quelle ulteriori che in concreto si rendano necessarie (Corte d’appello di Milano, sezione lavoro, sentenza 555 del 7 giugno 2022).
Per “superlavoro” si intende lo svolgimento di un’attività lavorativa che ecceda la ragionevole tollerabilità. Casi di “superlavoro” si possono riscontrare, ad esempio, nell’eccessivo superamento dei limiti dell’orario di lavoro o nell’imposizione al lavoratore dell’obbligo di raggiungere risultati produttivi incompatibili con lo svolgimento di un’ordinaria attività lavorativa.
L’obbligo datoriale di tutela dell’incolumità del dipendente non può essere superato nemmeno da accordi con il lavoratore che prevedano modalità di svolgimento della prestazione lavorativa in misura eccedente l’ordinaria tollerabilità, consistenti, ad esempio, nell’accettazione di straordinario continuativo o nella rinuncia a periodi di ferie.
Infatti, il comportamento del lavoratore non esime l’imprenditore dall’adottare «tutte le misure tutelative dell’integrità fisico-psichica del predetto, comprese quelle intese ad evitare eccessività di impegno da parte di un soggetto» (Tribunale di Taranto, sezione lavoro, sentenza 3803 del 25 maggio 2012).
Come anticipato, le misure adottate dall’imprenditore a tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore non si sostanziano nella mera adozione di quelle tassativamente imposte dalla legge, ma richiedono un approccio proattivo, estendendosi a tutte quelle cautele che si rivelino idonee a tutelare l’incolumità dei dipendenti. È infatti passibile di sanzione anche l’omessa predisposizione di tutte le misure e le cautele atte a preservare l’integrità psicofisica dei lavoratori, tenuto conto della concreta realtà aziendale (Corte d’Appello di Milano, sentenza 555/2022).
Così, secondo la Cassazione, anche il mancato adeguamento dell’organico aziendale (in quanto e se determinante un eccessivo carico di lavoro), nonché il mancato impedimento di un superlavoro eccedente, secondo le regole di comune esperienza, la normale tollerabilità, con conseguenti danni alla salute del lavoratore, costituisce violazione dell’articolo 2087 del Codice civile» (Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 8267 del 1° settembre 1997).
È anche sanzionabile il datore che consenta il mantenimento di un ambiente di lavoro stressogeno e, come tale, fonte di danno alla salute dei lavoratori.
Le prove a carico del lavoratore
Ai fini dell’accertamento della responsabilità datoriale, il lavoratore che lamenti di aver subìto, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, può agire per il risarcimento del danno biologico invocando la responsabilità contrattuale del datore di lavoro ex articolo 2087 del Codice civile.
A questo fine, sarà tenuto a fornire la prova dell’esistenza di tale danno, nonché a dimostrare la nocività dell’ambiente. Quest’ultima deve essere individuata nei concreti fattori di rischio circostanziati in ragione delle modalità della prestazione lavorativa (ad esempio, modalità qualitative improprie, per ritmi o quantità di produzione insostenibili, o secondo misure temporali eccedenti i limiti previsti dalla normativa o comunque in misura irragionevole).
Il lavoratore dovrà infine dimostrare il nesso causale tra il lavoro svolto e il danno subìto. Dovrà cioè dimostrare che proprio la prestazione lavorativa, svolta con modalità devianti, è stata la causa del pregiudizio alla salute da lui subito.
Le prove a carico del datore
Una volta che il lavoratore abbia dimostrato queste circostanze, graverà sul datore di lavoro l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno stesso.
A questo scopo, dovrà dimostrare che la prestazione si è svolta invece secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, con modalità normali, congrue e tollerabili, o che l’impossibilità della prestazione o la non esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che colpisce la controparte derivano da una causa a lui non imputabile.
Il Sole 24 Ore