Corriere Veneto. Sono introvabili, lo sanno e chiedono cifre stellari per garantire il funzionamento di reparti dove ogni giorno si salvano vite. Usl e Regione sono costrette a pagare anche 1.400 euro al giorno i medici di alcune cooperative per coprire i buchi negli organici degli ospedali. La carenza di sanitari è infatti drammatica: nel 2022 le aziende sanitarie hanno comunicato a Palazzo Balbi l’elenco dei posti vacanti.
Vere e proprie voragini che hanno costretto gli ospedali ad appaltare 42.061 turni sborsando una cifra che, complessivamente, dovrebbe superare i 30 milioni di euro. L’anno scorso mancavano infatti 1.961 medici: tra gli altri 242 specialisti di anestesia e rianimazione, 229 medici di chirurgia, accettazione e urgenza; 98 psichiatri, 91 ginecologi e ostetrici, 76 epidemiologi, 72 pediatri e 71 cardiologi. Figure cruciali per il funzionamento di reparti che non possono restare chiusi nemmeno un minuto. E così Usl e Regione sono costrette ad affidarsi alle coop pagando fior di quattrini i loro specialisti che, consci della loro forza contrattuale, chiedono cifre esose. Per intendersi, l’Usl 3 di Venezia a dicembre ha rinnovato i contratti con le coop che le garantiscono la copertura di tredici lotti che comprendono – tra gli altri – 240 turni di anestesia al Civile di Venezia e 360 nei nosocomi di Dolo e Mirano. Spesa prevista nel 2023: 3,5 milioni di euro. Una cifra superiore di circa 300 mila euro a quella dell’anno precedente. Le coop sanno che gli ospedali non possono fare a meno delle loro prestazioni e così alzano le richieste, nonostante Regione e Usl stiano portando avanti diverse operazioni per «calmierare» i prezzi. Palazzo Balbi aveva fissato un tetto alle paghe dei medici delle coop: 100 euro l’ora. Alcune Usl, come la Serenissima, hanno provato a incentivare i loro medici a coprire i turni mancanti alzando la paga degli straordinari a 100 euro. Ma sono pochi i dottori, sfiancati da anni di Covid, che si sono resi disponibili. E così la Serenissima è stata costretta a rinnovare i contratti con le cooperative sforando il limite dei 100 euro orari. Alcuni medici di rianimazione, per un turno da 12 ore, sono infatti pagati 1.350 euro, ma nei pronto soccorso si va da 840 a 1.050 euro. «È stato chiesto alle ditte assegnatarie di rispettare le indicazioni sul prezzo massimo date dalla Regione — si legge nella delibera con cui l’Usl 3 ha assegnato gli appalti — ma le stesse hanno comunicato l’impossibilità di attenersi a tale indicazioni». E così — «considerata la necessità di scongiurare interruzioni del servizio» – la Serenissima ha affidato turni a più di 100 euro l’ora. Ma l’Usl 3 non è una mosca bianca. Tutte le aziende sanitarie vivono una situazione analoga. Nel 2022, negli ospedali del Veneto sono infatti stati appaltati 42.061 turni: tra i quali 15.490 in accettazione e pronto soccorso, 9.990 in anestesia e rianimazione, 3.729 in ostetrica e ginecologia, 2.604 in pediatria. Non ci sono solo i medici, ma anche infermieri e operatori sociosanitari (le coop forniscono anche queste figure): nel complesso, infatti, i turni sono stati coperti da 336 medici e 619 figure del comparto tra cui spiccano gli infermieri. Per assicurarsi questa mole di lavoro la Regione ha dovuto sborsare una cifra enorme. Difficile quantificarla – Palazzo Balbi non dà dati – ma facendo una proiezione rispetto a quanto messo a bilancio dall’Usl 3 dovrebbe superare i 30 milioni.
«Solo nel 2022 la Regione ha bandito più di 110 concorsi per assumere personale medico e sanitario — dice l’assessore alla sanità Manuela Lanzarin — in tre anni il saldo fra nuovi assunti e cessazioni è di 3.231 professionisti in più negli ospedali. L’anno passato abbiamo assunto più di 1.400 medici. Per il 2023 abbiamo programmato un piano incisivo per andare sul mercato del lavoro letteralmente “a caccia” di medici, infermieri, operatori socio sanitari». Il problema è che spesso i concorsi vanno deserti. Dice ancora Lanzarin: «Il numero chiuso all’università ed una programmazione nazionale errata negli ultimi anni – come ribadito spesso dal Presidente Zaia – ha reso complicatissimo trovare anestesisti, medici d’urgenza, pediatri, medici di base, infermieri ed altre figure. Il trend sembra ora invertirsi, anche grazie ai numerosi solleciti della Regione». Che l’attuale situazione sia frutto di errori del passato lo pensa anche il sindacato dei medici. «La carenza di medici è figlia di una sbagliata programmazione che abbiamo più volte denunciato e ora se ne vedono gli effetti con gli ospedali costretti a rivolgersi alle coop per garantire la continuità dei servizi – ricorda il presidente del sindacato dei medici Cimo Fesmed Giovanni Leoni – Il problema è che un dottore che viene a lavorare a gettone non conosce le dinamiche di una squadra e di un reparto come chi ci lavora dentro da tempo e questo rischia di avere ricadute negative sulla qualità dell’assistenza e del servizio offerto. Un medico si forma e cresce all’interno di un reparto ed è compito del primario indirizzare la crescita delle singole figure dell’equipe per far sì che questa lavori al meglio».