Oggi la Medicina Forense Veterinaria è una disciplina scientifica, entrata a far parte definitivamente della Medicina Veterinaria italiana. Ma solo 14 ani fa, prima della nascita del Centro di Referenza Nazionale dedicato, le cose erano molto diverse. Questa branca specialistica, infatti, veniva considerata quasi come una curiosità, ignota ai più e neppure considerata come una delle attività possibili di un medico veterinario.
Cosa è successo in questo lasso di tempo? Per capirlo, ne abbiamo parlato con il dott. Rosario Fico, Medico Veterinario Forense.
“In questi 14 anni molte cose sono cambiate ed oggi la richiesta di pareri o consulenze tecniche da parte delle Forze di Polizia e della Magistratura per il contrasto ai reati contro gli animali è in crescita esponenziale. Anche le Università italiane stanno includendo gradualmente nei loro insegnamenti la Medicina Veterinaria Forense. In particolare, ormai da sette anni, presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, prima con un corso di Perfezionamento e poi con un Master di II livello viene effettuato un percorso specialistico nelle Scienze Forensi Veterinarie a cui partecipano veterinari provenienti dall’intero territorio nazionale. E questo è avvenuto grazie alla costante attività formativa del Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria, istituito dal Ministero della Salute nel giugno 2009 presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, che ha determinato un profondo cambiamento culturale nel mondo veterinario e non solo, per il contrasto alla lotta ai reati sugli animali. Si pensi che il Centro di Referenza ha effettuato in poco più di 12 anni 144 interventi formativi per un totale di 2.900 partecipanti tra veterinari, biologi e tecnici e 46 corsi per le forze di polizia con oltre 900 iscritti.
Parlando di Medicina forense veterinaria, può segnalarci le differenze tra la scuola italiane quella anglosassone?
La scuola anglosassone nasce un po’ prima di quella italiana. Il suo inizio si può collocare intorno agli anni ‘80, ma senza un percorso formativo specifico. Chi si occupava di Medicina Veterinaria Forense erano pochi veterinari -con un interesse personale sull’argomento- che cercavano di mutuare dalla Medicina Forense Umana quelle nozioni applicabili alla Patologia Forense veterinaria per dare una risposta a quesiti sul maltrattamento o l’uccisione illegale di animali. Oggi invece esistono percorsi formativi specifici post laurea che consentono di formare Medici Veterinari Forensi. Cosa che oggi avviene anche Italia. Tuttavia, la differenza fondamentale è che l’Italia è l’unico paese al mondo, sicuramente in Europa, ad avere nell’ambito del proprio Sistema Sanitario Nazionale una struttura tecnico scientifica di altissima specializzazione e con propri laboratori, il Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria, appunto. Lo Stato italiano ha quindi, con il coordinamento del Ministero della Salute, una propria struttura creata allo scopo di fornire alle Forze di Polizia e alla Magistratura l’indispensabile supporto per le indagini sui reati contro gli animali. E questa è una medaglia che il nostro Paese si può orgogliosamente appuntare sul petto.
Quali le differenze sostanziali tra la Medicina forense veterinaria e quella umana?
La Medicina Forense Umana si occupa, pur nella sua complessità, di una sola specie, quella umana. Invece la Medicina Forense Veterinaria deve rispondere ai quesiti posti da una molteplicità di specie animali che reagiscono in maniera completamente diversa ad uno stesso agente lesivo. Vi faccio un esempio. Per stabilire in un uomo il tempo intercorso fra una ferita da arma da fuoco e la sua morte si possono utilizzare diverse metodiche istologiche che consentono di datare la lesione sulla base dello stato di reazione infiammatoria dei tessuti interessati dal trauma. Questa informazione consente di collocare il crimine in un determinato intervallo di tempo nel quale si sospetta che il presunto responsabile sia presente sulla scena del crimine. Una corrispondenza fra il momento in cui è stata inferta la lesione e la presenza del sospettato diviene, pertanto, una fonte di prova importante per le indagini. Questo non è ancora del tutto possibile in Medicina Forense Veterinaria perché ogni specie animale ha diverse modalità di reazioni infiammatorie rispetto ad una stessa lesione traumatica. Si pensi, banalmente, a come reagiscono gli equidi rispetto ai ruminanti ad una ferita addominale penetrante. Quindi c’è ancora molta strada da fare nel campo della ricerca scientifica in Medicina Forense Veterinaria.
Strategie investigative
Quali le sinergie della Mfv con le forze dell’ordine?
Posso solo dire con sicurezza, per l’esperienza maturata in centinaia di casi, che quando le Forze di Polizia coinvolgono sin dall’inizio un Medico Veterinario Forense adeguatamente formato nelle indagini sui reati contro gli animali, la probabilità di successo è elevatissima. Soprattutto se si utilizza non solo l’esperienza del Veterinario in Patologia Forense ma anche il supporto di Laboratori specializzati per specifiche indagini tossicologiche, genetiche, etc.
Può raccontarci qualche episodio in cui tale sinergia sia visibile?
Mi richiamerò in breve al caso del lupo trovato ucciso a Coriano (Rimini) e alle indagini svolte congiuntamente da Carabinieri forestali e dal Centro Nazionale di Referenza per la Medicina Forense Veterinaria dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana. La sinergia tra le due strategie investigative ha permesso in prima battuta l’estrazione e il confronto del DNA del lupo con quello reperito sul mezzo di trasporto dei presunti colpevoli. Successivamente l’esito positivo del confronto genetico ha portato alla conclusione del caso e a tre arresti.
Oltre al centro di referenza quali altri organismi lavorano in quest’ambito in Italia?
Sulla scia del Centro di Referenza Nazionale dell’IZSLT, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie hanno inserito nella loro organizzazione Unità Operative in Medicina Veterinaria Forense. Inoltre, anche il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi Federico II di Napoli fornisce assistenza alla Magistratura e alle forze di Polizia Giudiziaria per le investigazioni sui reati contro gli animali, oltre ad organizzare l’annuale Master Universitario di II livello in Scienze Forensi Veterinarie.
Comprendere i reati
Dalla violenza sugli animali a quella sugli uomini: qual ruolo gioca la medicina forense per individuare questo link?
La Medicina Forense Veterinaria gioca un ruolo indispensabile perché prepara i veterinari che si formano in questa disciplina a classificare i segni di un maltrattamento o l’uccisione di un animale come prodromo a reati contro le persone. In questo senso i Veterinari Liberi Professionisti svolgono un ruolo importantissimo perché in ambito ambulatoriale possono sospettare dall’esame dell’animale in cura una sospetta situazione di violenza familiare. Ad esempio quando si vedono portare a visita un cane o un gatto con lesioni traumatiche (ustioni o fratture ad es.), ripetute e diffuse, inspiegabili da un punto di vista anamnestico. Infatti, spesso, la violenza familiare, come già ampiamente dimostrato, prima di essere esercitata su un suo componente umano viene esercitata sull’animale domestico. Il veterinario ricopre, in questi casi, un importantissimo ruolo di sentinella sociale. Ma, ovviamente, deve essere adeguatamente formato.
In che modo i veterinari sul territorio possono collaborare con la veterinaria forense quando ipotizzano di trovarsi in presenza di un reato?
Sicuramente attraverso un consulto con i colleghi che hanno partecipato ad un adeguato percorso formativo in Scienze Forensi Veterinarie e che ormai sono tanti. Per i casi più complessi possono rivolgersi ai colleghi del Centro di Referenza Nazionale oppure ai colleghi dei due Istituti Zooprofilattici Sperimentali citati o al Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi Federico II di Napoli
In linea di massima, oggi, i veterinari sanno realmente collaborare con la medicina forense veterinaria?
Sicuramente molto di più di qualche anno fa. Ormai la sensibilità dei Medici Veterinari al contrasto ai reati contro gli animali, grazie alla costante formazione effettuata dal Centro di Referenza Nazionale, è in costante crescita ed aumenterà sempre di più.
Professione del futuro?
Agli studenti che volessero intraprendere il percorso forense quale consiglio darebbe?
Quello di partecipare a corsi o master post-laurea specifici sull’argomento. Poi l’esperienza pratica farà il resto.
Quali gli sbocchi professionali in Italia?
Ormai vi è una crescente richiesta da parte della Magistratura di veterinari con una preparazione specifica in Medicina Veterinaria Forense per incarichi di Consulente Tecnico o di Perito per le indagini sui reati contro gli animali. Ma anche le indagini difensive o gli Avvocati della difesa richiedono Veterinari esperti per il ruolo di Consulente Tecnico di Parte.
La legislazione In ambito normativo come è evoluto lo scenario negli anni?
Tantissimo, basti pensare al recente inserimento dell’art.9 nella nostra Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Ma nell’articolo vi è anche prescritto che la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali. Queste parole hanno un’importanza fondamentale per il futuro della tutela degli animali perché pone le premesse di cambiamenti legislativi tesi a definire gli animali oggetto di tutela diretta e non indirettamente, come è attualmente, punendo i delitti contro il “sentimento” (di pietà) nei confronti degli animali.
Queste novità hanno avuto qualche effetto positivo sui crimini contro gli animali?
Sicuramente sì, anche se c’è molto ancora da fare. Sarà sicuramente necessario istituire una Banca Dati Nazionale sui reati contro gli animali, alimentata dalle diagnosi effettuate dagli Istituti Zooprofilattici e dalle Università, come è avvenuto per gli avvelenamenti dolosi degli animali, in modo da monitorare il fenomeno e avere un quadro costantemente aggiornato sulle aree più interessate, sulla loro frequenza e tipologia in modo da intraprendere le azioni più adeguate a un efficace contrasto.
Gli avvelenamenti Banca data avvelenamenti dolosi: quali le sue potenzialità?
Il Portale degli Avvelenamenti dolosi degli animali è uno strumento esistente al mondo solo in Italia. Su mandato del Ministero della Salute, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, attraverso il suo Centro di Referenza Nazionale, ha creato questo potentissimo strumento per individuare dove, quando e come vengono avvelenati intenzionalmente gli animali domestici e selvatici in Italia. Il sistema è alimentato in tempo reale dalle denunce di sospetto da parte dei Veterinari, sia pubblici che privati, e dai risultati analitici di tutti gli Istituti Zooprofilattici. Il Portale è così importante ai fini della repressione e prevenzione di questo fenomeno criminoso che viene presentato agli incontri internazionali tra le Forze di Polizia dedicate al contrasto ai crimini contro gli animali come modello da seguire per migliorare l’efficacia delle azioni investigative, repressive e preventive. Da ottobre scorso al Portale si affianca un’applicazione per smartphone che consente ai cittadini di segnalare ai Sindaci e ai Servizi Veterinari la presenza di sospette esche avvelenate sul territorio nazionale. L’applicazione consente al cittadino non solo di denunciare il ritrovamento di una sospetta esca avvelenata, ma anche di “vedere” le aree più interessate dal fenomeno ed evitare di portarci il proprio Pet.
In che misura ha contribuito alla prevenzione e al contrasto dei crimini?
Vi sono due elementi che il Portale degli Avvelenamenti Dolosi degli animali e l’applicazione per smartphone apportano per una maggiore efficacia delle azioni di repressione e prevenzione dei crimini contro gli animali attuati con l’uso dei bocconi avvelenati. Il primo è che le Forze di Polizia possono avere in tempo reale tutte le informazioni per concentrare i loro sforzi investigativi nelle aree ove il fenomeno si concentra, il cosiddetto “HOT SPOT”. Il secondo è che il comune cittadino può “vedere” come già detto se le aree frequentate dal suo Pet sono interessate dall’azione di qualche criminale che dissemina bocconi avvelenati. Colgo l’occasione per ricordare che il sistema funziona con maggiore efficacia se tutti i casi di sospetto avvelenamento doloso vengono denunciati dai colleghi veterinari e se tutti gli animali che si sospetta siano morti per aver ingerito esche avvelenate sono conferiti presso gli IIZZSS per la conferma del sospetto. Molte indagini investigative falliscono perché le denunce sono assenti o parziali a fronte di episodi che allarmano fortemente l’opinione pubblica ma poi non trovano riscontro nei casi effettivamente denunciati.