La Stampa. Dopo l’alzata di scudi dei medici contro il ddl sull’Autonomia differenziata, Orazio Schillaci prova a mettere un argine alla deriva secessionista, che rischia di far perdere quel po’ di equità che è rimasta al nostro Sistema sanitario nazionale. «Io credo – ha detto – che per la salute sia necessario che le Regioni siano in qualche modo guidate dal ministero della Salute. Credo che il ministero debba avere comunque non solo un potere di indirizzo e distribuzione dei fondi ma anche sostenere un meccanismo virtuoso insieme alle Regioni per capire chi lavora meglio e aiutare chi è in difficoltà». In altri termini, appianare le distanze anziché aumentarle, anche perché, come ha ricordato il ministro, di autonomia sulla sanità le Regioni ne hanno già tanta, mentre «bisogna lavorare insieme per ridurre i gap che ci sono addirittura sull’attesa di vita e che sono inaccettabili in una nazione moderna come la nostra».
Parole pronunciate non a caso a margine del convegno organizzato dall’Aiom, l’associazione di oncologia medica. Perché è proprio nella lotta ai tumori che le differenze da un’area all’altra del Paese si trasformano in vite perse. Nel 2021, comunica l’Aiom, le coperture per la mammografia sono state del 63% al Nord, 23 al Sud; per la ricerca del sangue occulto nelle feci, al fine di individuare tumori del tratto colon-rettale, la distanza è 45 contro 10%, mentre nello screening cervicale Settentrione batte Meridione 41 a 22. Numeri considerati inaccettabili da Schillaci, che ha messo al lavoro i suoi uomini su un piano che verrà a breve discusso con le Regioni e che si articola per ora in sei punti.
Al primo posto c’è la verifica della effettiva applicazione dei Lea, i livelli essenziali di assistenza che la riforma Calderoli rinomina Lep, livelli essenziali di prestazioni, che restano pur sempre l’elenco delle oltre seimila prestazioni mutuabili da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale. Ma che così non è, anche perché oggi manca un efficace strumento di verifica della loro effettiva applicazione. Infatti il nuovo “sistema di garanzia per il controllo dei Lea”, messo in piedi dal precedente governo fa acqua da tutte le parti. Perché per esempio sulle liste d’attesa verifica soltanto il rispetto dei 10 giorni per erogare le prestazioni di classe B, urgenti ma non urgentissime, dimenticando queste ultime, così come quelle differibili o programmate. Cosa non da poco perché dove i tempi di attesa sono troppo lunghi è chiaro che i Lea si riducono a carta straccia.
Sempre sulle liste d’attesa il Ministero vuole poi cercare di uniformare i criteri con cui i tempi vengono comunicati dai siti delle Regioni. Mentre l’obiettivo è far si che tutte comunichino in modo chiaro gli effettivi tempi di attesa per ogni prestazione e ciascun livello di urgenza. Consentendo agli assistiti, qualora si sfori il tempo massimo fissato per legge, di ricorrere al privato dietro il solo pagamento del ticket, come la stessa normativa in vigore prevede. Altro punto di forza del contrasto alle disparità sarà la costituzione di un Osservatorio delle buone pratiche sanitarie.
A supporto della riorganizzazione è anche l’idea di utilizzare quel cruscotto sul tasso di occupazione dei posti letto ospedalieri, messo in piedi ai tempi della Lorenzin, ma rimasto sempre spento. Perché oggi a fronte di una obiettiva carenza di posti e personale, fanno sapere i tecnici del dicastero, abbiamo reparti dove il tasso di utilizzo dei letti non va oltre il 30% a fronte di altri sempre sold-out.
Sull’oncologia si tratta invece di premere più sulla prevenzione, alzando i tassi di copertura degli screening, coinvolgendo maggiormente i medici di famiglia, ma rendendo uniforme e più ricorrente l’invito ai cittadini a sottoporsi ai test, che sono gratuiti per chi è in un’età a rischio di sviluppare un tumore.
Infine mai più fatti come quello del Pertini di Roma, dove un neonato è morto soffocato dalla mamma stremata dopo 17 ore di travaglio. A giorni vedrà luce un protocollo per garantire maggiore sicurezza nei reparti di ostetricia e ginecologia. Prove di un solidarismo sanitario ancora tutto in divenire. —