Una buona notizia per il settore maidicolo in un’annata che sarà ricordata come una delle peggiori di sempre: un nuovo Piano Nazionale di Settore, il vecchio è scaduto nel 2022, sarà discusso.
Durante la Giornata del Mais, che si è tenuta a Bergamo lo scorso 27 gennaio, come sempre organizzata dal Crea, Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf) ha comunicato che a giorni il tavolo tecnico sarà convocato.
Poco dopo, su stimolo delle parti interessate, durante la tavola rotonda che si è tenuta a fine convegno, il Ministero ha annunciato ufficialmente che è a disposizione per il rinnovo del Piano di Settore del Mais, con programmazione quinquennale: 2023-2027.
Proprio un attimo prima, dalle associazioni degli agricoltori, era arrivato un grido di dolore: “Abbiamo la dimensione di quanto sia grave la situazione. Abbiamo problemi di rese, cambiamento climatico, contrattazioni, mercato, vanno usate meglio le risorse che abbiamo. Pensiamo sia arrivato il momento di mettere in cantiere un accoppiato per il mais (riferendosi al Primo Pilastro Pac Ndr). Ci vuole una prospettiva di lungo termine, ci vuole un Piano quinquennale”, aveva detto proprio pochi minuti prima Gianmichele Passarini, vicepresidente nazionale della Cia. Detto, fatto.
In effetti il quadro economico della stagione è a tinte fosche e guardando al futuro non si vedono spiragli di luce. Secondo l’analisi del professore Dario Frisio dell’Università degli Studi di Milano, “questa campagna sarà ricordata per il crollo delle rese. Le piante sono deboli nell’affrontare i cambiamenti climatici e resistono meno all’azione dei parassiti”.
Dal punto di vista della sanità della granella, il raccolto 2022 resterà negli annali per un livello di contaminazione da micotossine da record, la siccità ha colpito senza pietà. Guardando solo all’aflatossina B1, la più pericolosa. I dati a campione del Crea hanno mostrato che il 26% dei campioni ha superato i 20 ppb (microgrammi/chilogrammo). È il dato più alto dal 2012 e con una contaminazione così elevata la granella non può essere utilizzata per uso mangimistico.
Mais, i dati del 2022
Allineando uno dopo l’altro i dati economici vediamo che le rese 2022 sono crollate del 19,4% rispetto alla campagna precedente e si sono attestate sugli 83 quintali/ettaro. La media italiana degli ultimi 25 anni è 96 quintali/ettaro. Impressionante il Veneto con un crollo del 30% e infatti, proprio Passarini, ha commentato: “Mai avremmo pensato, in Veneto, di restare senz’acqua”. Le superfici di mais da granella si attestano su 564mila ettari quando, a inizio Anni 2000, superavano abbondantemente il milione di ettari. La produzione 2022, secondo la previsione Istat, è stata di 4.682.000 tonnellate che, ipotizzando 100mila ettari a biogas, si riducono a 3.821.000. Nel migliore dei casi le importazioni nette si attesteranno a 7.618.000 tonnellate per oltre 2 miliardi e 285 milioni euro di spesa. Ecco un altro record: il tasso di autoapprovvigionamento è ai minimi con il 38,1%. Con 100mila ettari a biogas però scenderà fino al 33,8%.
“Attenzione, vi ricordo – ha sottolineato il professore Gabriele Canali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza – che le nostre Dop necessitano di materia prima locale. Si tratta di almeno il 50% di sostanza secca per i foraggi. E se nella dura situazione dello scorso anno il nostro agroalimentare ha tenuto, lo dobbiamo ai salumi e ai formaggi Dop”.
“In Italia – ha detto Giulio Gavino Usai di Assalzoo – servono 9 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale, circa 6 milioni sono per la mangimistica. Vogliamo essere ancora il Paese che punta su eccellenze alimentari o ci siamo dimenticati?“.
2023, che anno sarà per il mais?
Tornando ai dati e alle previsioni per il 2023, se in Italia l’annata è andata male, in Europa il problema è stato il medesimo e anche l’Unione Europea è dipendente dalle importazioni. In media nell’Ue le rese sono scese del 26%, precipitate a 59 quintali/ettaro. La siccità ha colpito praticamente tutti i Paesi e c’è da considerare anche il calo delle superfici: sono stati persi altri 300mila ettari (-3,4% sulla stagione precedente). L’import netto europeo aumenterà di oltre 11 milioni di tonnellate, con un esborso totale prevedibile intorno ai 6 miliardi di euro.
Gli stock mondiali, considerando le previsioni di consumo, si ridurranno ulteriormente di circa 10 milioni di tonnellate. Se non si considerano le scorte della Cina, particolarmente elevate (detiene il 70% di quelle mondiali), lo stock-to-use mondiale è pericolosamente vicino al 10%, livello d’allerta per gli operatori. Un altro indicatore che il mercato tiene in considerazione è lo stock-to-disappearance, ovvero, nei Paesi esportatori, il rapporto fra le scorte e la somma dei consumi e delle esportazioni. Negli Stati Uniti l’indicatore è sceso all’8-9% negli ultimi tre anni e questo è, in parte, all’origine della tensione sui prezzi.
Secondo le elaborazioni del professore Dario Frisio, per la nuova annata i prezzi si prevedono in calo nel primo trimestre, fino a 275/280 dollari a tonnellata, in risalita in primavera e inizio estate, toccando i 300 euro a tonnellata. Il successivo andamento dipenderà dai raccolti della campagna 2023-2024.
Con i costi delle materie prime ancora elevatissimi, gli agricoltori dovranno cercare di risparmiare input il più possibile. Chi in passato ha puntato sull’agricoltura di precisione molto probabilmente ha percepito la differenza in un’annata in cui il prezzo dei fertilizzanti è schizzato in alto.
Progetto Sos Ap: scopo e risultati
La Giornata del Mais è stata l’occasione per presentare i risultati di una ricerca. Il progetto Sos Ap, ovvero Soluzioni Sostenibili per l’Agricoltura di Precisione in Lombardia, presentato da Stefano Corsi, professore dell’Università degli Studi di Milano. È un progetto condotto dal Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali dell’Università degli Studi di Milano e dall’Irea-Cnr e che si è concentrato su irrigazione e fertilizzazione a rateo variabile. Lo scopo era, anche, di verificare la sostenibilità economica dell’applicazione di queste nuove tecnologie al settore mais.
I ricercatori hanno costruito un foglio di calcolo che, in futuro, potrebbe essere reso disponibile per calcolare costi e benefici economici dell’agricoltura di precisione. Oltre a dati di letteratura, il progetto Sos Ap ha studiato, sul campo, raccogliendo dati, un’Azienda lombarda, La Canova di Gambara, Brescia.
I risultati a fine progetto. “Nel 2019, con prezzi degli input ordinari, le soluzioni di precisione, considerati i costi fissi e i costi di sensoristica e mappatura, avevano una marginalità inferiore rispetto alla corrispondente situazione classica, senza agricoltura di precisione” ha spiegato il professore Corsi. “A partire dal 2021, con i costi per gli input in crescita, è risultato sostanzialmente che le soluzioni di precisione, permettendo risparmio di fertilizzanti e gasolio, portano a una maggiore sostenibilità economica della coltura mais. Fra le evidenze più interessanti c’è quella che, in un contesto di grande instabilità, con investimenti in agricoltura di precisione si stabilizza la marginalità delle imprese”.
Mais e Pac
Quando si avvicina il momento delle semine, ciò che molti si chiedendo è: come sfruttare al meglio la Pac? La Politica Agricola Comune, in passato, ha influenzato le decisioni dei maidicoltori. Il professore Gabriele Canali lo ha dimostrato mettendo a confronto le decisioni di Bruxelles con l’andamento delle superfici. Dal grafico mostrato è risultato evidente che all’aumentare dei contributi Ue aumentano le superfici a mais. Per esempio, dopo la riforma Mac Sharry, con gli aiuti accoppiati, gli ettari a mais in Italia hanno toccato 1 milione e 200mila e l’Italia era praticamente autosufficiente.
Da gennaio 2023 è partita la programmazione 2023-2027 e la Pac è stata rivoluzionata. Il settore maidicolo non ne è uscito indenne. “Per prendere le proprie decisioni – ha detto Cesare Soldi, presidente dell’Associazione Maiscoltori Italiani – i maidicoltori devono tenere presenti due cose: il rispetto della Pac e le valutazioni personali, anche economiche, rispetto alla loro azienda e personale situazione”.
Soldi ha presentato uno studio ragionato sulle occasioni sparse fra Primo e Secondo Pilastro Pac per chi coltiva mais. Il mais non è stato inserito nell’accoppiato, di fatto il cosiddetto pagamento di base per la sostenibilità si ridurrà di molto rispetto al 2022, ma si possono sfruttare, sempre nel Primo Pilastro, gli Ecoschemi numero 4 e numero 5 (l’adesione è facoltativa). Partendo dal pagamento di base, che deve tenere conto della cosiddetta condizionalità rafforzata, i contributi nel 2023 saranno praticamente dimezzati. Un maidicoltore, senza Ecoschemi, passa da 382 euro di base a 200 euro, con un crollo del 47%. Aderendo però all’Ecoschema 4 e abbinando al mais la soia (in nome dell’obbligo di rotazione), si aggiungono pagamenti che derivano dall’accoppiato, contenendo il danno a un -33% rispetto al 2022.
Certamente, ha sottolineato più volte Cesare Soldi, ogni agricoltore deve valutare attentamente costi e benefici, gli impegni per l’Ecoschema 4 non sono da sottovalutare. L’Ecoschema 4 riguarda i sistemi foraggeri estensivi con avvicendamento. L’Ecoschema 5 invece, accessibile anche questo al maidicoltore e, al momento cumulabile con il 4, è dedicato alle misure specifiche per gli impollinatori. Il Piano Strategico Pac riserva all’Ecoschema 5 500 euro a ettaro ma, secondo le valutazioni di Cesare Soldi, dal momento che in moltissimi chiederanno di aderire si può sperare in circa 200 euro a ettaro in più rispetto al pagamento di base.
C’è poi da considerare il Secondo Pilastro con lo Sviluppo Rurale. Gli interventi sono 76 e sono regolati a livello nazionale ma con specificità regionali. Ecco dunque che occorre fare riferimento alla propria regione, ma gli interventi contati come possibili per i maidicoltori sono undici. Di questi due in particolare sono stati attivati da tutte le regioni: SRA29 per il biologico e SRD01, ovvero quello che riguarda gli investimenti produttivi per la competitività delle aziende.
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