Il Sole 24 Ore. Cala il numero delle pensioni liquidate dall’Inps, così come l’importo medio dell’assegno pensionistico: nel 2022 sono state 779.791 le nuove pensioni, rispetto al 2021 che ne contava 888.972 (-12,28%). L’importo medio mensile si è attestato a 1.153 euro, mentre nel 2021 era di 1.198 euro (-3,75%). I 45 euro in meno al mese, moltiplicati per 13 mensilità equivalgono ad una riduzione di 585 euro, come emerge dalla lettura dell’Osservatorio Inps sui flussi pensionistici sul 2022 che registra una riduzione più consistente per le pensioni anticipate, in calo del 18,21% con molta probabilità per effetto della fine nel 2021 di quota 100, sostituita nel 2022 da Quota 102.
Guardando alla distribuzione per tipologia, nel 2022 sono state 276.468 le pensioni di vecchiaia, 241.339 quelle anticipate, 42.063 le pensioni di invalidità e 219.921 per superstiti. Nel confronto con l’anno precedente, si riducono le pensioni anticipate rispetto a quelle di vecchiaia – che nel 2021 arrivavano al 41% in più per il totale delle gestioni-, nel 2022 si attestano al 23% in più rispetto a quelle di vecchiaia. Anche il rapporto tra le pensioni di invalidità e quelle di vecchiaia nel 2022 è inferiore rispetto a quello registrato nel 2021 e si attesta al 22%.
A livello territoriale il peso percentuale delle pensioni liquidate a residenti nel Nord Italia resta sostanzialmente invariato: era il 48% nel 2021 contro il 49% nel 2022.
È in leggera crescita, in termini percentuali, il peso delle pensioni femminili rispetto su quelle maschili, attestandosi al 128% (era 126% nel 2021): le neo pensionate sono 437.596 contro 342.195 pensionati maschi. Ma in termini di importi il divario di genere si fa sentire: rispetto all’importo medio mensile di 1.153 euro, le donne percepiscono un assegno di 976 euro contro i 1.381 euro degli uomini, in sostanza percepiscono mediamente il 29,32% in meno. Guardando poi le singole gestioni il divario è ancora maggiore. Per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti le donne percepiscono in media 1.029 euro contro 1.633 euro degli uomini (-36,98%), considerando l’importo medio tra le diverse tipologie (vecchiaia, anticipata, invalidità, superstiti). Per la sola pensione di vecchiaia, nel Fpld il divario è del 47,63% con le donne che percepiscono in media 754 euro contro 1.440 degli uomini.
Quanto alle pensioni liquidate con “Opzione Donna”, nel 2022 sono aumentate del 15,4% rispetto al 2021 raggiungendo la quota di 24mila pensioni liquidate (23.812 per la precisione). In particolare lo scorso anno sono state 8.833 le donne che si sono avvalse della misura prima dei 59 anni con assegni per quasi la metà inferiori a 500 euro. Trattandosi di importi calcolati interamente con il metodo contributivo, tra le beneficiarie di Opzione donna oltre la metà degli assegni liquidati (12.298) vale meno di 500 euro al mese e l’88,75% vale meno di mille euro. Il tema, come è noto è oggetto del tavolo aperto dal ministro del lavoro, Marina Calderone, con le parti sociali. Il prossimo appuntamento è fissato per l’8 febbraio, i sindacati chiedono di ripristinare la possibilità di andare in pensione con opzione donna con 58/59 anni di età e 35 anni di contributi senza altre condizioni, cancellando le novità introdotte dalla manovra. Il ministro Calderone ha mostrato disponibilità sulle modifiche, ma resta il nodo “coperture”, con cui fare i conti.
«Si certifica ancora una volta che le pensioni delle donne rimangono basse – ha commentato il leader della Cisl, Luigi Sbarra -. In prevalenza le donne vanno in pensione con la vecchiaia perché hanno pochi contributi a causa delle carenze del mercato del lavoro e dei servizi alla famiglia, di conseguenza vanno in pensione più tardi e con assegni decisamente più bassi rispetto agli uomini di circa il 30% e anche se guardassimo al reddito pensionistico delle donne, cioè alla somma di più pensioni, la percentuale in riduzione non cambierebbe molto».
Uno dei temi del tavolo è la previdenza complementare che ancora ha una diffusione assai limitata (solo il 22% di adesioni), oggetto di una indagine conoscitiva di Inps e Covid. A questo proposito ieri il presidente Inps, Pasquale Tridico nel corso dell’audizione alle commissioni Sanità e Lavoro del Senato ha ipotizzato la costituzione di un fondo di previdenza complementare pubblico, aperto all’adesione volontaria di tutti i lavoratori, gestito dal punto di vista amministrativo dall’Inps e da quello finanziario da Cdp. L’obiettivo è quello di estendere l’integrazione previdenziale a tutti quei soggetti oggi lontani dalla possibilità di aderirvi, giovani e donne. Il fondo potrebbe essere svincolato dal rapporto lavoro, operare come un “salvadanaio” nel quale eventuali terzi – genitori o nonni-, potrebbero alimentare la contribuzione di giovani ancora lontani da un lavoro o che hanno un lavoro stabile.