Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ostenta un certo distacco: in fondo sono anni che l’autonomia sembra a portata di mano. Quindi preferisce non cantare vittoria: «Si sta semplicemente dando seguito a un’indicazione della Costituzione». Non a caso, per arrivare al momento in cui il ministro Calderoli presenterà il suo disegno di legge con qualche novità gelosamente custodita, ci sono voluti tre referendum, una modifica costituzionale e diversi mal di pancia.
Dunque ci siamo, governatore. Come se lo immagina questo disegno di legge?
«La verità è che sarà un provvedimento che andrà semplicemente a definire il perimetro entro il quale si scriveranno le intese con le singole Regioni».
È vero che voi veneti volete gestire tutte le 23 potestà legislative sottraendole allo Stato?
«Senta, la Costituzione prevede la possibilità di avviare una trattativa su tutte e 23 le competenze legislative, che non sono una nostra invenzione ma sono elencate dalla Carta. Diciamo che noi ci siederemo al tavolo portando l’idea di trattare su tutte e 23 le materie previste. Ciò non toglie che abbiamo coscienza del fatto che sarà una trattativa quindi dovrà mettere d’accordo i due interlocutori, cioè governo e regione».
Ma come pensate di gestire 23 competenze in un colpo solo?
«Diciamo che, come abbiamo scritto fin dall’inizio, pensiamo si possa prevedere una gradualità».
Quali sono quelle per voi irrinunciabili?
«E no, non posso iniziare la trattativa sui giornali. Mi devo sedere prima al tavolo del governo, non possiamo fare prezzi su un affare prima ancora di incontrare la controparte».
Non si direbbe che il governo sia una “controparte”, anche se Giorgia Meloni non sembra entusiasta.
«Conosco Giorgia Meloni: sicuramente le si deve riconoscere la coerenza e il fatto che è sempre stata di parola. È giusto che si discuta di autonomia, ci mancherebbe, è giusto che Parlamento venga coinvolto, ma è giusto ricordare che chi è contro l’autonomia è contro la Costituzione. Io ho una certa fiducia, i compiti per casa li abbiamo fatti. Einaudi nel 1948 presentando la Costituzione disse: “A ognuno dovremo dare l’autonomia che gli spetta”. Quindi stiamo parlando di qualcosa che attende da tempo di essere attuato».
Veniamo al dunque: come la mettiamo con la competenza sulla scuola: dialetto per tutti?
«Non scherziamo. Quella della scuola sta diventando un totem, posso solo dire che è una delle 23 materie in discussione. Per quanto mi riguarda non c’è nessuna vena secessionista».
Quale parte dei gettiti fiscali vorreste trattenere?
«Intanto vorrei precisare che l’autonomia è a saldo zero, non porta via nulla a nessuno, qualora si ottiene una competenza si ottiene anche una risorsa che lo Stato avrebbe speso per quella competenza. L’autonomia è responsabilità ed efficienza».
Con un vantaggio per le regioni più ricche.
«Niente affatto, non è la secessione dei ricchi, non mina affatto l’unità nazionale. Del resto, rispetto a una dimensione internazionale, ricordo che ci sono Stati come Germania, Usa, Svizzera, che sono Paesi profondamente federali. È la prova provata che l’autonomia non disgrega i Paesi. L’autonomia è centripeta, il centralismo è centrifugo».
Spieghi meglio.
«Il centralismo non da risposte. Anzi, si dice che c’è un’Italia a due velocità. Ed è assolutamente vero. A causa della mala gestio del passato, per fare un esempio, ci sono poveri cittadini che devono fare le valigie per andare a curarsi fuori dalla propria regione. E queste due velocità non sono colpa dell’autonomia perché ancora non c’è. Significa che il modello gestionale utilizzato finora ha fallito. L’autonomia è una scelta di modernità».
Non sembrano pensarla così i governatori del Sud
«Se fossi governatore del sud, non avrei dubbi: sceglierei un percorso autonomista, con tutte le garanzie del caso, ma lo sceglierei».
Di fatto, in queste due velocità ad avvantaggiarsi veramente saranno le regioni del nord, più ricche.
«Dire che il nord ha interesse a affamare il sud vuol dire non aver capito che nord e sud sono come due gemelli siamesi, la vita e la morte di entrambi dipendono l’uno dall’altro. Penso che con i governatori del sud riusciremo a fare grande lavoro e penso che daremo vita a nuovo rinascimento per questo Paese».
Senta, lei in fondo è una “vittima” recente delle intercettazioni: senza essere indagato, né intercettato, è finito sui giornali per una sua telefonata con un dirigente della Sanità del Veneto. È d’accordo quindi con la linea Nordio?
«Il dibattito sulle intercettazioni è iniziato molto prima di quanto accaduto a me. Penso che Nordio abbia sacrosante ragioni e vada sostenuto. Personalmente penso che da un lato magistrati debbono essere messi in condizione di fare il loro mestiere e quindi anche di intercettare; dall’altro si deve assolutamente garantire che le intercettazioni, soprattutto quelle che nulla hanno a che vedere con le indagini, non siano diffuse perché non si capisce con quale utilità dovrebbe avvenire il contrario se non per screditare persone».
La STAMPA