Marco Valsania. Il Sole 24 Ore. Negli Stati Uniti riflettori puntati e nuovi allarmi davanti alle nuove subvarianti del coronavirus. L’inizio dell’anno è arrivato assieme alle conferme della diffusione di versioni potenzialmente più minacciose e in grado di eludere risposte immunitarie: come la XBB.1.5, chiamata anche Gryphon, la più recente evoluzione della variante Omicron, che è oggi diventata la causa di oltre il 40% delle infezioni nel Paese, una percentuale quasi raddoppiata nel giro di una settimana nelle statistiche riportate dal Centro federale per il controllo e la prevenzione delle malattie Cdc. E ormai avviata a diventare dominante.
Gli Usa hanno di recente tagliato il traguardo ufficiale dei cento milioni di casi dall’inizio della pandemia, anche se probabilmente il numero reale è molto superiore e vicino ai 200 milioni, due terzi della popolazione, stando agli epidemiologi. A preoccupare è però anzitutto il rischio di nuove recrudescenze, rispetto ai circa 60.000 nuovi casi e oltre 300 vittime riportati al momento quotidianamente.
I passi avanti finora compiuti contro il Covid sono innegabili: uno studio del Commonwealth Fund ha stimato che la campagna di vaccinazione contro il virus abbia scongiurato 18 milioni di ricoveri e tre milioni di decessi, e consentito al contempo di risparmiare alla nazione mille miliardi in costi della pandemia. Ma gli esperti e l’amministrazione di Joe Biden avvertono che con l’inverno non è il momento di abbassare la guardia.
Una vasta circolazione tra la popolazione di nuove subvarianti di Omicron può facilitare l’emergere di vere e proprie inedite varianti. E un fattore particolare di rischio è la tuttora la scarsa popolarità dei booster del vaccino che prendono meglio di mira proprio le varianti. Ad oggi solo il 15% degli americani che ne hanno diritto, rivelano le analisi della Kaiser Family Foundation, ha scelto di aggiornare la propria vaccinazione. Tra la stessa popolazione più anziana, oltre i 65 anni, dove sono concentrati i tassi di mortalità e malattia più grave, il booster ha raggiunto forse il 35 per cento.
Con le nuove subvarianti che fanno presa anche su scala internazionale e l’esplosione di casi anzitutto in Cina, Washington ha preso misure per correre ai ripari. Fin dai giorni scorsi ha annunciato che dal 5 gennaio i passeggeri in arrivo dalla potenza asiatica dovranno mostrare prova di tampone negativo prima di imbarcarsi su voli diretti verso gli Stati Uniti. Ha inoltre ampliato un programma volontario di sorveglianza genomica del virus a sette grandi aeroporti, compresi 500 voli settimanali da una trentina di paesi, a cominciare dalla Cina.
Da Pechino, nel frattempo, il leader Xi Jinping negli ultimi giorni ha offerto rare ammissioni delle difficoltà del Paese nell’era Covid. Nel suo discorso alla nazione di fine anno ha affermato che «non è stato per nessuno un percorso facile. Tutti stanno mostrando grande forza». Ancora: «Siamo entrati in una nuova fase della risposta dove rimangono ardue sfide». Il 7 dicembre il governo cinese ha fatto scattare definitivi allentamenti della sua controversa strategia di tolleranza zero del virus, davanti al moltiplicarsi di costi economici dei lockdown e delle proteste della popolazione. Con scarsi tassi di vaccinazione, tuttavia, secondo alcune stime, circa 250 milioni di persone avrebbero contratto il Covid nei primi 20 giorni di dicembre.