In vista della manovra, occhio alla retorica dei possibili risparmi in sanità. Da settimane è in corso un braccio di ferro interno al governo sulle nuove risorse da destinare al settore. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, aveva chiesto altri 4 miliardi di euro per il 2024, una somma da aggiungersi ai 2,3 miliardi di aumento già previsti dalla precedente manovra. A frenare gli entusiasmi sui nuovi investimenti ci aveva però pensato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al meeting di CL a Rimini: “Non si potrà fare tutto”. Una frase dettata da una crescita del Pil che sarà inferiore rispetto a quella preventivata. Con ogni probabilità ad oggi si riuscirà a racimolare non più di 1 o al più 2 miliardi aggiuntivi da destinare alla sanità.
Un risultato che si rivelerebbe ben al di sotto delle attese. Non a caso da qualche giorno iniziano nuovamente a circolare voci di possibili risparmi grazie ai quali si riuscirebbero a liberare cifre importanti da poter poi investire all’interno dello stesso settore in maniera più proficua. Di colpo sembra si sia ripiombati al 2014 con i piani di risparmi per decine di miliardi redatti allora dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli.
Ma davvero restano ancora grandi margini di risparmi in sanità? Numeri alla mano, sembrerebbe proprio di no. Proviamo a mettere in fila brevemente qualche dato. I posti letto ospedalieri tagliati da inizio 2000 sono stati circa 80 mila. Quanto al personale sanitario, dal 2009 al 2019 i tagli ammontano a circa 50 mila unità. Il tasso di ricovero ospedaliero che con il decreto ministeriale 70 era stato fissato a 160 per 1000 abitanti è sceso negli ultimi anni a 94 per mille.
Se tutto questo non dovesse bastare, per quanto riguarda la spesa sanitaria, stando al rapporto Ocse di dicembre 2022, in Italia nel 2020 a fronte di una incidenza della spesa sanitaria pubblica e privata media europea sul Pil del 10,9 per cento siamo al 9,6 per cento. In cifre 550 euro in meno a persona rispetto alla media. La nostra spesa sanitaria complessiva procapite a parità di potere d’acquisto nel 2020 è stata infatti di 2.609 euro a fronte di 3.159 euro della media UE. Il confronto è ancora più penalizzante se fatto con i nostri partner più importanti: in Germania la spesa è stata infatti di ben 4.831 euro e in Francia di 3.807 euro.
Al che viene da chiedersi: paesi quali Germania e Francia sono dunque spreconi e con una spesa sanitaria altamente inefficiente? E l’Italia nonostante una spesa pesata pro capite nettamente più bassa ed i tagli che hanno caratterizzato il settore negli ultimi anni ha davvero ancora margini di risparmio per una decina di miliardi? La risposta a noi sembra evidente. Per il governo, chissà.
La speranza è che i sindacati non cadano in questa trappola rassegnandosi all’assenza di investimenti e barattando l’attuale situazione con la promessa di altri interventi di natura non economica quali la depenalizzazione dell’atto medico. Un tema sul quale si è già intervenuti negli anni con la legge Gelli sulla responsabilità professionale che ha contribuito a ridurre fortemente il problema per i camici bianchi. Accettare fin da oggi con rassegnazione questa situazione potrebbe quindi rivelarsi per loro un boomerang.
Giovanni Rodriquez – Il Foglio