Sulla mappa dell’US Drought Monitor, un progetto portato avanti da diverse agenzie federali degli Stati Uniti e dall’Università del Nebraska, gli avvisi colorati ricoprono il paesaggio. Il Michigan è insolitamente secco. Il Minnesota attraversa un periodo di moderata siccità. Una grave siccità interessa invece il Pacifico nord-occidentale, il Texas centrale e il Wisconsin meridionale, mentre gli stati del Nebraska, del Missouri e del Kansas sono punteggiati di scarlatto e rosso scuro, le colorazioni che indicano le situazioni più allarmanti. Queste zone sono tutte in condizioni di estrema siccità e in alcuni casi versano in uno stato che il progetto definisce “eccezionale“, dove cioè gli effetti si protrarranno per più di sei mesi.
“I modelli climatici per l’agricoltura hanno fatto proiezioni sul futuro basandosi su ciò che è accaduto in passato“, spiega Erin Coughlan de Perez, scienziata del clima e professoressa associata presso la Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tufts University, nonché autrice principale di uno studio di giugno in cui si prevede che le ondate di calore centenarie potrebbero iniziare a ripetersi con una frequenza di sei anni nel Midwest americano, compromettendo lo sviluppo delle piante di grano. “In passato, forse la temperatura non era un limite per il grano; forse non sono mai state raggiunte temperature tali da causare la perdita del raccolto – continua Coughlan de Perez –, ma questo non significa che non accadrà in futuro“.
Problema globale
Le notizie provenienti dagli Stati Uniti testimoniano i danni inferti ai raccolti dal caldo e dalla siccità. In Georgia – che ha tutt’oggi il soprannome di Peach State, lo stato delle pesche, sebbene sia solo il terzo produttore negli Stati Uniti – quasi tutto il raccolto di pesche è andato perduto a causa del caldo fuori stagione di febbraio, che è stato seguito da due gelate tardive a marzo. In Texas, a giugno le piante di cotone hanno perso le capsule, i frutti che contengono la preziosa fibra della coltura, per sopravvivere allo stress metabolico indotto dalle notti calde. Si prevede che la resa di grano invernale del Kansas, che viene raccolto in estate, sarà la più scarna in oltre vent’anni.
I problemi creati dal caldo estremo non si limitano alle aziende agricole statunitensi. La Spagna, il più grande produttore mondiale di olio d’oliva, sta facendo i conti con un raccolto deludente per il secondo anno consecutivo a causa di un’ondata di caldo primaverile che ha compromesso la fioritura degli ulivi, seguita dall’estrema calura estiva che sta facendo cadere i frutti non maturi. Il caldo torrido in Italia ha ridotto di un terzo la produzione di pomodori. A luglio l’organizzazione agricola europea Copa-Cogeca ha previsto che il caldo e la siccità avrebbero ridotto i raccolti di cereali in quasi tutti i paesi dell’Unione europea. L’India, il più grande esportatore di riso al mondo, ha vietato l’esportazione di alcune varietà perché i modelli climatici anomali stanno riducendo la produzione. In Cina, sia le colture a filari che gli animali da allevamento sono stati uccisi dalle ondate di calore. In Iran, la settimana scorsa il governo ha messo bloccato l’intero paese per due giorni a causa delle temperature elevate.
Tutte queste carenze inattese nei mercati agricoli sono aggravate dalla crisi in corso in Ucraina, uno dei principali granai del mondo, che è ora sotto attacco da parte della Russia da più di 500 giorni. A luglio, la Russia si è ritirata unilateralmente da un patto delle Nazioni unite che consentiva il trasporto del grano ucraino fuori dal Mar Nero, impedendo a una serie di nazioni di ricevere i rifornimenti e facendo impennare i prezzi internazionali di grano e mais. La Russia ha poi aggiunto che avrebbe considerato qualsiasi nave da carico diretta verso i porti ucraini come portatrice di materiale militare, una minaccia nemmeno troppo velata. Ha poi bombardato sia il porto ucraino di Odessa sul Mar Nero che i depositi di grano a Reni e Izmail sul Danubio, che gli analisti speravano potessero fornire una via di esportazione alternativa.
L’imbottigliamento della produzione di grano e sementi dell’Ucraina rischia di mettere sotto pressione i mercati mondiali e di far aumentare i prezzi, ma gli esperti del settore agricolo sottolineano che ci sono altre zone del mondo che possono colmare il divario: “Le persone tendono a dimenticarsi dell’emisfero meridionale – afferma Darren Hudson, professore e presidente dell’International center for agricultural competitiveness della Texas tech university –. Pensano che qualsiasi cosa accada in Europa determini quello che succede nel mondo, ma Brasile, Argentina, Australia sono tutti grandi produttori di colture alimentari. L’emisfero meridionale sta piantando in questo in periodo, quindi hanno la possibilità di aggiungere ettari“.
Secondo gli agronomi, la sfida più grande posta dalle condizioni climatiche estreme è rappresentata dalle colture speciali: le pesche in Georgia e le olive in Spagna, per esempio, ma anche i frutti di bosco nel Pacifico nordoccidentale e le ciliegie nel Michigan occidentale, che sono state colpite duramente dal caldo fuori stagione di due anni fa, e le mandorle californiane, che hanno subito il doppio colpo della siccità dello scorso anno e delle violente tempeste di questa primavera. Questo tipo di colture non sono globalizzate, ma dipendono dalle condizioni climatiche di determinate aree e sono alla base di intere economie locali. “Mais, soia, grano, cotone, riso possono essere prodotti a diverse latitudini – dice Chad Hart, economista e professore di agricoltura all’Università statale dell’Iowa –, ma frutta e verdura sono molto più suscettibili a problemi climatici che determinano significative variazioni di prezzo“.
La perdita di un raccolto regionale è un problema anche dal punto di vista alimentare; se si fa affidamento su una pianta per garantire l’apporto di un nutriente cruciale in una dieta e questa viene a mancare, si deve andare a cercare quella vitamina da qualche altra parte. A questo si aggiunge anche la sfida di prevedere i raccolti futuri. Dopo tutto, nessun agricoltore pianterebbe mai una coltura se non si sente moderatamente sicuro che crescerà.
Adattamento
“In realtà abbiamo avuto una discreta quantità di piogge in aprile e probabilmente all’inizio di maggio, e sembrava che avremmo avuto un ottimo raccolto [di cotone] se avessimo avuto altra pioggia a giugno – racconta Joshua McGinty, professore associato alla Texas A&M university e agronomo –; ma poi è arrivato il caldo, e in più il terreno si è asciugato. Siamo passati dall’essere molto ottimisti per quanto riguarda le rese del cotone ad essere forse nella media per alcune delle varietà migliori e sicuramente sotto la media per molti dei nostri cotoni piantati più tardi“. “Ma è interessante notare che le nostre rese di cereali, mais e sorgo, sono state sostanzialmente superiori alla media quest’anno. La primavera non è stata molto calda, abbiamo avuto buone piogge e il raccolto è stato ottimo “.
Nel Texas costiero, il raccolto di mais e il sorgo viene fatto entro la metà di luglio, e quest’anno ha anticipato l’arrivo dell’ondata di calore. Questo ha reso il 2023 un anno più fortunato rispetto al 2022, quando, secondo McGinty, non ha mai piovuto durante la stagione di crescita delle colture. Ma anche del 2021, quando invece ha piovuto ininterrottamente. Questo tipo di imprevedibilità guida il tipo di ricerca che McGinty svolge presso la sua stazione e in molte altre università, finalizzata a trovare colture che sono state incrociate per resistere al clima imprevedibile e ai cambiamenti a lungo termine: mais capace di tollerare la siccità, cotone che può resistere alle notti calde, riso con steli più forti per sopravvivere ai venti degli uragani.
Ma quando i modelli meteorologici cambiano, l’agricoltura non ha altra scelta se non quella di seguirli. Ecco perché il North Dakota – un tempo centro di produzione di grano duro – si è orientato sostanzialmente verso il mais e la soia, colture che amano il clima più caldo e umido degli ultimi 20 anni. “L’idea è quella di coltivare le piante che crescono meglio nella propria zona – dice Hart –, che nel tempo però sono cambiate“.