La Stampa. Cosa si vota al Parlamento europeo? La legge sulla tutela della biodiversità. Cosa si decide al Parlamento europeo? La nostra idea di mondo e di futuro. Se preferiamo il breve periodo al lungo, la nostra generazione alle successive. Può sembrare una stima esagerata per una legge europea, certo, perché non è la burocrazia che decide le sorti del mondo. Ma è anche vero che le leggi impostano nuove visioni e viceversa: una nuova legge esprime lo spirito del tempo di una comunità e ne conserva l’eredità. È il caso della Nature restoration law, che fa parte del pacchetto di misure green che la Commissione europea ha proposto come spina dorsale per la ripartenza post-pandemica.
Cosa prevede la legge
Andiamo con ordine: la “legge per il ripristino della natura” imporrebbe agli Stati membri di difendere almeno il 20% dei territori e dei mari europei, il 15% dei fiumi e la realizzazione di progetti ad alta biodiversità in almeno il 10% delle aree agricole. Secondo la Commissione sono soglie fondamentali per restituire alla natura il giusto spazio per rafforzarsi e diventare più resiliente e capace di assorbire gas serra. La “rinaturalizzazione” è una delle strategie migliori per far fronte all’aumento dei disastri naturali. Significa lasciare più spazio alla vegetazione, ai boschi, alle zone umide, alle torbiere, così come alle riserve fluviali e ai fondali marini. Ma significa anche non intervenire negli habitat, investire per proteggere la flora e la fauna selvatica e garantire che la biodiversità ritorni a livelli adeguati. Dobbiamo proteggere le api, i pesci, le rane, le rondini e persino gli orsi.
Seimila scienziati da tutto il continente hanno firmato una lettera aperta che chiede ai parlamentari europei di votare in favore della legge, offrendo un chiaro fact-cheking contro chi la critica. Una natura in salute significa un futuro in salute.
Lo scontro politico
Ci sono anche le voci contrarie. Che si dividono in due categorie. Da una parte le confederazioni di settore, che si oppongono all’iniziativa perché hanno paura che la legge non tuteli agricoltura e pesca, e penalizzi soprattutto le piccole imprese. Copa-Cogeca, le due associazioni che rappresentano gli agricoltori europei, hanno chiesto che la legge venga messa da parte e la discussione riparta da zero. «Ridurrà la nostra capacità di produrre cibo, esponendoci sempre di più alle importazioni dagli altri Paesi» ha detto ieri Pekka Pesonen, segretaria dell’ente.
Ma l’opposizione alla legge fa parte di un braccio di ferro politico a livello europeo. Negli scorsi mesi sono stati presentati diversi emendamenti da parte del Partito popolare europeo (Ppe), che ha sfruttato la legge per minare dall’interno la maggioranza “Ursula” (tra Ppe e l’alleanza dei Socialisti e Democratici) e prepararsi così il terreno delle nuove alleanze in vista delle elezioni europee 2024. Il Consiglio affari energia l’aveva approvata a fatica meno di un mese fa, ma ben sette Paesi hanno votato contro. Tra loro anche l’Italia, che si è opposta apertamente alla Restoration Law. Il ministero dell’Ambiente ha motivato la scelta sostenendo che la legge è «inapplicabile e insostenibile per le categorie interessate, agricoltura e pesca». Anne Sander, europarlamentare francese nelle file del Ppe, ieri ha cavalcato l’onda del dissenso: «È stata pensata male, è ideologica e lontanissima dalla realtà».
Scelta per il futuro
I dati però dicono il contrario: per l’Agenzia ambientale europea, ben l’81% dei territori naturali versano in pessime condizioni. In alcune zone d’Italia la situazione è ancora peggiore, come mostrano le analisi del Wwf: nell’ecoregione padana il 100% degli ecosistemi sono a rischio. Ed è proprio questo il principale rischio per la sicurezza alimentare europea: la perdita di biodiversità, in particolare di insetti impollinatori, unita alla cementificazione, all’uso massiccio di composti chimici e pesticidi. A cui si aggiunge l’effetto moltiplicatore del cambiamento climatico. Ripristinare gli ecosistemi rende i territori più pronti a reagire di fronte alle frustate dell’emergenza climatica, ovvero l’alternanza estrema tra siccità e piogge intense. Non significa tornare all’Età della pietra, ma abbiamo visto come una gestione iper-tecnica della terra (e iper-chimica) non sia una soluzione efficace a lungo termine. La natura non può essere soggetta a monopolio umano.
Ed è proprio questo concetto che la Restoration Law vuole portare nel dibattito dei cittadini europei: siamo in grado di superare la miopia del breve periodo per proiettare la nostra comunità (e la nostra specie) nel futuro? Una legge non basta, certo ma è l’inizio di un percorso, di un fondamentale cambio di paradigma. Non ha più senso ragionare per mandati politici, piegando le esigenze del Pianeta alle agende dei partiti e delle alleanze. Dovremmo diventare “buoni antenati” delle future generazioni, come scrive il filosofo australiano Roman Krznaric e come ripete il commissario Ue per il clima Frans Timmermans. Salvare la biodiversità da noi stessi, per garantire un futuro, una casa, del cibo a chi arriverà dopo. —