I Pfas di nuova generazione quali i Cloropolifluoroeteri carbossilati (Cl-PFECAs) non vanno sottovalutati, alla luce delle caratteristiche di persistenza, mobilità e tossicità. Il nuovo regolamento sui PFAS negli alimenti indica livelli di allerta che forniscono una chiave interpretativa chiara a quanto sta riscontrando la Regione Piemonte nei prodotti alimentari raccolti vicino a Spinetta Marengo, ed evidenziano la necessità di un deciso cambio di strategia, in chiave One Health.
Le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) sono distribuite a livello globale e potenzialmente rappresentano composti tossici di prioritario interesse per le caratteristiche di persistenza e mobilità ambientale. Gli studiosi statunitensi segnalano la presenza e distribuzione dei Cl-PFPECA, composti emergenti che hanno sostituito il PFOA nelle reazioni di polimerizzazione, utilizzati dallo stabilimento di fluoropolimeri in New Jersey fino a circa un anno fa, nella nella vegetazione e nel sottosuolo .
In particolare i Cl-PFECA, contenenti 7-10 atomi di carbonio fluorurati risultano “arricchiti” nei vegetali analizzati rispetto al suolo superficiale, fatto che risulta ancora più evidente nei campioni prelevati a maggiore distanza dall’impianto. In questo, il passaggio da PFAS a catena lunga, a catena medio-corta determina appunto un più facile trasferimento dal comparto suolo alle piante, e quindi determinare la propagazione della contaminazione al biota e all’uomo, attraverso le catene trofiche, inclusa la selvaggina e gli animali alimentati con foraggi e erba al pascolo. La presenza di Cl-PFECAs è stata rilevata fino a 50 km dall’impianto nelle matrici considerate.
Come I PFAS possano arrivare in maniera combinata ai suoli, anche agricoli, è notorio e chiaro: attraverso l’utilizzo di acque irrigue contaminate, attraverso l’utilizzo di fanghi di depurazione civile o compost da fanghi quali ammendanti, e attraverso le precipitazioni atmosferiche. Ricordiamo, che nello stabilimento di fluoropolimeri del New Jersey, il rilascio in aria dei Cl-PFECAS è stato stimato all’incirca un terzo della quantità utilizzata nell’impianto.
In Italia, in Piemonte, esiste un sito industriale che produce e utilizza Cl-PFECAs, impianto che solo recentemente la Regione Piemonte ha attenzionato, proponendo un piano di campionamento alimentare/ambientale preliminare nel raggio di pochi chilometri e un piano di biomonitoraggio nella popolazione ritenuta esposta.
Recentemente, in un’intervista rilasciata alla stampa locale dal responsabile dell’attività per la Regione, sono stati anticipati dei risultati di positività negli alimenti e nel biota acquatico, risultati per i quali l’azienda ha chiesto l’accesso agli atti.
Da circa un anno, la ARPA locale ha intrapreso un piano di monitoraggio sperimentale delle deposizioni atmosferiche nelle immediate vicinanze del sito, limitato ad uno solo degli almeno 6 congeneri che compongono la miscela Cl-PFECAs e non considerando i relativi prodotti di degradazione ambientale descritti. Per contro le prescrizioni AIA fatte dalla Provincia di Alessandria non hanno contemplato dei limiti alle emissioni in aria, ma solo agli scarichi nei corpi idrici superficiali (Bormida), limiti che hanno poi comportato la messa in opera di un impianto di depurazione aggiornato, basato anche su sistemi di osmosi inversa.
A fronte della presenza di Cl-PFECAs in discariche piemontesi ben lontano dal sito industriale, non sono al momento resi noti i risultati sul monitoraggio dei suoli, con particolare riferimento al top soil, e alle cause di contaminazione sopra accennate per i terreni agricoli.
Alla luce delle conoscenze condivise dagli studiosi americani nel New Jersey, le risultanze preliminari non vanno assolutamente sottovalutate, anche in virtù della caratterizzazione tossicologica dei Cl-PFECA, analoga se non più restrittiva di quella consolidata per il PFOA, con effetto tossico legato ad un ingrossamento del fegato osservato in animali da laboratorio.
In tale quadro, per analogia con il recente regolamento comunitario che fissa dei livelli massimi e di allerta per i PFAS nelle matrici alimentari, livelli nei vegetali che superano le 10 ppt (ng/kg) (livelli molto bassi analiticamente, ma di rilevanza per la salute) sono da ritenersi di allerta e comportano l’estensione del monitoraggio anche ai foraggi destinati all’alimentazione animale, in modo contestuale alla caratterizzazione dei suoli. Inoltre, sulla direttrice Sud-Nord che va dallo sito di produzione e utilizzo di PFAS di Spinetta Marengo, alla frazione di Montecastello oggetto di biomonitoraggio (chiusura pozzo idropotabile per presenza PFAS) insistono ampi campi di mais utilizzati per la produzione di foraggio di importanti allevamenti da latte, con piezometro risultato positivo ad ADV nelle acque di falda. Non risulta che tali foraggi/tali allevamenti siano stati considerati nella campagna di screening, nonostante ci fossero i presupposti per considerarli in modo prioritario, ai fini dell’esposizione alimentare non ristretta al consumo uova e vegetali prodotti da orti rurali nelle immediate vicinanze della sorgente di emissione. I dati del New Jersey suggeriscono ben altro approccio.
Da sottolineare che gli standard dei principali (ma non tutti) congeneri Cl-PFECA contenuti nel prodotto commerciale ADV sono recentemente liberamente acquistabili in commercio tramite la Ditta Ultrascientific di Bologna.
Per quanto riguarda il composto C6O4, che sembra peculiarmente a produzione ed utilizzo nazionale, la situazione è abbastanza chiara: la maggiore polarità del C6O4 determina un più facile trasferimento ai vegetali, fatta salva la capacità di tutti i PFAS di legarsi ai terpeni contenuti nella parte dorsale delle foglie quale conseguenza delle deposizioni atmosferiche e di risospensioni dei PFAS quali surfattanti dal suolo all’aria e successiva ricaduta a terra. Giova ricordare che la disponibilità dello standard C6O4 ad oggi fornito dalla ditta Ultrascientific di Bologna per conto del detentore del brevetto risulta limitata ai laboratori incaricati di analisi ambientali, con eccezione della Regione Piemonte che ha potuto consegnare lo standard per le analisi alimentari al laboratorio di fiducia.
In chiave di sanità pubblica e One Health, dovrebbe essere possibile che tutti i detentori di interesse, anche chi effettua analisi per autocontrollo, possa avere accesso incondizionato agli standards analitici. A maggiore ragione se poi i risultati devono subire una valutazione tossicologica: gli studi tossicologici più recenti pubblicati utilizzando C6O4 nelle more dei diritti brevettuali, risultano avere un finanziamento diretto dalla Azienda produttrice. Altri studi pubblicati sul C6O4 su matrici alimentari ed eco-tossicologici, con esclusione delle indagini effettuate sugli alimenti dalla Regione Piemonte, riconoscono l’utilizzo di uno standard prodotto dalla ditta Wellington, standard da circa due anni ritirato dal mercato per possibile violazione dei diritti brevettuali.
All’appello analitico mancano i cosiddetti Surfattanti Florurati Bi-funzionali, una classe di PFAS prodotti a Spinetta Marengo nel passato, sotto il nome commerciale “Fomblin” e di ampio utilizzo in una serie di beni di largo consumo. Data la persistenza ambientale di tale molecole, e la disponibilità degli standards da parte delle autorità del New Jersey, è legittimo chiedersi se la Regione abbia intenzione di confrontarsi con i livelli di conoscenza internazionali, e affrontare la problematica in modo meno circoscritto, e più condiviso in chiave One Health. In questo la ricerca dei PFAS andrebbe quantomeno ampliata anche ai prodotti di degradazione ambientale, e agli eventuali metaboliti, come i risultati americani indicano chiaramente.
In questo, piuttosto che gli accessi agli atti, è auspicabile un chiaro e trasparente confronto di quanto viene messo in campo dal team di esperti nominato dalla Regione Piemonte, anche in chiave prospettica e non autoreferenziale. In particolare, la Commissione Europea sta chiedendo di allargare lo spettro di indagine ambientale/alimentare a tutti i PFAS per cui ci sia una dimostrabile presenza in matrici ambientali e alimentari. In Italia ormai la presenza di C6O4 e di Cl-PFECAs va già oltre i confini provinciali e regionali, come analisi untarget (effettuate in assenza del corrispondente materiale di riferimento certificato quale standard analitico), rilevano la presenza dei surfattanti fluorurati bifunzionali nella selvaggina. Questo anche in considerazione che le sorgenti di emissione dei PFAS nell’ambiente e nelle catene alimentari non possono essere solamente ricondotte ai siti di produzione, ma anche contemplare i siti di utilizzo, e di smaltimento dei prodotti che contengono PFAS. Risulterebbe alquanto singolare che molecole prodotte ed utilizzate in Italia in grandi quantità nel passato, e per cui esistono evidenze di presenza in matrici ambientali/alimentari non necessariamente legate al sito di produzione/utilizzo, non venissero adeguatamente coperte dai piani di monitoraggio alimentari. Per inciso, la ditta produttrice di Cl-PFECAs e C6O4 ha annunciato la pressoché totale sospensione nella produzione di tali molecole a partire da giugno 2023, in quanto la sintesi di fluoropolimeri oggi si può basare su valide alternative.
Inoltre, da un punto di vista tossicologico, la contemporanea presenza di altri PFAS andrebbe valutata in un contesto di esposizione associata, argomento di grande attualità soprattutto nel caso di miscele, come nel caso dei PFAS.
Presenza dei principali congeneri Cl-PFECAs e somma delle concentrazioni (espressa come composti a 9 atomi di carbonio), rilevati in campioni di suolo superficiale, vegetazione, e suolo profondo, a distanze progressive dal sito di utilizzo per la produzione di fluoropolimeri. Valori riferiti a peso secco. Immagine tratta da: Environmental Fate of Cl-PFPECAs: Accumulation of Novel and Legacy Perfluoroalkyl Compounds in Real-World Vegetation and Subsoils. Mary J. B. Davis, Marina G. Evich, Sandra M. Goodrow, and John W. Washington Environmental Science & Technology 2023 57 (24), 8994-9004
DOI: 10.1021/acs.est.3c00665
Distanza di circa 8 km tra lo stabilimento piemontese produttore e utilizzatore di Cl-PFECAs e la frazione di Montecastello prescelta per studio di biomonitoraggio umano. Lungo la direttrice Sud-Nord, importanti campi di mais e allevamenti di bovine da latte, che fanno ampio uso di foraggio ed acqua locali.
A cura della redazione del Sivemp Veneto – riproduzione ammessa solo citando la fonte
26 giugno 2023