di Claudio Testuzza, Il Sole 24 Ore sanità. Non sono incoraggianti i numeri della previdenza complementare. Gli iscritti si mantengono costanti nel tempo. Nel 2021 non arrivavano a nove milioni, poco meno del 35 per cento della forza lavoro. Si consideri, poi, che anche la corsa dei prezzi e la crisi dei mercati finanziari hanno creato alcuni dubbi, anche, sulla convenienza di far confluire il Tfr nella previdenza complementare.
Nel 2022,infatti, con un’inflazione che è salita all’11,6% il Trattamento di fine rapporto si è rivalutato del 10% circa, l’8,3% al netto dell’imposta sostitutiva, mentre i fondi pensione hanno registrato rendimenti, in generale negativi, in media fra il 9,8 % e l’11,5 %. Ma ha davvero senso valutare la performance di strumenti con un orizzonte di lungo termine alla luce dei risultati di un singolo anno?
Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Covip, nel 2022 i risultati dei fondi pensione hanno risentito del calo dei corsi dei titoli azionari e del rialzo dei tassi di interesse nominali, che a sua volta determina il calo dei corsi dei titoli obbligazionari.
I rendimenti netti sono pertanto risultati negativi e pari, in media tra tutti i comparti,
a -9,8% per i fondi negoziali, -10,7% per gli aperti e -11,5% per i PIP di ramo III.
Il rendimento finanziario non è, però, l’unico aspetto da considerare nella scelta di conferire o meno il proprio Tfr al fondo pensione, occorre, anche valutare i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale.
Il Tfr rappresenta un vero e proprio compenso differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di favorire al lavoratore il superamento delle difficoltà economiche connesse con il venir meno della retribuzione. Fino all’introduzione della legge n. 297/1982 il trattamento di fine rapporto, denominato “indennità di anzianità” o “indennità di servizio” o “liquidazione”, veniva calcolato sulla base del prodotto dell’importo dell’ultima mensilità di retribuzione per il numero degli anni di servizio prestati. Attualmente il trattamento si calcola, invece, sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per lo stesso anno divisa per 13,5. Il Tfr è poi incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
Dal 2000 sono stati assoggettati al regime di Tfr anche i dipendenti pubblici assunti con contratto a tempo determinato in servizio al 30 maggio 2000, e i dipendenti assunti in data successiva al 30 maggio 2000 con contratto a tempo indeterminato con decorrenza dal 1º gennaio 2001. Gli altri dipendenti pubblici più anziani sono rimasti assoggettati al regime di trattamento di fine servizio (Tfs) a meno che non aderiscano alla previdenza complementare e automaticamente al Tfr.
Il rendimento del Tfr negli ultimi 10 anni è stato costantemente basso in relazione al tasso di inflazione che non ha superato il 2/3%.
Nella previdenza complementare, nei dieci anni da inizio 2013 a fine 2022, il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato pari al 2,2% per i fondi negoziali, al 2,5% per i fondi aperti, al 2,9% per i Pip di ramo III e al 2% per le gestioni di ramo I.
Nello stesso periodo, la rivalutazione del Tfr è risultata pari al 2,4% annuo.
Dunque, in una prospettiva di lungo periodo i risultati dei fondi pensione si confermano in linea con uno dei più importanti rendimenti obiettivo (oltre a inflazione e media quinquennale del Pil).
Osservando poi la distribuzione dei rendimenti dei singoli comparti tra le diverse tipologie di fondi e le diverse linee di investimento, i comparti caratterizzati da una maggiore esposizione azionaria mostrano rendimenti più elevati rispetto agli altri e al Tfr: il rendimento netto delle linee azionarie a 10 anni per i fondi negoziali è pari al 4,7%, per i fondi aperti al 4,9% e per i Pip al 4,7%.
Da questi dati e valutazioni è da ritenere che spostare il Tfr in un fondo pensione appare, ancora, e verosimilmente lo sarà anche per il futuro, specie una volta che sarà ridotta l’inflazione scatenatasi nell’ultimo anno a causa soprattutto del conflitto russo- ucraino, la scelta più conveniente.