di Ivan Cavicchi. Il vero problema che mi preoccupa è che né la destra né la sinistra, né la politica e né il sindacato, né le istituzioni e né gli intellettuali, hanno un pensiero di riforma per rimettere a posto i rapporti tra economia e sanità, tra salute e cura, tra pubblico e privato. La destra vuole semplicemente chiudere bottega e cambiare sistema, la sinistra vuole ricostruire il consenso politico perduto, rifinanziare i propri fallimenti e fregarsene della sostenibilità
Dopo aver esaminato con cura tutte le proposte in circolazione contro le politiche del governo (appelli, piani di salvataggio, piattaforme, alleanze contro e pro, prese di posizioni, articoli vari, ecc.) ho capito che l’assenza della sostenibilità, nella discussione, si spiega sostanzialmente con due paradossi.
I due paradossi
- il primo è che la maggior parte delle analisi/proposte pervenute fino ad oggi (Gimbe, Asiquas, Crea, Censis, Centri studi diversi, opinionisti vari) sembrano non aver colto che abbiamo a che fare con una “catastrofe”, quella già descritta (Qs 15 maggio 2023), anzi la maggior parte si articolano come se oggi fossimo in una congiuntura sfavorevole, l’ennesima, non diversa dalle altre e che si affronta come sono state affrontate le altre, mettendo pezze qui e là, ma sempre a sistema invariante;
- il secondo è quello che potremmo definire con Marx una “sanità senza economia” cioè una opposizione politica sindacale e sociale che, al governo chiede soprattutto “prestazioni finanziarie” (QS 22 maggio 2023) come se fossero “indennizzi” ma senza affrontare le contraddizioni economiche che oggi contrappongono l’economia alla sanità , quindi senza affrontare, per l’appunto, i problemi di sostenibilità che poi ribadisco ancora sono quelli che spiegano la catastrofe.
Va da sé che se non ci rendiamo conto del pericolo che realmente la sanità sta correndo e se per giunta la nostra rivendicazione e la nostra battaglia è strategicamente sbagliata, il rischio di subire la catastrofe diventa certezza. Vorrei spiegare il perché.
Il patto di compossibilità tra economia e sanità
Questo patto diceva una cosa molto chiara: l’economia e la spesa sanitaria sono “compossibili” a certe condizioni e quindi definiva nella legge di riforma le condizioni di compossibilità:
- la programmazione sanitaria è determinata “nell’ambito della programmazione economica nazionale” (capo 2 art 3)
- il piano sanitario nazionale darà istruzioni al SSN “in conformità agli obiettivi della programmazione socio-economica nazionale” (capo due art 53).
Una “quarta riforma” cioè un nuovo patto politico
Questo rapporto di “compossibilità” tra economia e spesa tra economia e sanità era addirittura garantito in prima persona dal Parlamento: “Il piano sanitario nazionale” si legge sempre nell’art 53 “è sottoposto dal Governo al Parlamento ai fini della sua approvazione con atto non legislativo. Contestualmente alla trasmissione da parte del Governo al Parlamento del piano sanitario nazionale, il Governo presenta al Parlamento il disegno di legge contenente sia le disposizioni precettive ai fini della applicazione del piano sanitario nazionale, sia le norme per il finanziamento pluriennale del servizio sanitario nazionale, rapportate alla durata del piano stesso, con specifica indicazione degli importi da assegnare al fondo sanitario nazionale ai sensi dell’articolo 51 della presente legge e dei criteri di ripartizione alle regioni“.
Quindi che la 833 sia nata grazie ad un patto politico tra economia e sanità non si discute. Ora pensare di evitare alla sanità la catastrofe senza ristabilire il rapporto compromesso tra economia e sanità è semplicemente una illusione.
Questo rapporto compromesso si può aggiustare con una forte iniziativa politica e preferibilmente riempendo le piazze ma al solo fine di strappare al governo un accordo politico che preveda una “quarta riforma” (e book di QS 2016 gratuitamente scaricabile).
Sulle questioni strategiche rimando a Filippo Palumbo: (QS 9 febbraio 2023, QS 15 marzo 2023, QS 8 maggio 2023).
Il rapporto tra salute e cura
Ma lo stretto rapporto tra programmazione sanitaria e programmazione economica non era l’unica condizione a garantire la sostenibilità del SSN, ce ne era un’altra, altrettanto fondamentale ed era quella del rapporto tra salute e cura.
Il patto di compossibilità quindi di sostenibilità tra economia e sanità fatto nel ‘78 si reggeva sul fatto che, la 833, si era impegnata a definire un SSN che oltre a curare le malattie doveva impegnarsi a difendere la salute attraverso la prevenzione.
La 833 alla “cura” dedica un articolo (art. 25 “prestazioni di cura”) mentre alla “prevenzione” dedica ben 5 articoli ai quali vanno aggiunti tutti i riferimenti sui servizi e sulle istituzioni coinvolte
Questo vuol dire che, per la 833, la compossibilità/sostenibilità economica del SSN si sarebbe dovuta garantire basandoci soprattutto sull’equilibrio tra salute e cura.
La sostenibilità diventa compatibilità
Negli anni ‘90, con l’ingresso delle politiche neoliberiste del PD si trasformò la “compossibilità” in “compatibilità”. Questa relazione stretta tra “economia e sanità” tra “salute e cura” viene sbaraccata con le contro-riforme del ‘92 e del ‘99 (QS 2 maggio 2023).
Con le aziende e con la privatizzazione della sanità, la prevenzione della salute, diventa del tutto marginale, ma senza salute il SSN diventa sempre più di cura, diventando progressivamente sempre più finanziariamente “insostenibile” cioè sempre più costoso.
Le controriforme del ‘90 hanno compromesso il grado di sostenibilità del servizio pubblico. Oggi il governo in carica ha problemi di sostenibilità non perché è matto o di destra ma perché i problemi di sostenibilità sono veri e reali e sono tutti quelli ereditati da quella scellerata decisione dell’ulivo di far fuori l’albatros (QS 8 aprile 2023).
One Health l’ultima bufala
Oltre le due condizioni a base della sostenibilità prima spiegate (l’integrazione della programmazione sanitaria con la programmazione economica e la salute oltre la cura) ve ne una terza, che mi piace ricordare anche per sfottere ma con simpatia i patiti di questo presunto nuovo indirizzo che si chiama one health, ormai diventato un mantra al quale neanche la snop (gli operatori della prevenzione) ha saputo sottrarsi.
Mi limito solo a sottolineare citando la definizione internazionale del Gruppo OHHLEP che questo approccio per definizione integrato unificante e globale: “mira ad equilibrare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi”.
Cioè alla fine one health è null’altro che la vecchia idea di compossibilità e di sostenibilità della nostra povera e martoriata 833. Vi prego di rileggervi gli articoli 20/21/22 della 833.
Ambiente e salute
Quello che oggi dice one health è stato scritto in una legge italiana nel 1978 quindi più di 40 anni fa e che, la sinistra, in particolare ha buttato alle ortiche ma che diciamo la verità che anche noi (sto pensando per esempio alla Snop) non siamo riusciti a tradurre in una vera riforma, e in un nuovo pensiero e soprattutto in una nuova idea di salute quale ricchezza.
Nella 833 l’idea di salute come contrappeso della cura è così importante da chiamare in causa tutti gli ambienti, tutte le attività sociali, tutta la complessità in gioco. Nella riforma sanitaria del ‘78 l’ambiente era già considerato parte del diritto alla salute Quindi molto prima delle recenti ridefinizioni degli art. 9 e 41 circa l’ambiente che sono stato apportate di recente in Costituzione.
Quindi personalmente senz’altro “damnatio memoriae” per tutti gli slogan che scoprono l’acqua calda.
Omaggio ai maestri
Tutti quelli della mia generazione conoscono Giovanni Berlinguer. Di certo egli resta storicamente uno non l’unico, dei padri fondatori più importanti della riforma del 1978.
Berlinguer fu uno dei più convinti sostenitori dell’alleanza tra economia e sanità. Molto prima della 833 scrisse preconizzando la questione, ”La sanità pubblica nella programmazione economica” (Leonardo edizioni scientifiche 1964).
Vorrei anche ricordare il lavoro di Severino Delogu “Sanità Pubblica Sicurezza Sociale E Programmazione Economica” (Einaudi 1967) e Ferdinando Terranova “Sanità e insanità pubblica nell’Italia neoliberista. Dalla conquista del diritto alla salute all’ideologia della sua negazione” (2016) che resta sicuramente uno dei lavori più significativi sulle complessità del rapporto tra economia e sanità.
Tutto il mio ragionamento sulla sostenibilità e sulla necessità di fare un accordo con il governo per ridefinire il rapporto sbilanciato tra economia e sanità, nasce dalla lezione di queste persone che molto prima di one health, avevano capito a dispetto di tutti i piani di salvataggio della sanità oggi in circolazione che la sanità non può essere pensata e meno che mai salvata a prescindere dall’economia. Pensare una sanità senza economia è una grande “cazzata”.
La catastrofe esiste ed effettivamente esistono problemi di sostenibilità
La catastrofe quindi esiste ed è una questione che attiene la sostenibilità vale a dire i rapporti tra economia e sanità.
Il SSN pubblico oggi in particolare, nella super crisi, oggettivamente ha problemi di sostenibilità perché:
- con la fine della programmazione sanitaria si sono interrotti i rapporti tra sanità e economia e la sanità è diventata un fardello,
- con la morte della prevenzione si sono sbilanciati i rapporti tra salute e cura,
- con le controriforme degli anni 90 si sono appesantiti i costi della cura soprattutto a causa dell’ingresso del mercato in sanità pubblica ingresso assistito dallo Stato con gli sgravi fiscali. Non si dimentichi la grande marchetta.
In questo quadro pensare come fa l’opposizione una “sanità senza economia” funziona in pratica come una estensione delle controriforme fatte sino ad ora.
Se al governo si chiedono solo “prestazioni finanziarie”, quindi senza rimuovere le contraddizioni causate prima di tutto dalle controriforme, è come esasperare sempre di più la catastrofe della insostenibilità.
Come negare nella super crisi che le controriforme del ‘90 sono insostenibili?
La mia vera preoccupazione
Oggi il vero problema che mi preoccupa è che né la destra né la sinistra, né la politica e né il sindacato, né le istituzioni e né gli intellettuali, hanno un pensiero di riforma per rimettere a posto i rapporti tra:
- economia e sanità
- tra salute e cura
- tra pubblico e privato.
La destra vuole semplicemente chiudere bottega e cambiare sistema la sinistra vuole ricostruire il consenso politico perduto, rifinanziare i propri fallimenti e fregarsene della sostenibilità.
La vera catastrofe quindi non è la catastrofe in sé ma la mancanza di un pensiero di riforma adeguato per evitarla (QS C. Fassari, intervista 28 0ttobre 2013).
Ivan Cavicchi – Quotidiano sanità
24 maggio 2023