Con i costi di produzione che nell’ultimo anno sono aumentati, lo squilibrio della bilancia tra imprese e Gdo è diventato insostenbile, dice Lenti: «Il prezzo della carne di maiale ha raggiunto i 2,3 euro al chilo ed è ai massimi storici. Nel 2022 il prezzo della materia prima è cresciuto del 50% e incide per la metà dei costi di produzione. Quindi possiamo dire che per noi l’incremento dei costi produttivi nell’ultimo anno è stato del 25%. Al contrario, i prezzi dei nostri listini sono aumentati in media solo del 10%. La forchetta da recuperare è davvero molto ampia». Quando va bene, «i conti economici delle aziende dei salumi hanno gli utili all’1% – dice Lenti – è per questo che sostengo che i margini, nel comparto, sono compressi ai limiti della sopravvivenza».
Dal banco degli accusati il presidente di Assica esclude però i produttori di materia prima: «Chi alleva i suini è costretto a subire la logica dell’aumento dei prezzi del mercato delle materie prime e cerca di rimanere in piedi. Non è lì che bisogna agire». Accanto alla Gdo, però, l’altro elemento di preoccupazione è il calo dei consumi. Le prime stime sul 2022 parlano ancora di piccoli aumenti a volume dei salumi venduti, tra lo 0,5 e lo 0,8% in più rispetto al 2021, ma i segnali che arrivano dai primi tre mesi del 2023 non sono affatto buoni: il consumi di prodotti ad alto valore aggiunto sono in diminuzione, solo la spesa al discount cresce, ma il saldo complessivo è in calo.
Al tavolo con il governo del 28 aprile, che si è riunito per la prima volta dopo un anno di richieste, oltre alla presenza della Gdo l’Assica ha chiesto che anche sui salumi l’Iva sia abbassata dal 10 al 4%, così come succede già per i formaggi: «Sarebbe una misura di respiro», dice Lenti. Sempre alle istituzioni l’associazione chiede di aumentare il supporto alle aziende per poter esportare nei Paesi terzi: «Negli Usa per esempio – spiega il presidente – dove le regole sono diverse, per esportare bisogna aver investito in procedure e macchinari adeguati per quel mercato. Per affrontare i mercati fuori dall’Europa occorrono investimenti anche nell’ordine dei 500 milioni di euro, per questo ci vorrebbero incentivi ad hoc».