Stefano Simonetti, Il Sole 24 Ore sanità. Accade molto spesso che i sindacati medici si lamentino delle inadempienze delle aziende sanitarie in merito alla gestione del sistema degli incarichi. Nell’ambito del rapporto di lavoro della dirigenza sanitaria, e in particolare dei medici, assume una particolare rilevanza il sistema degli incarichi, attualmente disciplinato dagli artt. 17-23 del CCNL del 19.12.2019. Per un dirigente medico le possibilità di carriera gestionale o professionale costituiscono la fondamentale leva su cui poggia il livello motivazionale del rapporto di lavoro. Nel 1999 con il decreto Bindi vennero superate le tre pregresse e tradizionali qualifiche (primario – aiuto – assistente) e si istituì una sola posizione che al suo interno si differenziava in ragione dell’incarico – sempre a termine e soggetto a valutazione – affidato al dirigente. Tuttavia, fino all’ultimo contratto collettivo del 2019 esistevano alcune lacune applicative che sono state, appunto, in parte risolte dal CCNL del 19.12.2019.
Nell’art. 18, comma 2, si declina la filosofia del sistema degli incarichi e si afferma, in buona sostanza, che è obbligatorio conferire un incarico a tutti i dirigenti; dell’obbligatorietà abbiamo indirettamente un altro segnale dall’art. 59, comma 2, lettera b) secondo il quale l’esito positivo della valutazione “realizza la condizione ….. per l’attribuzione di una diversa tipologia di incarico”. Questo principio, fortemente spinto dal Comitato di Settore, è tanto scontato quanto eluso in passato e c’è voluta una norma specifica per affermare una ovvietà e cioè che ad un dirigente deve essere conferito un incarico perché, in effetti, in molte aziende ai neo-assunti non si attribuiva nulla. Probabilmente l’equivoco nasceva dal fatto che gli incarichi “veri” iniziavano dalla lettera c) dell’art. 27 del CCNL dell’8.6.2000 ma era del tutto pretestuoso perché anche la tipologia d), per la quale naturalmente non venivano previsti requisiti specifici essendo quella del neo-assunto, era comunque un incarico che andava conferito con le regole contrattuali. Ad aumentare questa errata rappresentazione degli incarichi ha sicuramente contribuito la mancata equiparazione economica (che scattava solo al quinto anno) e la memoria storica del vecchia figura dell’assistente in formazione, circostanze che, nella prassi quotidiana delle aziende, hanno fatto proseguire la posizione di assistente nella contrapposizione funzionale all’aiuto.
Tanto premesso in termini generali, si segnalano alcune recenti pronunce della magistratura del lavoro sul tema degli incarichi dirigenziali dei medici. La breve rassegna costituisce uno specchio di quanto la materia sia complessa e di applicazione contraddittoria.
•Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza n. 7110 del 9.3.2023 – Qualora la P.A non espleti le procedure di graduazione delle funzioni dirigenziali e pesatura degli incarichi per la fissazione dell’indennità di posizione variabile del dirigente medico, quest’ultimo ha diritto al risarcimento del danno per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione, conseguente all’inadempimento della P.A.. Se è vero che spetta all’ente procedere alla graduazione delle posizioni dirigenziali, è altrettanto vero che se l’ente non adempie il dirigente leso ha diritto al risarcimento per perdita di chance. Viene in particolare precisato che “in tema di dirigenza medica del settore sanitario pubblico la Pa è tenuta a dare inizio e a completare, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, il procedimento per l’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni dirigenziali e di pesatura degli incarichi ….. Il mancato rispetto dei termini interni ….. e le eventuali problematiche concernenti il fondo espressamente dedicato ….. alla quantificazione della menzionata quota variabile non fanno venire meno di per sé l’obbligo gravante sulla P.A. di attivare e concludere la procedura diretta all’adozione di tale provvedimento”. L’inerzia dell’azienda sanitaria che non ha ottemperato alle clausole contrattuali “legittima il dirigente medico interessato a chiedere non l’adempimento di tale obbligazione, ma solo il risarcimento del danno per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione”. Posta in tali termini la questione, c’è da aggiungere che il risarcimento cui è stata condannata la ASL grava sul bilancio e non sul fondo aziendale e che per fattispecie di questo genere sussiste la prescrizione decennale e non quinquennale in quanto l’importo ottenuto non è di natura retributiva.
•Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza n. 9207 del 3.4.2023 – Un direttore di struttura complessa aveva ricorso prima al Giudice del lavoro poi alla Corte di Appello per il riconoscimento della conferma della titolarità della struttura. La vicenda risale a più di dodici anni fa ed era già stata oggetto di pronunce passate in giudicato con le quali era stata accertata la nullità dell’atto di conferimento, e del correlato contratto, avente ad oggetto l’originario incarico di direttore di struttura complessa. Da ciò è derivato che non può più venire in questione un rinnovo di tale incarico, l’assegnazione del quale era viziata da nullità. Le cinque doglianze del ricorrente sono tutte state ritenute infondate anche perché, nella specie, non risulta vi siano state né la valutazione prescritta dal CCNL né il successivo atto di conferma nell’incarico. La Suprema Corte ha, quindi, enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di dirigenza medica, gli incarichi di direttore di struttura complessa devono essere rinnovati per iscritto, a pena di nullità, all’esito della valutazione professionale richiesta, allo scadere dei medesimi incarichi, dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15”.
•Corte di Cassazione, sez. lavoro, ordinanza n. 6019 del 2023 – Gli incarichi di struttura complessa devono essere conferiti previa valutazione comparativa tra una rosa di candidati, ai sensi dell’art. 15-ter del d.lgs. n. 502/1992. Tale previsione ha carattere di norma imperativa – atteso che la comparazione tra più aspiranti è funzionale ai principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione e concorre alla salvaguardia dell’interesse pubblico alla tutela della salute dei cittadini – con la conseguenza che, in mancanza del rispetto di tale procedura, l’atto negoziale di conferimento dell’incarico è nullo, e tale nullità può e deve essere rilevata d’ufficio dal giudice.
•Tribunale di Grosseto , sentenza del 22 febbraio 2023 – In una selezione per il conferimento dell’ incarico di struttura complessa sono garantiti i rimedi conseguenti ed errata valutazione dei titoli e delle capacità professionali. Il candidato, nell’ipotesi di illegittima esclusione da una procedura selettiva o di erronea valutazione, è titolare di un diritto soggettivo all’effettivo e corretto svolgimento delle operazioni valutative e può esercitare l’azione di esatto adempimento, al fine di ottenere la ripetizione della valutazione, nonché agire per il risarcimento del danno anche da perdita di chance. Il più rilevante degli errori rilevati dal Giudice è che i requisiti del ricorrente sono stati valutati all’ottobre 2020 (al 29.10.2020 scadeva l’originario termine per la partecipazione) mentre quelli degli altri due candidati al giugno 2021 (scadenza del termine prorogato o meglio riaperto).Inoltre, sebbene non recentissima, si segnala la seguente sentenza in quanto correlata alla prima dell’elenco
•Corte di Cassazione civile, sez. V, sentenza n. 14344 del 5.5.2022 – Non è tassabile il risarcimento del danno corrisposto dal datore di lavoro a seguito della mancata attivazione, prescritta dalla contrattazione collettiva, del sistema della retribuzione di risultato o per obiettivi, configurandosi come una “perdita di chance”. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, contro due dirigenti medici, che resistono con controricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale che — nella causa di impugnazione degli avvisi di accertamento che recuperavano a tassazione IRPEF, quali redditi di lavoro dipendente, le somme riconosciute ad una ASL ai propri dipendenti, a titolo di risarcimento del danno derivante dalla violazione degli obblighi di cui all’art. 52 del CCNL dell’8.6.2000 in esecuzione degli accordi transattivi raggiunti dalle parti. Le liti transatte riguardano il risarcimento del danno da perdita di chance di accrescimento professionale e, quindi, gli importi ricevuti dagli interessati sono esenti da tassazione, La Cassazione pertanto ha stabilito, in linea con la giurisprudenza di legittimità, in tema di imposte sui redditi, che in base all’art. 6, comma 2, del TUIR, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se risultino destinate a reintegrare un danno da mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), mentre non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa, come quello da perdita di chance. cd. danno emergente).