Micaela Cappellini, Il Sole 24 Ore. Polpette, burger, salsicce. Ma anche bevande alla soia o alle mandorle. Oggi le proteine vegetali valgono già il 34% del mercato europeo e il 10% di quello italiano delle proteine. Ma tra una quindicina di anni il sorpasso sarà una realtà: la carne tradizionale varrà soltanto il 40% dei consumi globali, il restante 60% sarà costituito per due terzi dalle proteine plant-based, e per un terzo dalla carne sintetica. La rivoluzione nel piatto insomma è dietro l’angolo.
Le previsioni arrivano da Porsche Consulting: «Sul prezzo – racconta Giulio Busoni, partner della società di consulenza tedesca in Italia – le proteine vegetali sono già competitive rispetto alla carne e al latte tradizionali. Per la carne sintetica, invece, bisognerà aspettare ancora qualche anno, anche se i laboratori sono già al lavoro per raggiungere l’obiettivo dei 20 euro al chilo».
I prodotti plant-based stanno già crescendo a un ritmo accelerato: in Europa, tra il 2020 e il 2023, il mercato delle bevande vegetali è aumentato del 68% e quello di polpette e burger green dell’88%. Nel nostro Paese la filiera del latte dà lavoro a 25mila allevatori e quella della carne conta 214mila aziende agricole più 3.300 della trasformazione industriale: «Se non si abbraccia la trasformazione – dice Busoni – visti i trend di mercato, ci saranno parecchi posti di lavoro a rischio».
Dalla sua il mondo delle proteine 2.0 – vegetali o sintetiche che siano – ha la carta della sostenibilità. Calcola sempre Porsche Consulting che la produzione di carne e latticini tradizionali occupa circa un terzo del suolo abitabile a livello globale. Carne e latte sono responsabili dell’80% del totale delle emissioni di CO2 provenienti dalla produzione alimentare. Al contrario, la carne vegetale riduce le emissioni in atmosfera tra il 30 e il 90%, risparmia tra il 72 e il 99% di acqua e consuma il 90% in meno di suolo.
«Il made in Italy agroalimentare, che dipende molto dall’export, non può non investire in questo segmento sempre più richiesto sui mercati globali – sostiene Busoni – le nostre imprese hanno un approccio troppo difensivo, ma il tempo di investire è ora». Emblematico il caso della tedesca Ruegenwalder Muehlese, una storica media azienda produttrice di salsicce che sette anni fa ha cominciato a investire nei primi wurstel vegetali, un’eresia nella Germania tradizionalmente consumatrice di carne. Eppure oggi ha in mano il 40% del mercato tedesco di carne vegetale, cresce al ritmo del 12%, incassa 236 milioni di euro e per la prima volta l’anno scorso ha fatto più fatturato con i prodotti plant-based che con quelli tradizionali.