La perdurante presenza di casi di Peste Suina Africana (PSA) nelle popolazioni di cinghiali in Piemonte e Liguria sta creando crescente preoccupazione nel mondo allevatoriale nazionale e in particolare nelle adiacenti regioni Lombardia ed Emilia Romagna dove è collocata la più rilevante parte dell’ allevamento suino nazionale e degli impianti di macellazione, trasformazione ed esportazione dei prodotti di salumeria. Sono salite infatti no a 659 le positività accertate dal 27 gennaio 2021 al 2 maggio 2023 nel Nord Ovest. Solo fra marzo e aprile sono stati riscontrati 236 casi.
Anche se finora la malattia nelle due regioni colpite si è limitata al cinghiale, la permanenza di un virus con caratteristiche di resistenza ambientale eccezionali e quindi di facile diffusibilità, sia diretta che indiretta, nelle specie sensibili, con il persistere dell’infezione nei cinghiali aumenta la probabilità di contagiare il contesto zootecnico e gli stessi allevamenti di suini commerciali. La nomina di un Commissario Straordinario per il contrasto alla diffusione della PSA, in assenza di strategie condivise tra le diverse istituzioni interessate e gli stakeholder, accuratamente definite e finanziate, è prevedibile che possa essere efficace tanto da sovraresponsabilizzarne la funzione.
E’ del tutto evidente che occorre delimitare efficacemente le aree di circolazione virale, anche contendo il numero di cinghiali in molti territori interessati dalla malattia per evitare un ulteriore allargamento delle zone infette con la conseguente interdizione di altri territori produttivi.
La situazione dopo più di un anno è contemporaneamente emergenziale e cronica, infatti il contesto operativo della sanità pubblica è soggetto a una storica carenza di personale veterinario pubblico. Le azioni sinora intraprese sono pressoché ordinarie e non avranno la capacità di arginare la diffusione di questa malattia se non assumeranno una forza straordinaria anche in termini di sorveglianza veterinaria.
Si registra da più parti la necessità di un concreto coordinamento operativo che permetta la realizzazione di un intervento articolato e complesso cui devono corrispondere adeguate risorse umane e finanziarie, oneroso oggi ma economico se paragonato al danno che la PSA potrebbe generare nei comprensori dove l’allevamento e la trasformazione delle carni suine rappresentano eccellenze produttive, sostengono assetti economici importanti e contribuiscono alla creazione di ricchezza per tutto il Paese.
Già alcuni Paesi Terzi hanno bloccato le esportazioni anche se i principali partner commerciali dei prodotti della salumeria italiana hanno accettato le garanzie fornite con la regionalizzazione dei focolai.
Tuttavia, l’infezione è a pochi Km dalle province di Piacenza e Parma in Emilia Romagna e di Pavia e Cremona della Lombardia e non si possono avere ulteriori ritardi nel sostenere le azioni necessarie al contenimento della malattia nel rispetto delle norme europee.
La preoccupazione dei veterinari pubblici si accomuna a quella degli operatori del comparto allevatoriale e dell’ industria di macellazione e trasformazione.
Un corretto, evoluto e costante monitoraggio dello stato di salute e delle cause di morte dei cinghiali su tutto il territorio nazionale seguito da con campagne informative e di educazione sanitaria, non limitate all’ambito interessato dalla PSA, potrebbe essere un valido strumento di prevenzione o estinzione immediata di nuovi focolai.
Questa patologia, pur non essendo una zoonosi e non determinando infezione nell’uomo, è pur sempre un problema di sanità pubblica il cui impatto sulla zootecnia e sulla vita di molti cinghiali selvatici deve essere oggetto di una lungimirante visione politica, sia per proteggere il comparto economico della suinicoltura e della trasformazione sia per impedire che il marchio “Italian Food” possa subire un danno di immagine di proporzioni imprevedibili
La PSA si sta diffondendo in queste settimane con maggiore virulenza, questo trend deve essere invertito prima che la sua diffusione incontrollata determini la limitazione dell’export delle produzioni nazionali.
I medici veterinari del Servizio sanitario nazionale chiedono che Governo e Regioni concordino strategie incisive e rendano disponibili risorse umane e finanziarie proporzionate al rischio affinché il Commissario ad acta possa agire con pieni poteri effettivi e con l’appoggio di tutte le istituzioni. Non c’è tempo da perdere.