Con quasi 28 miliardi di euro, venti prodotti distintivi del made in Italy rappresentano da soli il 53% del valore totale dell’export agroalimentare. A quali categorie in particolare si deve il successo dell’Italia sulle tavole mondiali? I primi cinque campioni dell’export, in termini di valore, sono il vino, la pasta, il tabacco lavorato – la cui forte crescita si deve a un accordo commerciale del 2016 tra il governo italiano e la multinazionale giapponese Jti – i formaggi stagionati e i prodotti della panetteria e della pasticceria, in particolare le pizze e i dolci da ricorrenza. Nel quinquennio 2017-2021 i maggiori tassi di crescita sono stati messi a segno dal comparto delle salse e dei sughi, che hanno segnato un aumento medio annuo del 9,1%. Al secondo posto ci sono i derivati dei cereali, tra cui la pasta (+7,8% annuo); seguono latte e derivati (+8,2%).
Anche nel 2022 pasta, formaggi freschi e grattugiati, pomodori pelati, polpe e passate, riso, caffè, acque minerali e spumanti si sono confermati tra i prodotti che registrano i maggiori aumenti delle esportazioni, con variazioni in valore comprese tra il +19,4% degli spumanti e il +38,4% della pasta, e variazioni positive anche delle quantità esportate.
Nel 2020 invece, nonostante la chiusura quasi completa dei canali Horeca in tutto il mondo per colpa del Covid, le esportazioni di alcuni prodotti agroalimentari nazionali sono comunque cresciute molto rispetto all’anno precedente. Le variazioni della pasta, del riso, delle passate di pomodoro e delle polpe, ma anche dell’olio e dei formaggi freschi, sostengono gli esperti dell’Ismea, dimostrano che il consumo all’estero del cibo made in Italy non è solo legato alle occasioni speciali e ai pasti fuori casa, ma fa ormai parte delle abitudini quotidiane in molte aree del mondo. Più legate alle sorti di bar e ristoranti, e quindi penalizzate nell’anno del lockdown, sono state le esportazioni di vini in bottiglia, spumanti, formaggi stagionati, acque minerali, caffè e in misura minore i prodotti della panetteria e pasticceria. Ma tutte, nel 2021, hanno recuperato la perdita dell’anno precedente.