Una nuova variante Covid che sfugge alla vista degli esperti: che riesce a camuffarsi, e perciò particolarmente pericolosa perché in grado di creare futuri focolai con nuovi ceppi. L’ultima di una lunga serie di varianti SARS-CoV-2 è stata scovata in Polonia, identificata in due allevamenti di visoni. La variante ha caratteristiche che la rendono peculiare: è infatti imparentata con una versione del virus responsabile di Covid rilevata per l’ultima volta negli esseri umani tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021. È perciò probabile che sia circolata a lungo negli animali.
Colpiti tre allevamenti di visoni
La scoperta, fatta dall’Istituto nazionale di ricerche veterinarie di Pu?awy, in Polonia appunto, e da ricercatori dell’Erasmus University Medical Centre di Rotterdam è stata illustrata su Eurosurveillance, rivista dello European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc). Tra settembre del 2022 e gennaio del 2023, riportano i ricercatori, sono state rilevate infezioni da SarsCoV2 in tre allevamenti di visoni in Polonia situati a pochi chilometri l’uno dall’altro. E l’analisi del genoma dei virus ha concluso che quelli identificati in due dei tre allevamenti erano imparentati con con la variante B.1.1.307, circolata oltre due anni fa nell’uomo. Ma rispetto a quest’ultima, la nuova versione del virus, presentava circa 40 mutazioni aggiuntive.
Nessun lavoratore contagiato
Una nota positiva comunque c’è: nessuno dei lavoratori negli allevamenti in questione, né i membri delle loro famiglie, per il momento è risultato positivo al virus. I ricercatori nel frattempo stanno cercando di ricostruirne l’origine: “Potrebbe provenire – scrivono – da un luogo sconosciuto o da un serbatoio animale non rilevato”. In questa vicenda, però, c’è un aspetto che preoccupa in particolar modo: il fatto che gli animali risultati positivi non mostravano segni della malattia. La conseguenza di ciò, spiegano gli esperti, è questa: “Si crea la possibilità di un’evoluzione indipendente del virus, che può rendere gli stessi animali una sorgente per futuri focolai con nuovi ceppi”. Perciò i ricercatori sottolineano la necessità di intensificare la sorveglianza estendendola anche ad animali selvatici.
Intanto Arturo cresce
Nel frattempo, tra le varianti Covid che si susseguono incessantemente, Arturo (Arcturus), la più recente, si rafforza. Lo testimonia l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) nell’ultimo bollettino sulla pandemia, sostenendo: “Dato il suo stimato vantaggio di crescita e le caratteristiche di evasione immunitaria, XBB.1.16 (Arturo, appunto) potrebbe diffondersi globalmente e contribuire ad un aumento nell’incidenza dei casi”.
Al momento, su scala globale, la variante XBB.1.5 (Kraken) si conferma dominante e nella settimana tra il 27 marzo e il 2 aprile rappresentava il 50,8% delle sequenze depositate nel mondo. XBB.1.16 sta però guadagnando terreno. É al 4,2% ed è stata identificata in 31 Paesi. In India sembra essere legata a un forte aumento dei contagi delle ultime settimane. E il 17 aprile scoreso, l’Oms l’ha inserita tra le varianti di interesse, insieme a XBB.1.5. Al momento, tuttavia, chiarisce l’Oms, “non ci sono segnali di un aumento della severità”.
Negli Usa raggiunge Los Angeles
Il trend disegnato da Arturo preoccupa gli Stati Uniti, dove i contagi aumentano. Il primo avvenuto con l’ultima mutazione Covid XBB.1.16 è stato registrato a Los Angeles, causando allerta tra i responsabili della salute pubblica locale. Gli esperti si aspettano che Arcturus diventi la mutazione più presente in America, anche se al momento a dominare è ancora XBB.1.5. Nell’ultima settimana – riportano i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie – le infezioni causate da XBB.1.1.6 hanno rappresentato il 7.2% dei nuovi casi: l’aumento rispetto alla settimana precedente è stato del 3.9%. Secondo i Cdc, la variante in questione è già presente in 20 Stati dell’Unione. I virologi Usa, come quelli dell’Oms, ritengono che Arturo sia una variante “di interesse”, ossia da tenere sotto controllo attentamente. Anche se non ci sono ancora indicazioni che provochi sintomi più gravi delle mutazioni precedenti.
Il Giappone teme la nona ondata
Non è tranquillo nemmeno il Giappone, che addirittura teme una nona ondata pandemica, cosa che potrebbe portare a un aumento dei decessi, principalmente tra le persone anziane. Lo indica lo studio redatto da quattro esperti del ministero della Salute nipponico, che fa riferimento alla recente impennata delle infezioni in 33 delle 47 prefetture del Paese, dopo l’allentamento delle restrizioni deciso dall’esecutivo, che ha declassato lo status legale del Covid alla stessa categoria delle comuni malattie infettive.
Gli esperti citano un sondaggio condotto tra febbraio e marzo, che mostra come solo il 32,1% della popolazione giapponese sia stata infettata dal virus e abbia sviluppato gli anticorpi. Una dinamica che suggerisce come la nona ondata potrebbe essere più pericolosa dell’ultima registrata lo scorso inverno. Il ministro della Salute, Katsunobu Kato, ha detto che il numero di nuovi contagi evidenzia una crescente proporzione della sottovariante XBB.1.5 della Omicron. “C’è la possibilità che le infezioni si diffondano ulteriormente questa estate”, ha spiegato Kato, precisando che i decessi potrebbero riguardare molte persone anziane, dato che la popolazione del Giappone sta rapidamente invecchiando.
In Italia rialzo delle infezioni
E in Italia? Al 23 aprile, secondo il monitoraggio settimanale curato dall’Iss (Istituto superiore di sanità) la curva dei contagi Covid risulta in lieve crescita. L’incidenza sale a 48 casi ogni 100.000 abitanti rispetto ai 37 della precedente rilevazione. Quanto agli ospedali, l’occupazione dei letti è lieve salita delle Terapie intensive: a livello nazionale il tasso è all’1% rispetto allo 0,8% della scorsa settimana.
Sale anche il numero dei pazienti in area non critica, che si attesta al 4,5% rispetto al 4,2% della settimana precedente. Scende invece l’indice Rt, che si attesta a 0,93 rispetto allo 0,97 della precedente rilevazione. Infine un’occhiata alle regioni: dieci sono a rischio alto, tutte a causa di molteplici allerte di resilienza; undici sono a rischio moderato e nessuna classificata è a rischio basso.