Una sanità che si “impoverisce”, non solo nelle risorse economiche ma anche in quelle umane, e che “rischia seriamente il tracollo”, in termini di tenuta dei servizi ai cittadini e di garanzie per i lavoratori.
Anche Fp Cgil Nazionale ha analizzato i dati del Conto annuale dello Stato (vedi nostro servizio del 19 gennaio scorso) in un focus specifico sul segmento sanità tra risorse e servizi e, da una rielaborazione dei dati della Ragioneria generale dello Stato, emerge “una vera e propria emorragia di personale, quasi 50 mila lavoratori in meno dal 2009 a oggi”.
Il report della Funzione Pubblica Cgil sullo stato del servizio sanitario e sui servizi offerti ai cittadini analizza in dettaglio la variazione dell’occupazione, in parallelo con il blocco del turn over, dalla quale si evince come negli anni che vanno dal 2009 (dato preso come riferimento perché ultimo rinnovo contrattuale) al 2015 si siano persi 40.364 lavoratori, passando da un totale di impiegati nel servizio sanitario nazionale nel 2009 pari a 693.716 a 653.352 nel 2015.
Si tratta, nello specifico, di circa 8.000 medici, quasi 10.300 infermieri e 2.200 Operatori di assistenza (Oss, Ota e Ausiliari) e all’incirca 20.000 lavoratori tecnici, riabilitativi, della prevenzione e amministrativi, su un totale di quasi 40.000 lavoratori in meno. Di questi, rileva la Fp Cgil, oltre 10.000 nel solo 2015, dato che proiettato sul 2016 porta la ‘emorragia’ di posti di lavoro a 50 mila lavoratori in meno dal 2009.
Ma non solo: a causa del blocco del turn over è esplosa l’età media nel sistema sanitario, ben oltre quella registrata nell’intera Pa. Si sfonda infatti quota 50,1 anni e le proiezioni del conto annuale la collocano a 54,3 nel 2020. Proprio in ragione di questi dati, ovvero “blocco del turn over, emorragia occupazionale e esplosione dell’età media”, aumenta il ricorso a forme di lavoro precarie nel servizio sanitario nazionale.
Dai dati rielaborati dalla Fp Cgil emerge che cresce tra il 2014 e il 2015 la quota di personale non stabile (tempi determinati e formazione lavoro, interniali e co.co.co) di circa 3.500 unità per complessivi 43.763 lavoratori. Cala invece il ricorso a consulenze ma allo stesso tempo aumenta la spesa complessiva che arriva a 230 milioni di euro. In questo quadro si inserisce lo stato dei servizi ai cittadini e del finanziamento al servizio sanitario nazionale, giudicato “insufficiente e costantemente ridotto” e il bisogno dello sblocco del turn over.
Risorse e nuovi Lea – Se l’approvazione dei nuovi Lea, “auspicata da lungo tempo”, è per la Fp Cgil “un passo avanti per avere prestazioni in linea con i bisogni dei cittadini, è necessario però rivedere le attuali organizzazioni del lavoro, in estrema sofferenza in molti territori, e fissare adeguati standard minimi di personale in maniera omogenea e uniforme su tutto il territorio nazionale, sui quali programmare coerentemente le assunzioni di personale, a prescindere dalle inevitabili specificità territoriali”.
Per il sindacato “non è più possibile aspettare oltre per scongiurare l’eventualità che l’aumento delle prestazioni da garantire ai cittadini, con l’attuale scarsità di risorse complessive, arrivi a creare una effettiva selezione delle prestazioni, con il rischio concreto di non poterle garantire e non solo nell’immediato. Proviamo, per esempio, a pensare al trattamento delle ludopatie, introdotto dal nuovo DPCM: siamo sicuri che nei servizi ci sia un numero adeguato di personale formato? O è necessario pensare sin da subito ad assumere ed a programmare interventi formativi mirati?”.
Secondo la categoria dei servizi pubblici della Cgil è urgente superare il blocco del turn over, “anche nelle regioni soggette a piano di rientro, per garantire servizi ai cittadini e assicurare il funzionamento dei nuovi Lea. Così come non è più rinviabile una riorganizzazione complessiva che guardi all’uniformità nazionale delle prestazioni per recuperare la marcata frantumazione del Servizio sanitario nazionale che ha prodotto enormi differenze fra sistemi regionali/territoriali, per costruire l’effettiva garanzia dei Lea, vecchi e nuovi. Affinché tutte le nuove attività previste, o anche solo la parziale modifica di quelle già in essere, possano essere svolte con capacità e competenza, bisogna investire con l’attuazione di un adeguato piano di formazione rivolto a tutto il personale del Servizio Sanitario Nazionale”.
Infine, per la Fp Cgil “bisogna arrivare al più presto alla definizione dei corrispondenti livelli essenziali per l’assistenza sociale e sociosanitaria, per concretizzare quell’integrazione dei servizi di welfare alla persona prevista da quasi vent’anni e mai attuata, rendendo finalmente esigibile e uniforme quel diritto alla salute che è costituzionalmente garantito”. Per tutti questi motivi la Funzione Pubblica Cgil chiede che “il Comitato Lea si confronti, in modo permanente, con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, evitando così di parlare di cose astratte”.
Quotidiano sanità – 22 gennaio 2017